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Outcast GOTY 2013, sempre più o meno

Anche questo 2013 se ne sta rotolando via, stanco e mesto, lasciandosi dietro tonnellate di giochi che svaniranno come lacrime nella pioggia. Ma Outcast è qui per non dimenticare e, come già fatto un anno fa, mettere assieme una serie di considerazioni alla rinfusa, ma soprattutto accazzodecane, su quest'annata videoludica che va a chiudersi. E quindi, ancora una volta, ho preso un mucchio di gente a caso, l'ho messa davanti allo specchio e ho chiesto a ciascuna persona di dirmi e spiegarmi due cose: il proprio gioco dell’anno (e perché) e un altro premio a gusto totalmente personale (e perché). Non tutti hanno risposto, qualcuno ha risposto solo alla prima domanda, qualcun altro ha risposto a domande che neanche avevo posto, in diversi non hanno rispettato la semplice regola dell'assegnare due premi e il Morandi ha scritto la Divina Commedia dei GOTY 2013. Per non parlare del Saviano dei poveri che si nasconde dietro un nick e un disegnino per paura di rappresaglie. Ma insomma, in fondo è esattamente quel che mi aspettavo.

Di seguito trovate quel che ne è venuto fuori, che spero possa accompagnarvi mentre mangiate come dei porci schifosi e vi apprestate a morire per indigestionevomitare tuttorotolare stancamente dentro il camino per darvi fuoco trascorrere quel che rimane di queste feste al fianco dei vostri cari. Casomai il papiro a seguire non vi bastasse, ho linkato anche le recensioni dei vari giochi premiati e/o i podcast in cui ne abbiamo parlato. Spero che tutto questo vi basti per un paio di giorni, perché domani non pubblichiamo nulla.

E insomma, buona lettura e buon anno!

Fabio Bortolotti

Gioco dell'anno: Gone HomePerché? Il gioco del 2013, per me, è Gone Home. Non è il più divertente dell'anno, né quello realizzato meglio, ma ha fatto qualcosa di nuovo, in una direzione che mi emoziona. È un gioco vero? Non lo è? È una "esperienza narrativa possibile solo in ambiti interattivi" (frase da pronunciare con fare annoiato, mangiando una prugna che galleggia nel profumo, servita in un cappello da uomo)? La verità è che non me ne frega niente. Queste domande mi annoiano e sono convinto che siano inutili, specie se abbiamo a cuore il futuro dei videogiochi. Archivio come videogioco tutto quello che richiede il mio input per funzionare, quindi l'insieme include tanto Proteus quanto Super Mario 3D World. Gone Home, quindi, è il gioco dell'anno perché ha fatto qualcosa che volevo vedere da tanto tempo: ha avuto il coraggio di investire tutto sulla narrazione, sui dettagli, sull'atmosfera. Abbiamo tanti giochi di azione, molti platform e troppi sparatutto, ma di giochi come Gone Home ne abbiamo troppo pochi. Che il successo e questo prestigioso award ci portino un 2014 con più giochi come Gone Home (e come Stanley Parable)! E mi raccomando, non chiamatele "esperienze".

Premio accazzodecane: Phoenix Wright: Ace Attorney - Dual Destinies Perché? È un gioco che non fa nulla di nuovo, e che anzi continua a riproporre la stessa formula dei tempi del GBA. Detto questo, a me quella formula piace tantissimo e se non me la fa Capcom, a quanto pare, non me la fa nessuno. La mia speranza, quindi, è che questo award ancora più prestigioso faccia realizzare a Capcom l'importanza della serie, spingendola a pubblicarne un altro episodio prima del 2020.

Alessandro Martini

Gioco dell'anno: Nessuno Perché? Sinceramente, ho giocato poca roba e quel poco non mi ha fatto esaltare né sul lato tecnico, né per i contenuti. Non i vari Tomb Raider, GTA V e compagnia assortita, men che meno Call of Duty e affini. Sarò vecchio e palloso, ma credo che lo sfruttamento delle serie e i titoli fatti con lo stampino abbiano superto di parecchio i livelli di guardia. L'anno scorso avevo premiato "provocatoriamente" Spec Ops: The Line che resta un'eccezione nel genere bellico. Quest'anno nessuno dei grandi publisher ha rischiato più o meno nulla e non c'è stato un titolo che mi abbia tenuto incollato allo schermo fino alla fine. Salvo le serie sportive nelle sfide tra amici, ma di sicuro non rappresentano una novità del 2013.

