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Old! #124 – Agosto 1995

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Ad agosto del 1995 arriva finalmente anche in occidente - ma solo in America, eh, non esageriamo - Chrono Trigger. In Europa non ci arriverà mai, quantomeno nella sua incarnazione originale su Super NES. Comunque – SHAMALAYAN TWIST! – di Chrono Trigger ne ho parlato a marzo, celebrando l'uscita originale in Giappone, quindi passiamo a Comix Zone. Sviluppato negli uffici americani di Sega in esclusiva per Megadrive, Comix Zone è un picchiaduro ambientato all'interno delle tavole di un fumetto. Ogni livello è costituito da due pagine della storia e parte del divertimento sta anche nello sfondare i confini delle vignette per scovare segreti.

L'intera realizzazione è a tema, con dialoghi rappresentati tramite nuvolette e uno stile visivo assolutamente fumettistico, e il risultato, grazie a una lunga serie di trovate che sfruttano in maniera molto ingegnosa l'ambientazione, è un gioco dalla personalità davvero unica. Purtroppo è anche un po' ripetitivo, ma insomma, non si può avere tutto. Comix Zone godrà comunque di un discreto successo e verrà in seguito convertito su PC e Game Boy Advance, per poi spuntare negli anni in varie riedizioni tra Virtual Console e raccolte assortite su PC, PlayStation 3 e Xbox 360.

Il 24 agosto 1995 si manifesta su PC Phantasmagoria, primo tentativo di sfruttare la moda dei film interattivi su CD-ROM da parte di Sierra On-Line. E, a dirla tutta, il progetto nasce prima che la moda sia realmente esplosa, ma i ritardi nella produzione portano a un'uscita successiva rispetto a quella di altri grossi titoli del filone. Curato dalla mitica Roberta Williams (King's Quest, The Colonel's Bequest), Phantasmagoria racconta la storia di una scrittrice che trasloca in una villa un po' inquietante e si ritrova vittima del maligno. Ah, quanta ingenuità! Il gioco si appoggia sull'utilizzo di ambienti e attori “fisici” digitalizzati ma, al contrario di altre avventure “cinematografiche” di quel periodo, prova a conservare almeno in parte il modello da avventura grafica classica. L'esperimento non sarà riuscito come quello, successivo, di Gabriel Knight II, ma tutto sommato Phantasmagoria, se preso per quello che è, è un gioco horror gradevole, con qualche sorpresa e piuttosto efficace.

Di certo, lo sforzo produttivo da cui nasce è notevole: Roberta Williams ci mette dentro tutta la voglia di realizzare un gioco horror che si porta dietro da tempo e tira fuori un mostro di sceneggiatura da 550 pagine, dando il via a una produzione il cui budget inizialmente previsto (ottocentomila dollari) va a sfondare quota quattro milioni e mezzo, senza contare l'investimento per la creazione dello studio di riprese allestito per l'occasione. Il risultato è un gioco imperfetto, dall'interazione più limitata (ma dalla variertà in termini di ambienti notevolmente più ampia) rispetto all'avventura grafica media, pubblicato su ben sette dischi e che giustificherà ampiamente l'investimento, sfondando con agio i dieci milioni d'incasso. Un anno dopo arriverà un seguito, Phantasmagoria: A Puzzle of Flesh, ma è una porcheria e Roberta Williams non c'entra nulla.

Durante quei caldi giorni estivi, le sale giochi vengono graziate dall'arrivo di Tekken 2, secondo episodio nella serie di picchiaduro tridimensionali targati Namco. Il gioco segue in maniera abbastanza fedele il modello della prima uscita, con I suoi fondali bidimensionali, il suo campo di battaglia senza fine e il suo sistema di controllo, ma aggiunge alcune finezze specifiche al sistema di combattimento, tra contromosse, tipi di prese e passetto laterale per Kazuya e Heihachi. O almeno questo dice Wikipedia, io non è che me ne intenda poi così tanto, ho sempre giocato menando abbastanza a caso.

La storia, ambientata due anni dopo quella del primo episodio, vede l'impero criminale dei Mishima sempre più potente e spietato, con a capo un Kazuya che, per sicurezza, si è fatto pure possedere dal diavolo. Chiaramente i nemici non gli mancano, compreso un Heihachi che in qualche modo s'è salvato dal vulcano in cui era stato gettato, e per liberarsene Kazuya decide di organizzare un nuovo torneo. Alla fine Heihachi butta Kazuya nel vulcano. Gesù, la fantasia. Chiaramente poi il gioco arriverà anche su PlayStation, con una conversione brutalmente ampliata e complessivamente superiore alla versione arcade, ma magari ne parliamo l'anno prossimo. Se saremo ancora qui. Vai a sapere.

Il 30 agosto del 1995 si manifesta sui Saturn europei Panzer Dragoon, primo episodio della serie culto di giochi d'azione (e a un certo punto pure di ruolo) che verrà ricordata nei secoli dei secoli all'insegna dell'amore, della malinconia e dello spinzettamento. Questa prima uscita, comunque, è uno sparatutto su binari, gioco d'esordio del Team Andromeda (e primo curato da Yukio Futatsugi nel ruolo di director) pubblicato in esclusiva su Saturn. Si controlla un ragazzo che svolazza in sella a un dragone blu e deve fermare un dragone incazzato nero prima che faccia troppo casino in giro per il mondo.

