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Mega Man X Legacy Collection: alti e bassi del Blue Bomber

Nonostante abbia sbertucciato a più riprese il povero Inafune, sono un fan di Mega Man, non neho mai fatto mistero. Ho sempre analizzato la saga con spirito critico, prendendo le distanze dalla serializzazione selvaggia imposta da Capcom, un continuo ripetersi di fatti e situazioni, rilevatosi alla lunga controproducente. A tal proposito, cito l’epopea di Mega Man X, nata sotto i migliori auspici nel 1993 e conclusasi mestamente dodici anni più tardi, abbracciando tre generazioni di console. Una serie che si compone di otto capitoli, oggi riproposti e divisi equamente in due compilation, antologie all’insegna dell’amarcord.

Capcom non delude le aspettative e accantona l’outsourcing, curando in prima persona il codice delle raccolte, realizzate in collaborazione con M2, maestri nell’ambito dell’emulazione. Nulla è lasciato al caso, per la gioia dei puristi, che avranno modo di apprezzare la versione nipponica e la controparte occidentale di ogni singolo gioco, sfumature separate da un clic. Non mancano all’appello curiosità, aneddoti e memorabilia, nettare per i fan del Blue Bomber. Si spazia dall’apprezzatissimo sound test alle gallerie fotografiche, passando per i filmati promozionali, video in gran parte realizzati per il solo mercato giapponese.

Per quanto concerne la resa a schermo di pixel e poligoni, Capcom applica lo standard de facto. Si inizia in sordina, con lo shader che smussa i contorni dell’immagine rendendola quasi inguardabile, e si giunge all’estasi dei sensi, rinunciando a filtri e artefatti. In mezzo scorre un accenno di scanline, un intervento di cosmesi poco invadente e che fa rima con i monitor CRT. I giochi sono proposti nel loro formato video originale, quindi con un rapporto d’aspetto pari a 4:3, in una variante leggermente zoomata e nell’orrore di un forzato widescreen, un rullo compressore che schiaccia l’immagine e la spalma su tutta la superficie del pannello.

Tutto ha avuto inizio qui, con una sequenza a dir poco adrenalinica.

La qualità dell’emulazione è ottima, non ci sono sbavature o imperfezioni, si tratta di filologia videoludica. A tal proposito, vi cito un piccolo esempio: la replica in digitale di Mega Man X è praticamente indistinguibile dalla versione su cartuccia, con un frame-rate che tentenna negli stessi passaggi in cui incespicava su Super Nintendo. Al bando la chirurgia estetica e gli interventi posticci, qui si sfoggiano le rughe d’espressione. Per quanto concerne l’input lag, non ho nulla da recriminare: la risposta ai comandi mi è parsa puntuale e precisa. Qui su Outcast siamo poveri ma belli, non abbiamo accesso alla fortezza della scienza, non siamo in grado di spaccare il millisecondo in due. Vi dovete accontentare della prova empirica, basata sull’esperienza joypad alla mano.

Password e scritture su memory card fanno capolino proprio lì, dove le abbiamo lasciate: non c’è spazio per i punti di sospensione, Capcom ha deciso di non inserirli, li ha proprio snobbati. I salvataggi si effettuano al game over o nel passaggio fra una sezione e l’altra, come nei titoli originali. Le password non sono più un’odiosa trafila, sono memorizzate dal software e richiamate alla bisogna, con la semplice pressione di un tasto. Mega Man X, X2 e X3 gongolano al solo pensiero. Il tasso di sfida di ogni gioco è intatto, non è stato smussato o ritoccato verso il basso. La modalità Principiante, che inspessisce la pellaccia del Blue Bomber, è una piccola concessione che Capcom fa agli utenti meno smaliziati, al fine di rendere inclusive le compilation. Appoggio questa decisione, la trovo lungimirante.

E qui si è chiuso il cerchio, fra i freddi poligoni di Mega Man X 8.

Le due Mega Man X Legacy Collection convergono per quanto concerne i valori di produzione, sotto questo profilo sono eccellenti e prive di sbavature. Le compilation si distinguono invece per la qualità dei giochi proposti e proprio qui la seconda antologia scricchiola, si rivela priva di solide fondamenta. I primi quattro capitoli della serie – anima della prima raccolta – brillano di luce propria, sono dei capolavori del genere, sono dei must irrinunciabili per i fan del Blue Bomber. A partire dal quinto episodio, qualcosa si inceppa, l’universo di X si aggroviglia su se stesso, fino a implodere. Le idee iniziano a scarseggiare, il design dei livelli è sempre più povero e la narrazione si fa invadente, con troppe finestre di dialogo e filmati a tratti superflui. Si arriva così al disastroso Mega Man X7, la pagina più nera, il punto più basso mai toccato dalla saga: è un pasticcio in 3D sulla falsariga dei Contra per PlayStation, un gioco sbagliato in toto, vuoto e indisponente. X8 è un microscopico rialzare la testa, ma nulla più.

Riassumendo queste considerazioni, promuovo a pieni di voti Mega Man X Legacy Collection, compilation che si merita un bel

e colloco Mega Man X Legacy Collection 2 nel limbo, perché i titoli proposti al suo interno sono di qualità troppo discontinua

Ho giocato a Mega Man X Legacy Collection e Mega Man X Legacy Collection 2 grazie ai codici forniti dal distributore italiano, scaricando il tutto da Steam. Prima di stilare questa recensione, ho passato i titoli in rassegna, accumulando circa venti ore di gameplay, divise equamente fra le raccolte. Nel mio test ho utilizzato il pad dell’Xbox One, quello dell’Xbox 360 e il DualShock 4, giusto per completezza. Le due Mega Man X Legacy Collection sono disponibili anche su PlayStation 4, Xbox One e Switch, nel solo formato digitale. Il prezzo di ogni antologia è di 19,99 €.