Premio "Così vicino, così lontano":Splinter Cell: BlacklistPerché? Come sempre, Ubisoft copia tutto e tutti per benino, ma non riesce a metterci quel pizzico in più di carattere. L'ultimo Splinter Cell è un ottimo gioco stealth, a tratti superlativo ma più spesso monotono e riciclato al limite della sopportazione. Armi, gadget, situazioni e perfino dialoghi che tornano dai primi capitoli, senza contare che una delle novità più strombazzate è il multiplayer a squadre visto dieci anni fa. E se non siete d'accordo, pensateci: a pochi mesi dall'uscita, non se lo ricorda già più nessuno.

Premio Epic Fail più chiaro e cristallino: NBA Live 14 Perché? Era difficile far peggio degli ultimi NBA Live, ma far peggio anche su un hardware più potente vuol dire avere talento. Dopo anni di pausa forzata, e con tutto il tempo di studiare a fondo l'illustre rivale, EA Sports è riuscita a fallire un canestro già fatto, lanciata da sola in contropiede. Che dire: probabilmente esiste pure la sfiga digitale, oltre a quella che tutti conosciamo.

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Paolo Ceccotti

Gioco dell'anno: BioShock InfinitePerché? Perché mi ha fatto passare una settimana in coma. Non parlo della settimana in cui l’ho giocato, ma di quella dopo. Quella in cui mi sedevo davanti a un PC, a una console, a un qualsivoglia dispositivo portatile e… niente, non riuscivo a fare nulla. Qualsiasi cosa provassi a giocare neanche mi lasciava indifferente, mi dava proprio fastidio. Pensavo di amare questa mia passione perché mi fa sognare ad occhi aperti. BioShock Infinite mi ha fatto capire che il vero motivo è che mi continua a fare sognare anche ad occhi chiusi.

Premio “Seguito non ufficiale di Bully”:Papers, PleasePerché? Pecché s’inculi i tu’ marito, ‘sto appartamento non si scalda mi’a a peti. Entry denied! E spenga la luce, quando esce.

Sebastiano Pupillo

Gioco dell'anno: Half-Life 3 Perché? Non ho giocato seriamente a nulla, nel 2013, ma l'unico motivo per cui ogni tanto mi riavvicino all'argomento videogioco è per cercare informazioni su Half-Life 3. Posso eventualmente rallegrarmi del fatto che nessuno, quest'anno, ha giocato Half-Life 3, mentre mi dispero della mia totale incapacità di ritagliarmi un attimo di tempo per tornare a giocare cose interessanti che escono, e ne escono parecchie. E poi, tutto sommato, ha senso. Half-Life 3 è il gioco più bello del 2013 perché non si è visto ancora un singolo pixel di grafica, quindi (nei miei sogni) è sicuramente bellissimo, e sono sicuro che lo sarà anche l'anno prossimo. Un gioco del quale non sai niente invecchia sempre bene. Half-life 3 è giocabilissimo perché Valve ha avuto dieci anni per raffinare la meccanica di gioco e, a questo punto, probabilmente, si gioca senza mouse, tastiera o pad. O forse è Half-Life 3 che giocherà a Sebastiano Pupillo e non il contrario, che banalità. Half-Life 3 è, del resto, già stato recensito da Fotone, quindi esiste e c'è. Half-Life 3 è pre-ordinabile come pesce d'aprile, quale altro gioco lo è? Half-Life 3, se lo cerchi su google, ti vengono fuori discussioni di gente che puoi starci le ore a leggere e a ridere di quanto sono stupidi. Half-Life 3, dai, basta.

