Dei giochi belli e dove trovarli: Microprose vista da un nerd sedicenne ai tempi in cui internet non c’era | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Ah, gli anni Ottanta. C’èra ancora il muro di Berlino, mentre Internet era confinata ai romanzi di fantascienza cyberpunk. Ogni nerd italiano appassionato di videogame pensava di essere l’unico sulla faccia della Terra a giocare e perdersi nei dungeon di Ultima o nei livelli di Impossible Mission. Oggi, gli anni Ottanta sembrano una gran figata, ai ragazzi della Generazione zero, quando guardano Super 8 o Stranger Things, ma diciamocelo: per chi videogiocava, la situazione non era poi ‘sta gran passeggiata. Per fortuna, c’erano le riviste di videogiochi. Io compravo ZZap! e poi una certa rivista italiana che è diventata la concorrente di GMC, quindi non posso rivelarne il nome per contratto. Non solo riviste italiche: nella ricchissima edicola del mio paesino suburbano meneghino, c’erano anche le riviste straniere.
Mi ricordo molto bene quando scoprii l’esistenza di Microprose. Era un sabato pomeriggio e, visto che i soldi erano pochi, sfogliavo questa rivista inglese, cercando di non farmi beccare dalla procace giornalaia. Era un’edicola enorme, che poi è diventato un UNES, quando la carta stampata, ahimé, ha iniziato il suo avvitamento mortale verso lo sfacelo, così c’era la possibilità di fingersi Solid Snake (per MSX, perché io non ero mica un consolaro, ai tempi) e leggere qualche pagina prima che il suo affilatissimo occhio di Sauron si posasse su di me.
C’erano le recensioni, le anteprime, e poi le pubblicità. E un bellissimo giorno, che avrebbe cambiato il destino Paglianti, girando la pagina, mi apparve la pubblicità di Silent Service, un simulatore di sottomarino della Seconda Guerra Mondiale. Ditemi, quale quindicenne non sogna di pilotare un sottomarino e affondare incrociatori e petroliere nipponiche? La cover era bellissima e ricordava – non certo per caso – la locandina classe 1985 di Caccia a Ottobre Rosso, che mi ero divorato sia al cinema che in biblioteca. Così partì la caccia per trovarne una copia, sui cui particolari stendiamo un velo pietoso. Diciamo solo che mi sentii come Matthew Broderick in Wargames, e alla fine avevo il disco da cinque pollici e un quarto per il mio Atari 800. Furono pomeriggi fantastici, a capo del mio USS Neon (nel gioco non si poteva cambiare il nome, ma pazienza, per me era la USS Neon), a caccia di naviglio giapponese nel Pacifico. Di giochi ne ho provati, da allora, ma ricordo distintamente gli attacchi ai convogli, la caccia silenziosa per beccare le petroliere, i duelli con le cacciatorpediniere che giravano per ore sulla mia testa.
Scoprii un mondo nuovo, quello degli strategici e dei simulatori. Da paladino dei dungeon dei primi giochi di ruolo, i miei preferiti, passai a Capitano di sottomarino e poi pilota di F15 con Strike Eagle. Mi ricordo che c’era un bug: se rimanevi senza carburante, premendo il tasto del postbruciatore, ti dava comunque una spinta e non cadevi. Ed erano gli anni di Top Gun, quindi mi sentivo pure figo, a criticare gli amici normali di cui sopra, spiegando loro le cazzate del film. Sempre in tema di simulatori volanti, Gunship mi ha fatto conoscere quella meraviglia dell’Apache, elicottero da guerra americano, nel caso non sapeste.
D’altra parte, Microprose era stata fondata da Sid Meier, che se non sapete chi sia, probabilmente, siete finiti su Outcast per un errore grossolano di Google e dovreste andare subito su Gazzetta.it e leggere di Inter-Milan. Come è intuibile dai titoli che contengono il suo nome, Sid Meier è il geniaccio dietro a Civilization, a Pirates!, a Colonization. In pratica, se non ha inventato il genere dei 4x, lo ha reso grande, come si dice di questi tempi (a proposito, prima di lui, c’era praticamente solo The Seven Cities of Gold, ora disponibile su gog.com ed è anch’esso un gran bel gioco).
