Outcast

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Outcast è meglio di Top Gear. Forse

Stamane ho ricevuto una strana missiva, una lettera che profuma di fiori di loto e vaniglia, sapori di terre lontane, tesori d'oriente, compagnia delle indie! Sandalo! Vetiver! Patchiouli! Ve la leggo: “Carissimo Pocoto,

mi è giunta voce che recentemente hai stroncato un simpatico titolo proveniente da una software-house indiana. Come mai cotanto livore? Sei in pace con il mondo? Hai sbloccato i tuoi chakra? Vorrei che riflettessi sulle tue azioni, per fare pace con il tuo karma, ci tengo di cuore al tuo destino. Scendi in garage, troverai qualcosa che ti aiuterà a riflettere. Non fare domande, so che alla fine capirai.

Cordialmente,

Aishwarya Rai”

Attendevo da anni questo momento, come un destino ineluttabile: anni di sonore bocciature elargite con generosità non potevano restare impunite in eterno, è giunto il momento di affrontare le conseguenze delle mie azioni. Non rinnego nulla di quanto scritto, a petto fiero mi incammino verso l'oblio! Non piangete per me, sono già morto. Non voglio fiori, ma opere di gameplay.

La bella Rai

Amici lettori, è in corso un vile atto di corruzione, qualcuno ha cercato di corrompermi con una tangente! La mazzetta consiste in una vettura sconosciuta, un modello che probabilmente non viene distribuito qui in Italia per ovvi motivi, ma non vi anticipo altro. Ebbene sì: è mia intenzione ricavare il massimo da questa situazione disdicevole, presentandovi il primo caso di recensione motoristica targata Outcast. Con permesso, salgo a bordo per il test-drive!

Tangente

L'anonima figlia del Gange, a cui a partire da ora mi riferirò con l'appellativo di Bitume, è probabilmente la vettura più sgangherata, inaffidabile, tecnicamente arretrata che abbia mai calcato le lingue d'asfalto. Il motore a scoppio tiene fede al suo brevetto: non appena ho infilato la chiave è deflagrato, innalzando al cielo una colonna di fumo acre, che sta assumendo la foggia poco rassicurante di un fungo atomico. Contro ogni mia previsione, l'auto ha cominciato a muoversi lasciando una scia inquinante di morte, sofferenza e dolore, come se fosse una sgangherata locomotiva a carbone condotta dalla Nera Signora. Mentre scrivo il WWF denuncia un'inspiegabile, a loro dire, moria di volatili sul territorio europeo: un forte senso di colpa mi attanaglia, ma non posso fermarmi, devo proseguire con la recensione. Il volante è a tre razze, nel senso più macabro della definizione; qualche buontempone ha mutilato tre esemplari di rombo cucendone i pezzi e assemblando questo congegno infernale, freddo e insensibile. Perché tanto odio?

Bitume

Bitume non ha sedili, la comodità qui non esiste, la morbidezza dell'alcantara è un vago ricordo dei rutilanti anni ottanta. Guidatore e passeggeri possono appoggiare le loro terga, nel caso proprio lo desiderino, su un comodo cuscino di chiodi per fachiro, evidentemente usato visto che annovera tracce di sangue, squame di pelle, capelli e persino un orecchio mutilato.

Guidare Bitume è un'esperienza che non si dimentica, è uno di quei momenti che lascia segni indelebili nel subconscio: per anni mi ridesterò madido di sudore, urlando pietà, tormentato nella mia sfera onirica dal ricordo questa vettura infernale. La velocità di crociera è ragguardevole se confrontata con quella di un pilone di cemento, il tachimetro è sempre rimasto ancorato sui cinquantatre belzebù, così ho deciso di chiamare la sconosciuta unità di misura riportata sul cruscotto.

Bitume è silenziosa come una sinfonia in la minore di martelli pneumatici, ha la delicatezza del rombo di un Boeing 747 in fase di decollo, ricorda un vulcano in eruzione. La stabilità della vettura non è in discussione: l'auto si è ribaltata da ferma. In parcheggio. Con il freno a mano tirato. E dopo una piroetta si è adagiata nuovamente sugli pneumatici, un salto mortale con avvitamento da coefficiente di difficoltà otto punto cinque. Concludo la recensione con l'analisi del vano portaoggetti, uno scomparto minuscolo, nel quale si riesce a malapena ad infilare un piccolo foglio di carta, come quello che sto fissando ora. Perdonate la curiosità, vado a leggerlo.

Arna

Amici lettori, piaciuto lo scherzo? Sono una vera sagoma, quanta ilarità! Dimenticate quanto avete letto, non vi tedio ulteriormente e vi lascio alla vera recensione!

L'idea di non dare un nome alla vettura è un'abile mossa di marketing da parte dell'anonimo produttore, un esercizio di fantasia, un colpo di estro e genialità! Così facendo ognuno di voi potrà chiamare questo prodigio della scienza e della tecnica come più gli aggrada, chapeau di fronte a questa rivoluzionaria proposta, kudos! Il motore presente sotto il cofano di Banditina, così ho deciso di chiamarla, è talmente potente che non esiste al mondo uno scheletro di metallo in grado di contenerlo. Basta girare la chiave per essere investiti dalla sua potenza, letteralmente.

Le impercettibili emissioni, colorate di nero per renderle più riconoscibili, sono innocue, sono un segnale festoso che l'auto funziona alla perfezione, diffidate dalle malelingue di certi ambientalisti! Poveri stolti ancora convinti che il nucleare faccia male, se badassimo al loro retrogrado pensiero saremmo ancora all'età della pietra! E poi diciamocelo, le radiazioni fanno bene: avete visto l'Uomo Ragno? Ecco, superpoteri, grazie agli amici cesio, litio e stronzio. E il simpatico Hulk? Pure lui ringrazia sentitamente i Curie, inoltre fa girare l'economia, visto che ha innalzato il consumo pro capite di jeans!

Jeans

Il volante di Banditina è una vera primizia: di pelle, ricamato a mano, con un gradevole profumo di salsedine. Un must per tutti gli amanti della guida sportiva, garantisce precisione assoluta in ogni situazione! L'austerità degli interni della vettura permette di riflettere su quanto sia vacuo il materialismo, benedetto sia quello che coglie l'essenza di una vita povera di averi ma ricca di spirito.

Banditina sotto questo punto di vista è persino francescana, ripudiate anche voi la comodità della vostra Bentley per affondare nella splendida pochezza di questi sedili, duri al tatto, ma capaci di toccare le corde del vostro cuore. Quanta poesia e quanta beltade, mi commuovo. La guida di questo prodigio dell'ingegneria indiana mi ha sconvolto, è rilassante come un viaggio in campagna a bordo di un carretto siciliano trainato da nutrie; la velocità di crociera è un dettaglio insignificante e comunque Banditina sotto questo punto di vista non delude.

Il tachimetro riporta dei valori in un linguaggio sconosciuto, un buon pretesto per aumentare il bagaglio culturale con lo studio approfondito del sanscrito, la madre di tutti gli idiomi! La vettura è silenziosa, produce un suono impercettibile, un suono festoso di fanfare che annuncia la venuta di questo nuovo paradigma motoristico. Fiato alle trombe, turchetti, si stenda il tappeto rosso! Dopo tante parole mi accingo a premiare questo gioiello con il massimo dei voti a mia disposizione, lode e bacio accademico, solo la prova dell'accendisigari mi separa dall'annotare tale valutazione. Come?!? Non c'è?

Voto: 1

E sapete qual è il bello? Che io nemmeno fumo...