Premio "Gioco che invece avrei seriamente voluto giocare 2013": Beh, quasi tutti, una marea, un fracco, il mondo, tutti quelli citati in quest'articolo da chi li ha giocati davvero, gli indie pixellosi, i blockbuster falliti, le cose vecchie che sembrano nuove e quelle nuove che sembrano vecchie, le macchine che si accartocciano, quelle che rimbalzano, gli idraulici, gli elfi, giochi di gente col casco che spara, di gente vestita in modo medievale che però sta nel futuro, giochi di futuri medievali, giochi di ruolo, giochi di click-click-click, tutti, tutti, tutti. E nessuno, che non c'ho tempo e si sta per svegliare la pupa e devo fare la pappa e poi la spesa e poi a prendere l'altra a scuola che c'ha ginnastica e poi a cucinare e poi in sala prove a montare una moquette. Rossa

Marco Salvaneschi

Gioco dell'anno: AntichamberPerché? Un tempo non mi sarebbe passato neanche per l'anticamera del cervello di nominare un gioco cervellotico come Antichamber. Ma in un 2013 antipatico come il mio, che non mi ha lasciato troppo tempo per giocare soprattutto in questi ultimi mesi, ho (ri)scoperto il piacere delle piccole e originali produzioni indipendenti, mirabilmente rappresentate dal gioco di Alexander Bruce. Un gioiellino di concept e design, uno psichedelico e psicologico puzzle game che riesce a coniugare forma e sostanza... il cielo in una stanza, che non ha più pareti, ma alberi... questo soffitto viola no, non esiste più. Così come il mio cervello, anticamera compresa.

Premio "Mattoncini Mattacchioni": Lego Perché? Prima di ammattire del tutto, fatemi ricordare - nell'anno del GTA V da recuperare - un GTA sotto fanciullesca copertura che anche gli adulti potrebbero apprezzare. Tra LEGO City Undercover per Wii U e LEGO Marvel Super Heroes per tutti, anche nel 2013 il brand LEGO è tanta roba. Da matti lasciarseli scappare.

Andrea Maderna

Gioco dell'anno: Antichamber Perché? L'ho spiegato qua.

Gli altri miei giochi dell'anno: BIT.TRIP Presents Runner 2: Future Legend of Rhythm Alien, Gone Home, Hundreds, Kentucky Route Zero, NBA 2K14, PixelJunk Monsters: Ultimate HD, Ridiculous Fishing, Shelter, Super Hexagon, Super Mario 3D World, The Stanley Parable, The SwapperPerché? Sono quelli a cui sul mio blog, nel post di fine anno ossessivo compulsivo in cui elenco tutto quello che ho giocato nel 2013, ho assegnato cinque stelline. E quindi sono i miei giochi preferiti del 2013, ovviamente solo fra quelli che ho giocato nel 2013 e che sono usciti nel 2013. Lo so, è un modo pigro per partecipare ai GOTY di Outcast, ma, insomma, va pure detto che mi sono fatto lo sbattimento di organizzarli, eh!

Erik Pede

Gioco dell'anno:Goscurry Perché? In un mondo ideale, Goscurry non dovrebbe aver bisogno di presentazioni e questo riconoscimento non andrebbe giustificato e/o spiegato in alcun modo. Dal momento che non viviamo nel mondo ideale in questione, però, mi limiterò a spendere due parole in merito. In breve, Goscurry è il gioco più puro, genuino, coinvolgente, divertente, bastardo e immediato degli ultimi anni, il che dovrebbe esser più che sufficiente a consentirgli di aspirare al premio di gioco dell'anno in qualsiasi competizione di questo genere, anche al di fuori di Outcast. Una navetta che avanza senza sosta, una strada (contorta come poche) che si autocostruisce davanti agli occhi del giocatore e una manciata di ostacoli sono bastati a Daniele Giardini per edificare una struttura di gioco tanto semplice quanto accattivante, basata in larga parte sul punteggio, sul continuo miglioramento delle proprie prestazioni e sul confronto con gli amici nelle classifiche online. Per mettere in piedi un capolavoro non servono investimenti milionari: basta esser capaci.

Premio "Bentornato, amico": Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies Perché? Perché è il debutto su 3DS di una serie meravigliosa, perché ha avuto il coraggio di spostare verso l'alto l'asticella dei prezzi per i giochi esclusivamente scaricabili (25 € non sono spiccioli, abituati come siamo agli ormai canonici 89 centesimi), perché ha riportato sulle scene un personaggio che non dovrebbe mai assentarsi dal mondo dei videogiochi per più di tre mesi e perché, in fin dei conti, è un gioco meritevole di tutte le attenzioni possibili. Un cast di gran livello, una narrazione efficace come sempre, un'ampia gamma di piccoli e grandi enigmi assai ben studiati e una coerenza di fondo che ha spinto gli sviluppatori a non abusare del passaggio al 3D per non snaturare il look della serie sono biglietti da visita a cui neanche molti giochi di ben altra caratura economica possono aspirare. Il buon vecchio Phoenix li spernacchia con gusto... e noi con lui. Unica nota triste: qui in Europa non è uscito su cartuccia, un vero peccato.

