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Old! #155 – Aprile 1976

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Non è un pesce, è la realtà: il primo aprile del 1976, Steve Jobs e Steve Wozniak, dopo essere fuggiti da Atari senza convincere Nolan Bushnell che è il caso di collaborare sui loro progetti, fondano Apple assieme a Ronald Wayne. La loro seconda creatura, l'Apple II, farà da base per la nascita di nomi storici del settore come John Romero e Jordan Mechner, ma il vero botto arriverà nel 1984 con Macintosh, il primo personal computer venduto senza linguaggio di programmazione.

Dopo decenni di casini, reimpasti, fughe, licenziamenti e grandi ritorni, Apple conquisterà il mondo negli anni 00, fra varie linee di computer sempre più trendy e quelle certe due cosette chiamate iPhone e iPad. E rivoluzioneranno anche il mondo dei videogiochi, nel bene e nel male, nonostante di fondo a Jobs dei videogiochi non è che glie ne freghi poi molto.

Circa due settimane dopo, Atari pubblica Breakout, un gioco ideato da Nolan Bushnell e Steve Bristow, fortemente influenzato da Pong e, paradossalmente, sviluppato proprio da Wozniak e Jobs. Siccome Bushnell non apprezza il numero sempre crescente di chip utilizzati per la creazione dei giochi Atari, affida lo sviluppo a Jobs promettendogli un bonus monetario per ogni chip TTL inferiore a un totale di 50 nella macchina definitiva. Jobs, in risposta, promette che ce la faranno in quattro giorni e, beh, quattro giorni dopo, c'è un Breakout funzionante da 44 chip. Senza stare a entrare qui nei magheggi apparentemente condotti da Jobs per tenersi il bonus alle spalle del suo “amico”, aggiungo che a quanto pare il design di Wozniak è troppo complesso per la produzione industriale e in Atari decidono di ricostruire la macchina da capo, con un centinaio di chip.

Ad ogni modo, in Breakout bisogna controllare una stanghetta posta nella parte bassa dello schermo, tramite cui respingere una pallina e spedirla a frantumare i mattoncini che occupano la parte alta dell'area di gioco. Fondamentalmente è un clone o, se preferite, un'evoluzione di Pong incentrata sul gioco in singolo. Non è il primo, non sarà l'ultimo, ma certamente è quello che fa la storia. Il successo di Breakout sarà notevole, il gioco verrà convertito su qualsiasi piattaforma possibile e immaginabile e arriveranno gli inevitabili cloni e omaggi, il più celebre dei quali sarà probabilmente Arkanoid, prodotto da Taito dieci anni dopo.

Il 20 aprile del 1976, Tetsuo Fukuda fonda a Tokyo la Data East Corporation, un'azienda inizialmente dedita alla costruzione di nastri da inserire nei cabinati da sala giochi ma che col tempo si evolverà in uno fra i principali produttori di videogame, capace di sopravvivere al crash del 1983 e di regalarci gioielli del calibro di Karate Champ, Burger Time, Bad Dudes Vs. Dragon Ninja, Sly Spy e RoboCop. Non solo, la divisione statunitense porterà anche avanti un'attività di successo nella distribuzione di giochi creati da altre aziende, per esempio Kung Fu Master, Vigilante e Commando. E già che ci siamo mettiamoci pure il lavoro nel campo dei flipper, dai, per esempio coi tavoli su licenza di Guns N' Roses, Star Wars, Ritorno al futuro, Batman, RoboCop, The Simpsons, e Teenage Mutant Ninja Turtle.

Dopo la cavalcata trionfale fra anni Settanta e Ottanta, però, le cose crolleranno piuttosto velocemente nel decennio successivo, a seguito delle varie rivoluzioni di mercato. Prima la vendita della fabbrica di flipper a Sega nel 1994, poi la chiusura di Data East USA a fine anni Novanta, quindi il tentativo di Data East Japan di risollevarsi finanziariamente abbandonando temporaneamente il mercato dei videogiochi e vendendo le licenze dei propri classici, infine la bancarotta a giugno del 2003 e la svendita di tutto. Mamma mia che tristezza.