Questo epico conflitto si svolge attraverso uno sparatutto tridimensionale che prevede un cammino (anzi, un volo) su percorso fisso, all'interno del quale si può spostare in giro il dragone per far fuori i nemici e provare a salvarsi la pellaccia. Apprezzato per lo stile, la fantasia e il fascino dell'ambientazione, oltre che per un gameplay piuttosto curato e raffinato, ma osteggiato da alcuni per l'appartenenza a un genere per certi versi di nicchia, in un mondo in cui “sparatutto 3D” significa libertà di movimento, Panzer Dragoon vende comunque a sufficienza per meritarsi un seguito e, come detto, una sueccessiva deriva RPG, oltre poi a un tentativo di resurrezione su Xbox, a un paio di uscite portatili e a quella specie di successore spirituale in zona Kinect. Il primo episodio, comunque, verrà riproposto anche su PC e qualche altro formato.

Il giorno dopo tocca a un gioco che più diverso non si potrebbe: Command & Conquer, primo episodio nella leggendaria serie di giochi strategici in tempo reale che, assieme al precedente Warcraft: Orcs and Humans, scatenerà definitivamente l'esplosione del genere. Sviluppato da Westwood Studios, che solo due anni prima ha già esplorato questi territori con Dune II, Command & Conquer si ispira alla guerra moderna, nello specifico quella del Golfo, e propone un'ambientazione da futuro prossimo – e alternativo – in cui si è scatenata una nuova Guerra Mondiale per inseguire il controllo del Tiberium, una fonte energetica versatile e potentissima.

Lo schema di gioco è quello che poi diverrà canonico nel genere, con l'accumulo di risorse per la costruzione e l'utilizzo di unità e strutture necessarie per affrontare le battaglie. Le due fazioni in campo, Global Defense Initiative e Brotherhood of NOD, vengono “raccontate” per mezzo dei full motion video all'epoca immancabili, che danno vita al mito di Kane, personaggio che diventerà di culto (e che è l'unico interpretato da un attore professionista: gli altri sono impiegati di Westwood). La versione iniziale del gioco in formato DOS vanta già il multiplayer in rete locale per quattro giocatori, ma la riedizione Command & Conquer Gold aggiungerà il supporto a internet. E sarà la fine. Grazie al successo fuori scala, il gioco di Westwood verrà convertito su PlayStation, Saturn e Nintendo 64, riceverà una corposa espansione (The Covert Operations) e darà vita a una lunga serie di successo, fra seguiti e spin-off, diventando sostanzialmente sinonimo di RTS per parecchi anni, ma spegnendosi nella tristezza con il recente tentativo di buttarla sul free to play.

Sempre in quei fantastici giorni di fine agosto del 1995, New World Computing ci regala l'esordio di un'altra grande serie di giochi strategici: Heroes of Might and Magic: A Strategic Quest. Nato da una costola della storica serie di giochi di ruolo quasi omonimi, Heroes of Might & Magic prende quell'ambientazione e la sfrutta per dar vita a uno strategico fantasy dalla personalità abbastanza particolare. Questo primo episodio viene accolto da pareri contrastanti, ma i giocatori apprezzano e nasce una serie molto popolare, che genererà la sua bella valanga di seguiti, remake e spin-off assortiti. Ma io l'ho frequentata poco, quindi non è che abbia molto da aggiungere.

Chiudiamo con un altro gioco di culto, amato e odiato, ultimo episodio di gran spessore per una serie che al peccato originale di essere la principale rivale di X-Wing aveva osato rilanciare, con Wing Commander III: Heart of the Tiger, infilandosi pure nel ginepraio del full motion video. E tirando fuori un giocone, eh. E poi arriva appunto Wing Commander IV: The Price of Freedom, che ovviamente non arretra di un passo sul fronte del gusto cinematografico di Chris Roberts e anzi punta sempre più in alto, andando a concludere la storia di Christopher Blair (nonostante l'apparizione dimenticabile nel successivo – e altrettanto dimenticabile – Wing Commander: Prophecy) in maniera gloriosa.

La storia, ambientata dopo il termine del conflitto tra umani e Kilrathi, racconta di due popoli impegnati nel tentativo di rimettersi in piedi e di una serie di macchinazioni politiche e spionistiche che provano a creare altri casini. Il cast è come al solito stellare, con il ritorno di Mark Hamill, Malcolm McDowell, John Rhys-Davies e Tom Wilson, ma anche qualche gradita novità, e la struttura narrativa propone una serie di scelte a disposizione del giocatore, che può andare a modificare in maniera anche piuttosto sensibile lo sviluppo della storia. E poi, come sempre, c'è la parte di simulazione spaziale, dalla qualità notevole e graziata da un motore grafico che vent'anni dopo non si può guardare, ma nel 1995 è semplicemente fuori dal mondo. Insomma, ancora una volta, per l'ultima volta, Wing Commander è un giocone.