Lorenzo Antonelli

Gioco dell’anno:TearawayPerché? Perché assieme a ibb and obb e Puppeteer, ristabilisce un certo ordine morale interiore. Giocatelo per non morire mai più dentro, poi raggomitolatevi e piangete… piangete… guardando fuori dalla finestra, oltre le nuvole. Per sentirvi più umani, fragili, vivi.

Premio "Una console mirabile": PlayStation 4 Perché? Innanzitutto perché Xbox One è brutta, goffa e cattiva (e si romperà non appena la unboxerete). E poi, dico, ma avete visto i tre piedini di gomma di PS4, il retro che sembra quello di una Lamborghini, i led respiranti e tutti gli altri spigolosi dettagli? La più bella PlayStation mai realizzata da Sony, prelibatissimo speck giapponese.

Davide Tosini

Gioco dell'anno: Tomb RaiderPerché? Non credo che sia il miglior titolo uscito in questo 2013, ma è sicuramente quello che mi ha fatto più piacere giocare, se non altro per motivi affettivi. Una Lara come Dio comanda mancava dagli schermi da tanto, troppo tempo, specie se si decide di non considerare l'uscita del gradevole - ma bizzarro, almeno per quanto riguarda la serie - Lara Croft and the Guardian of Light. La storia che racconta il reboot di Tomb Raider non è originalissima, ma è bastata a farmi rimanere incollato al pad fino a quando non ho visto i titoli di coda, e poi lei ha un po' questo look alla Hunger Games che mi fa proprio perdere la brocca. L'arco è divertente da usare, come e più che in Crysis 3, e paesaggi e ambientazioni mi sono proprio piaciuti un sacco, tanto che spesso mi sono ritrovato - come un ebete - a fissare là, verso l'orizzonte, mentre, in cima a una cazzo di antenna, mi facevo scuotere da raffiche di vento che levati. E poi, diciamocelo, è pure uno dei pochi titoli in cui l'inquadratura "sporca" fa proprio figo.

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Vincenzo Aversa

Gioco dell’anno:GuacameleePerché? Perché appena terminato, mentre rovistavo nel mio intimo in cerca di difetti che appagassero il mio spirito critico e contestatore, per la prima volta nella mia vita tutto mi sembrava semplicemente perfetto. Guacamelee non è il gioco migliore su cui abbia mai messo le mani, per aspetti che non perderò tempo a spiegare a voi lettori di Outcast (per definizione gente poco sveglia, quindi), ma non sbaglia niente e sfodera un gusto impeccabile per tempi, colori e tecnicismi.

Delusione dell'anno:Beyond: Due AnimePerché? A me Heavy Rain era piaciuto, nonostante tutto. Solo che allora mi si chiedeva di prendere parte ad una storia, sbagliata e fumosa se volete, mentre in Beyond ho troppo spesso avuto la sensazione di essere invitato a guardare in silenzio, con un pad tra le mani, certo, ma senza poter dire nulla di davvero importante.

