Odi et amo, Gabe, ovvero di quando cedetti alle sirene di Valve
Si sa, essere appassionati di videogiochi, e più in generale di tecnologia, è un hobby costoso. Abbiamo tutti almeno una storia di un acquisto fatto sull’onda dell’entusiasmo e in preda all’hype che, col senno di poi, definire “avventato” o “scriteriato” è probabilmente fin troppo generoso. Con questa premessa, la Cover Story di questo mese qui su Outcast è una sorta di riunione dell’Anonima Alcolisti in cui i partecipanti si confessano: “Ciao, sono delu, e non butto soldi in una fesseria tecnologica incredibilmente costosa e inutile da due settimane”, e seguono gli applausi sommessi e le parole di supporto da parte degli altri presenti.
In questo contesto, personalmente ho diverse storie tra cui scegliere quale raccontare in questo articolo. Mi conforta solo il fatto che non sono sicuramente l’unico tra gli amici che partecipano insieme a me qui su Outcast, e scommetto che ci saranno anche molti lettori e lettrici che si riconosceranno nei nostri racconti. E dato che, appunto, di acquisti scriteriati ne ho fatti molti nella mia vita, ho semplicemente deciso di scrivere del più recente, vale a dire l’Oculus Rift S comprato perché alla fine del 2019 Valve annunciò a sorpresa Half-Life: Alyx. Per chi non se lo ricordasse, fino a quel momento Half-Life 2: Episode Two era l’ultimo gioco della serie uscito nell’ormai lontanissimo 2007. Episodio che, vale la pena di sottolineare, si concludeva con un colpo di scena che ci lasciava narrativamente appesissimi, ma un po’ come le Cronache del ghiaccio e del fuoco di G.R.R. Martin, avevo ormai abbandonato la speranza di sapere come sarebbe andata avanti la storia. Quindi è ovvio che l’annuncio di un nuovo Half-Life mi avesse mandato in visibilio e fatto perdere il lume della ragione, ma è altrettanto ovvio che ci fosse la fregatura: per giocare ad Alyx era necessario avere un dispositivo per la realtà virtuale e non sarebbe mai uscito su hardware “normale”.
Ricordo che cominciai freneticamente a informarmi sulla situazione dell’hardware per la VR e che mi consultai continuamente con Quedex, l’amico e il complice di molti altri acquisti scriteriati di hardware costoso. Il Valve Index era assolutamente fuori discussione, dato il costo troppo elevato persino per un cretino infoiato come me e perché serviva avere una stanza con spazio libero a sufficienza per usarlo adeguatamente (e senza rischiare di farsi male e/o sfasciare qualcosa in casa). Dopo varie discussioni e analisi, la scelta ricadde appunto sull’Oculus Rift S, che caso vuole fosse stato lanciato da Meta (che forse al tempo si chiamava solo Facebook) appena qualche mese prima. Presentato come una vera rivoluzione nel campo della VR, costava “solo” 449 euro... Un vero affare che non potevo proprio farmi scappare! Confesso che non ricordo quanto in fretta acquistai l’Oculus dopo l’annuncio del gioco, so solo che quando Half-Life: Alyx uscì a marzo del 2020, io ero prontissimo per giocarci col mio visore VR nuovo di pacca comprato apposta.
L’entusiasmo iniziale purtroppo scemò in maniera lenta, ma inesorabile. Non per la qualità del gioco, che era eccelso, ma per le limitazioni insite nell’hardware dell’Oculus Rift S. Al contrario del modello Quest, il Rift ha un cavo bello spesso che collega il visore al PC, e mentre si gioca il suo peso non indifferente distrae e, soprattutto, affatica costantemente il collo. Inoltre, c’è un altro aspetto del giocare in VR che non avevo mai considerato fino ad allora: le sollecitazioni sensoriali provate sono molto più intense di quelle che si hanno con un hardware standard, quindi giocare ad Alyx mi stancava molto più in fretta di quanto mi sarei aspettato. Ne consegue che non riuscivo a fare lunghe sessioni di ore senza nemmeno accorgermene come accadeva normalmente, cosa che mi infastidiva alquanto. Al punto che, nonostante abbia adorato questo nuovo Half-Life, non l’ho mai finito perché giocarci stava diventando una fatica più che un piacere e un passatempo. E, diciamocelo, giocare in VR non ha la stessa immediatezza e semplicità di fare un doppio click su un’icona sul desktop. Ora che ci penso, fammi andare a vedere se hanno mai finito quel mod per giocarci senza visore VR…
Il mio acquisto dell’Oculus Rift S è il classico esempio di un pezzo di hardware preso solo per un gioco e se penso che Half-Life: Alyx mi sia costato circa 500 euro, in effetti mi viene da darmi del deficiente. Mettendo però per un attimo da parte l’aspetto finanziario della faccenda, Alyx è effettivamente un gioco della madonna a cui sono felicissimo di aver giocato. Certo, 500 euro... Tra l’altro, mi scappa da ridere quando ripenso che comprai anche Beat Saber (altro giocone) dicendomi che lo avrei usato per tenermi in forma (vi lascio immaginare come sia andata in realtà) e per cercare di attenuare il senso di colpa di aver speso tutti quei soldi per un solo gioco. “Perché per due invece è molto meglio...” direte voi, e ci avreste pure ragione, ma la Cover Story di questo mese non ha nulla a che fare con le decisioni avvedute e ponderate, ma è l’essenza stessa del farsi prendere e rapire dall’entusiasmo e dalla passione.
Poi, un giorno, quando capirò per quale cazzo di motivo lo abbia mai fatto, cercherò di spiegarvi perché comprai pure il PSVR per PlayStation 4...
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle spese pazze che affrontiamo (o non affrontiamo) per le nostre passioni, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.