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L'estate di Nadia - Il mistero della pietra azzurra

Quando ero un ragazzino, non è che andassi proprio pazzo per l’estate. Cioè, OK, le vacanze, figata, ma al di là di quello, detestavo fare robe all’aria aperta e passavo un sacco di tempo davanti ai videogiochi o alla TV. Il problema era che il palinsesto estivo per ragazzi, durante quegli anni lì, era una palla totale: i contenitori di prima fascia se ne andavano in ferie e al loro posto comparivano robe strane tipo il The Rocky and Bullwinkle Show, I Banana Splits o Interbang!?, alternati a repliche, repliche e repliche di serie vecchissime.

Questo almeno fino al luglio del 1991, quando Fininvest decise di sganciare nientepopodimeno che Nadia - Il mistero della pietra azzurra.

La cabina di comando del Nautilus. Nemo, per design, ricorda un po' il Bruno J. Global di Macross e l'Harlock di Leiji Matsumoto.

Passata appena un anno prima sull’emittente giapponese NHK col titolo Fushigi no umi no Nadia e prodotta dall’emergente studio Gainax, la serie rappresentava il battesimo di fuoco per l’allora trentenne Hideaki Anno, che fino a quel momento aveva firmato il cortometraggio Return of Ultraman e la miniserie Punta al Top! Gunbuster.

Ma non solo. Il nostro aveva praticato come animatore dalle parti dello studio Ghibli, dove aveva finito per stringere un rapporto di amicizia con Hayao Miyazaki. E caso vuole che sia stato proprio “quel vecchiaccio” a fornirgli il soggetto per l’anime di Nadia, sorta di rielaborazione steampunk di alcuni romanzi di Jules Verne come Ventimila leghe sotto i mari e L'isola misteriosa.

«Poi cade, e muoiono tutti!».

Per me, che all’epoca ondeggiavo fra i tredici e i quattordici anni esattamente come la coppia di protagonisti, quel cartone (allora non dicevo anime) rappresentò l’highlight dell’ultima estate in bici prima del motorino, oltre che dell’ultima trascorsa in villeggiatura con mia nonna e con i miei, prima di perdermi per campeggi e amici vari. Attaccai il primo episodio nella saletta TV di una pensione a Pietra Ligure; assistetti alla battaglia del Nautilus attorno a Ferragosto, a Milano Marittima, e feci appena in tempo a gustarmi il finale – splendido – prima di riprendere le lezioni.

Tocca precisare che l’adattamento passato da Fininvest, purtroppo, venne sforbiciato qua e là. Delle trentanove puntate complessive ne andarono in onda soltanto trentotto. Vennero inoltre rimossi alcuni riferimenti di natura - pfff - sessuale, fu smorzata la quantità di sangue e finirono revisionate un paio di robe blasfeme, che rischiavano di scandalizzare qualche pretonzo. Fortunatamente, nel 2003 Yamato Video si prese la briga di mettere sul mercato un nuovo adattamento, più rispettoso e senza censure, con tanto di nomi e sigle originali.

Detto questo, e fermo restando che ai sabotatori dovrebbero cadere le mani, la serie era talmente potente che né i rimaneggiamenti, né tantomeno una manciata di puntate un po’ meh in odore di filler, riuscirono ad arrestarne la portata. Così, inevitabilmente, quell’immaginario lì finì per lasciare un segno indelebile nella memoria di noialtri giovani spettatori.

Gargoyle, il principale antagonista della serie, non lesina omicidi e pratiche disumane per raggiungere i propri scopi.

Come accennavo, Nadia - Il mistero della pietra azzurra rielabora la letteratura di Verne e la mescola, in parte, con l’immaginario di Miyazaki. Il giovane protagonista appassionato di areonautica, Jean, ricorda moltissimo il Tombo di Kiki - Consegne a domicilio, mentre intreccio, atmosfere e parte della simbologia hanno sicuramente un grosso debito verso Laputa - Castello nel cielo e Conan il ragazzo del futuro. Tuttavia, laddove la poetica del maestro indugia soprattutto sul fiabesco e su tematiche ecologiste, l’allievo è decisamente più incline alle complessità filosofiche e all’indagine sulla natura umana. Soprattutto, Hideaki Anno è più incline alla rappresentazione del male.

Per quanto Nadia - Il mistero della pietra azzurra sia soprattutto un racconto d’avventura e navighi in acque più basse rispetto a quelle di Neon Genesis Evangelion, contiene in nuce diverse tematiche dell’opera del 1995, oltre a condividerne il character design curato da Yoshiyuki Sadamoto.

Le puntata iniziali sono relativamente leggere, girano attorno al romance tra il protagonista sognatore e la misteriosa Nadia, mentre i “cattivi” Sanson, Grandis e Hanson, oltre a non esserlo veramente, fanno il verso al terzetto comico delle Time Bokan prodotte da Tatsunoko a partire dagli anni Settanta. Pezzetto dopo pezzetto, però, la serie inizia a cambiare tiro. I personaggi maturano e così le tematiche che li accompagnano. L’avventura lascia spazio a indagini di natura spirituale, filosofica e psicologica, mentre la mitologia prende a fondere il mito di Atlantide con motivi provenienti dall’Antico Testamento e dai Vangeli, dando luogo a una dietrologia oscura e complessa.

L'equipaggio del Nautilus nella seconda parte della serie, mentre fa brutto.

Resta centrale la riflessione sulla liceità della scienza, tanto cara al regista, assieme a quella sulla natura metafisica delle cose. E mentre la trama alterna battaglie epiche a colpi di scena da feuilleton (Nadia e Jean, in fondo, si conoscono nella Parigi del 1889, durante l'Esposizione Universale), il livello del sangue inizia a salire, fino a raggiungere la gola dello spettatore.

Sicuramente non siamo ancora nel campo da gioco di Neon Genesis Evangelion, in termini di complessità. L’intreccio di Nadia - Il mistero della pietra azzurra non viene costruito attraverso simboli o sephirot, è decisamente più didascalico e comprensibile, probabilmente a favore di un target meno esigente. Però, ecco, lo sport è più o meno quello e se l’entusiasmo di Jean sembra apparentemente lontano dalle tribolazioni interiori di Shinji, personaggi come il Capitano Nemo ed Electra contengono le promesse dei loro “doppi ctoni”, Gendō Ikari e Ritsuko Akagi.

A riguardarla oggi, magari saltando pure qualcuno degli episodi filler ammucchiati nella parte centrale, Nadia - Il mistero della pietra azzurra resta un gran bel pezzo di anime, con dalla sua personaggi favolosi, una gran regia (che emerge soprattutto durante i passaggi chiave) e un’atmosfera pazzesca, di quelle che si trovano di rado anche in produzioni più recenti. Così, se per caso state considerando di ripassare Neon Genesis Evangelion in via dello sbarco su Netflix, o addirittura avete la fortuna di guardarlo per la prima volta, il mio consiglio è di farvi prima un bel giretto sul Nautilus.

I personaggi dell'anime in un'illustrazione di Yoshiyuki Sadamoto.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata all’arrivo di Neon Genesis Evangelion su Netflix e ai robottoni in generale, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.