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Alessandro De Luca

Premio “Ho dovuto pensarci un po’ perché non mi veniva in mente niente” 2013: Grand Theft Auto VPerché? Sto scrivendo questo paragrafo e non ho ancora deciso qual è per me il gioco più bello di questo 2013 che si avvia verso la sua conclusione. Non so se sia colpa della vecchiaia che mi fa dimenticare le cose più in fretta, e quindi chissà a cosa ho giocato sei mesi fa, oppure sia perché non c’è nessun gioco che davvero mi abbia lasciato un ricordo indelebile quest’anno. O forse è che esce talmente tanta roba che ormai faccio fatica a stare dietro alle uscite recenti. Del resto, non ho ancora giocato a The Last of Us, per dire, mentre la lista della roba acquistata e mai lanciata su Steam continua a crescere imperterrita. E Battlefield 4 è al momento ancora un macello pieno di bug, che mostra tanto potenziale quanti motivi per infuriarsi per il lavoro pessimo fatto da DICE. Sia come sia, non posso andare avanti all’infinito e devo decidere il gioco più bello di questo 2013. Dai, è tradizione, mi hanno chiesto di partecipare a questo pezzo apposta. OK, ho deciso: GTA V. O BioShock Infinite? No dai, GTA V. Perché? Perché dai, è uno di quei giochi che, mentre sei lì svaccato sul divano col pad in mano, ti fa pensare a quanto siano belli e divertenti i videogiochi. Ma proprio come categoria di mezzo d’intrattenimento, dico. GTA V prende quanto di buono offrono altri medium di comunicazione come libri, musica e letteratura e lo usa per creare un qualcosa d’interattivo che solo i videogiochi possono essere. È pur sempre un’esperienza guidata quando si tratta di andare avanti con la trama principale, ma lascia abbastanza libertà di azione da far sentire il giocatore sempre padrone delle proprie decisioni. E poi c’è la solita scrittura di immancabile e altissima qualità, con dialoghi e personaggi semplicemente meravigliosi (anche se, sotto alcuni punti di vista, sento la mancanza di Niko e suo cugino). È bello vedere che c’è gente capace di usare un budget faraonico come quello di GTA V per realizzare giochi di qualità immensa. Quindi sì, grazie Rockstar. E buon Natale.

Premio “Gioco dell’anno a un gioco che è praticamente uscito da anni” 2013: Dota 2Perché? Il free to play di Valve, rimasto in beta per anni prima di uscire ufficialmente qualche mese fa, è uno dei giochi più belli su cui possiate mettere le mani, a patto di avere un PC e pazienza e dedizione non indifferenti. È difficile, complesso, con regole e meccaniche di gioco incomprensibili, ma è anche curato nei minimi dettagli e, quando si comincia a capirci qualcosa, dimostra di avere una profondità di gioco pressoché infinita. Non è un gioco adatto a tutti, molti lo abbandoneranno inorriditi dopo poche partite (se non addirittura alla prima), ma vi assicuro che è meraviglioso.

Premio “Provaci ancora, Sam” 2013: Marvel Heroes Perché? Ne ho scritto su IGN alla sua uscita a giugno, ne ho riparlato qualche settimana fa sul Magazine qui di Outcast. Marvel Heroes è uno di quei giochi che ho sempre voluto che mi piacessero. Al lancio era bruttino forte, una combinazione di game design poco ispirato e un modello di monetizzazione terribile (ricordo a tutti che è un free to play). Un paio di mesi fa è uscita la versione 2.0, che ha introdotto nuovi contenuti, e ho pensato di dare al gioco un’altra possibilità. E mi sono ritrovato un prodotto migliorato sotto praticamente tutti i punti di vista e, soprattutto, molto, molto godibile e divertente. Certo, rimane un gioco che difficilmente piacerà a chi non è fan degli hack & slash alla Diablo e/o dei fumetti Marvel, ma per tutti coloro che rientrano in almeno una delle due categorie, Marvel Heroes è una delle sorprese più piacevoli di quest’anno. E una di quelle belle storie del mondo di videogiochi, in cui uno studio di sviluppo ha avuto tempo, volontà e soldi per rimediare ai propri errori e riuscire a offrire alla fine un prodotto di qualità. Ben fatto, Gazillion.

Premio “In fondo alla lista in corpo 5” 2013:Trials Evolution – Gold EditionPerché? È una figata. Punto. (La versione PC è uscita nel 2013)

Stefano Talarico

Gioco dell'anno: The Stanley Parable Perché? perché è semplicemente perfetto. Non tanto perché non si "rompe" (davvero: quando pensi di aver trovato un bug, in realtà hai solo trovato un altro finale), quanto perché non avevo mai trovato nulla che fosse scritto in modo così assuefacente e impeccabile. Videogiochi, videogiocatori e anche di più vengono illustrati attraverso una parabola bizzarra e illuminante, capace di essere allo stesso tempo esilarante e agrodolce, in una di quelle "esperienze videoludiche" che, a differenza di Journey e affini, difficilmente sarebbe anche solo immaginabile in un altro medium. Roba bella, roba bellissima.