Sono molto legato a Microprose: a parte che i suoi 4x mi hanno tenuto incollato ad Atari 800, Amiga e ogni PC entrato in casa mia per una quantità di ore imbarazzante, il mio primo press tour come giornalista di videogame è stato proprio nel loro quartier generale inglese, dalle parti del 1996. Era già il periodo del declino di Microprose, che poi iniziò a rimbalzare da un proprietario assurdo all’altro: per fortuna, Sid Meier e i suoi riuscirono a evitare il collasso, fondando negli USA Firaxis e continuando a pubblicare giochi più o meno riusciti. Civilization, a ogni capitolo, è un gran bel gioco e riesce a distinguersi un po’ dal precedente. Consiglio anche di provare Sid Meier’s Ace Patrol e il suo spin off Ace Patrol: Pacific Skies, tattici a turni esagonali che simulano le battaglie aeree della Prima e Seconda Guerra Mondiale, su cellulari
Non sto a farvi l’elenco dei giochi Microprose, per quello c’è Wikipedia. Vi parlo, però, dei due titoli da “svolta” nella vita Paglianti. Il primo è X-COM: UFO Defense. Oggi lo conoscete come UFO: Enemy Unknown, ma è lo stesso gioco. Nei panni del comandante dell’esercito super segreto anti raid alieni, dovete costruire una base gigantesca, studiare i manufatti alieni e, soprattutto, andare a combattere gli sbarchi degli ET diversamente pacifisti. Un equilibrio perfetto, una serie di battaglie tutte diverse grazie a un generatore casuale di scenari – nettamente migliore rispetto a prodotti simili più recenti e con budget astronomici, tipo No Man’s Sky, e una gestione della squadra che ha fatto letteralmente scuola, nel senso che chiunque abbia sviluppato un gioco tattico a turni squad base, di fatto, lo ha copiato. D’altra parte, l’autore è quel Julian Gollop che aveva “inventato” il genere con Laser Squad qualche anno prima (ed è ancora attivo: stiamo aspettando il suo nuovo Phoenix Point, e ha sviluppato anni fa l’ottimo Ghost Recon: Shadow Wars, disponibile solo su 3DS. X-COM è peraltro uno fra i pochissimi strategici usciti anche su console, e su Xbox e PS4.
L’altro titolo da “svolta”, per me, è stato Master of Magic. In pratica, era Civilization fantasy, ma con l’aggiunta delle battaglie tattiche. Si inizia il gioco scegliendo le scuole di magia e le abilità del vostro leader: l’influenza è quella di Magic (il gioco di carte, in quegli anni era in piena esplosione) e le sfere della magia sono esattamente le stesse. Così puoi scegliere per una partita il mago, spendendo tutti i punti personaggio nella scuola “bianca”, e accedere a magie di luce e healing; in un’altra partita, vai col Sorcerer, votato alle evocazioni oscure; e poi ancora un guerriero con unità d’ultra elite. Ogni situazione, ogni partita è diversa, e anche se ci gioco oggi (una partita ogni sei mesi ci scappa, sempre con la versione di GOG), scopro qualcosa di nuovo. Mi ricordo che la campagna più spassosa è stata quando ho giocato con degli Elfi oscuri e incazzatissimi, con un esercito di zombi che trasformano in non morti le loro vittime. Quando ho incontrato un villaggio di halfling, li ho massacrati e mi sono ritrovato un’armata di halfling undead con il tratto “luck”. Altro che Sauron, quella volta sono stato spietato e ho trasformato la Contea in zombi. Se lo googlate, troverete un sottobosco nell’internet dei veri di nerd, quelli stoicamente fermi ai forum, che tengono vivo il gioco (classe 1994, come X-COM) con patch e correzioni.
Microprose, insieme a SSI (altra enorme perdita), mi ha fatto scoprire i giochi di strategia. Grazie a loro, ho passato migliaia di ore a divertirmi con i loro titoli e quelli dei concorrenti, ho iniziato a giocare a wargame tridimensionale e, di fatto, mi sono trovato un lavoro in Slitherine, che tutto sommato è l’erede di molti brand dei giochi di strategia degli anni Ottanta e Novanta. Peraltro, il brand di Master of Magic è stato recentemente acquisito proprio da Slitherine… il cerchio si chiude, proprio mentre la rediviva Microprose alimenta hype su Twitter.