Gioco più divertente del 2013: Dead Rising 3 Perché? Perché le armi combinate sono troppo belle e tirare sotto il rullo compressore di una moto sputafuoco le orde di zombi senza battere ciglio è troppo il divertimento videogiocoso dell'anno. Ché i videogiochi sono arte, sì... ma anche divertirsi e basta, ogni tanto, non dispiace.

Gregory Raffa

Gioco dell'anno:Luigi's Mansion 2Perché? Mi è sempre difficile decidere un "gioco dell'anno". Dopo aver pensato a lungo a quanto ho giocato, mi é passato per le mani o semplicemente ho visto in questi dodici mesi, alla fine ho ripescato nella mente un gioco che sembra veramente distante: Luigi Mansion 2. La mia scelta ricade su di lui, perché nonostante sia stato affidato a un team esterno a Nintendo, di tutti i titoli del 2013, é quello che più mi ha trasmesso quel feeling antico di divertimento "giocattoloso", quella voglia di scoprire, giocare, riprendere in mano la console che qualcuno definisce "Nintendo difference". Un gioco lungo ma mai noioso. Divertente sia nel gameplay che nelle sue gag. Grazie Luigi per avermi fatto ricordare quanto mi divertivo vent'anni fa con i videogiochi, prima che gli impegni della vita diventassero più faticosi e invadenti.

Gioco fuori di testa: Icicle Perché? Quando riuscirò a finire di scrivere il nuovo Games of Throne, troverete tra i vari consigli Icicle, della sempre verde Chillingo: un gioco per iPhone/iPad veramente originale. Voglio premiare gli sviluppatori di questo piccolo gioiello per aver dato vita a qualcosa di tanto assurdo e visivamente delizioso. Di più non dico, perché se avrete voglia e occasione, ne parlerò nella sopracitata rubrica, ma vi consiglio fin d'ora di darci un occhiata, perché ne vale decisamente la pena. Buone feste!

Luigi Marrone

Gioco dell'anno: The Last of UsPerché? Le sceneggiature come quella dell’ultima opera di Naughty Dog rappresentano una miracolosa anomalia. Pochissimi sono i titoli capaci di condensare il loro immaginario interiore nella espressione di una identità - o di unità stilistica fondante – in grado di sopravvivere al prima e al dopo del completamento di gioco. The Last of Us è opera totalmente metafisica, preconizzata da un emblematico title screen che inquadra una tendina bianco sporco gentilmente trafitta dalla luce nostalgica che entra da una finestra di una casa scalcinata. Abbandono, separazione, infezione, vuoto… Mai nessun gioco prima d’ora ha riprodotto così magistralmente il soffocante sapore di spore fungine che appestano l’aria nebulizzata. Mai nessun’altra esperienza ha profuso una tale generosità creativa nel generare un profluvio di scenari, atmosfere, strade, parchi e interni abbandonati capaci di caratterizzare una vita post-apocalittica così plausibilmente aderente a una reale eventualità. La scrittura di The Last of Us, di gran lunga più complessa e intimista di quella dei vari Uncharted, è uno vero e proprio schiaffo in faccia agli scrittori di videogiochi. Il lavoro di Neil Druckmann non sembra soffrire di limitazioni di sorta e la sua libertà creativa ha dato frutti splendidi, emotivamente succosi e carichi. Se Alessandro Baricco, dopo aver saputo quanto incassa lo sceneggiatore tipo di Call of Duty, ha affermato che oggi, se si vuol campare con la scrittura bisogna scrivere per i videogiochi, beh, qualunque sia la cifra, il compenso di Neil Druckmann andrebbe raddoppiato, triplicato, per il bene del videogioco e di tutti noi. Last but not least, The Last of Us è blindatissima esclusiva PS3, e questo rappresenta uno smacco videoludico insanabile. Snobbarlo arresta l’evoluzione individuale e sociale, poiché si rimane indietro, videoludicamente parlando, senza The Last of Us.

Premio “Come infondere psicologia in un personaggio vuoto attraverso le musiche di un videogioco": Hotline Miami Perché? Giocato nel 2013 su Playstation 3 e PsVita, Hotline Miami spiazza non tanto per la violenza in sé, copiosa e parimenti disturbante, bensì per la sua capacità di circonfondere il sensorio del giocatore di un campo aurale fatto di squallore vivo e perdurante. Giocandolo, si riconosce di vivere dentro un segno autoriale vivo e palpitante, come accade quando si visiona l’opera di un regista dai tratti distintivi inequivocabili (tipo Von Trier, Lynch o Tarantino, per intenderci). Hotline Miami rappresenta una sorta di status febbrile atto a ricordare che l'arte in genere, e quella videoludica in particolare, per affrancarsi dalla deriva della serialità ha bisogno di tanta e infinita personalità. Ma cosa avrebbe da dire, Hotline Miami, che non sia stato detto già? In fondo il brivido sporco e sensuale di Manhunt, lo squallore e il gore che fuoriesce dalle menti deviate di Rockstar Games, non sono roba nuova. Così come le fluorescenze di neon rosa e azzurri, gli interni di appartamenti anni ’80 con console, VHS e carta da parati azzurra, fra tranci smangiucchiati di pizza e strade sulle quali svettano alte palme... Tutto questo non è forse stato già tutto sintetizzato da quella meraviglia di GTA Vice City?

Nel bidimensionale Hotline Miami vi è assenza di una simile definizione grafica, eppure ne esiste il senso a risuonare nel nostro immaginario ormai violato. Le musiche dei Sun Araw, M.O.O.N., Perturbator, Jasper Byrne, Scattle, Elliot Berlin, CoConuts, El Huervo ed Eirik Suhrke fanno da contraltare all'assenza di dettaglio, graffiando paesaggi interiori e sanguinandoli di lisergia deviata. Tutto, in Hotline Miami, finisce col divenire corrispondenza psicologica musicale, grazie alla quale una distorsione in fuzz metaforizza zanzare che aggrediscono una mente psicotica e disturbata, mentre il beat più quadrato ed emotivo accompagna la carneficina creando connubi estranianti e sublimanti. A quel punto la Miami che mai vedremo a schermo esiste, palpita, c'è. Tutti i Tommy Vercetti con camicie hawaiane che abbiamo giocato, tutti i serial killer di cui abbiamo letto e gli Zodiac che abbiamo visionato palpitano qui vivi, malati.

Attraverso la musica "sappiamo" che il nostro uomo sta male, che è impossessato da uno spirito del Male, che in fondo, se si aggira fra omicidi e vomito e barboni e pizze e VHS noleggiate, ciò è dovuto al fatto che la vita in Grazia di Dio gli è scivolata fuori, fondendo il vuoto dell’essere con la disillusione dell’anima. Nessun personaggio videoludico, in una totale assenza di parole, è stato mai così interiormente caratterizzato. Mai nessun commento musicale ha ricoperto una tale funzione psicologica d’arte.

Alessandro Billeri

Gioco dell'anno: XCOM: Enemy UnknownPerché? Sono un giocatore solo "mobile" e, negli ultimi anni, quasi solo su iOS. Ho sempre cercato giochi "seri" (passatemi il termine), in cui l'iPad o l'iPhone possano pienamente prendere il posto delle console fisse e dei PC. Purtroppo, alcuni giochi continuano a mostrarsi terribilmente poco attraenti, giocati con un'interfaccia touch, rispetto al joystick o a mouse e tastiera: FPS e giochi sportivi sono terribili. Al contrario, le avventure grafiche sembrano pensate apposta per essere giocate su tablet: all'inizio di quest'anno si è completata la meravigliosa avventura Telltale The Walking Dead ed è storia recente l'uscita dell'altrettanto attesa The Wolf Among Us. Non dimentichiamo lo splendido The Cave, che ha visto la mano di Ron Gilbert... denso di ironia. Mi hanno tentato. Così come mi hanno tentato alcune conversioni, talvolta monumentali, di grandi giochi del passato: Baldur's Gate (finalmente arrivato ad una stabile, imperdibile e ben tradotta versione), Knights of the Old Republic, Gran Theft Auto: San Andreas, ealcune produzioni "originali" o quasi come Oceanhorn o Call of  Duty: Strike Team. Ma alla fine ho deciso di premiare il gioco che, invece di caratterizzarsi come conversione a posteriori, è uscito quasi contemporaneamente anche su iOS, ha un respiro da "gioco grande" e, naturalmente, è bellissimo.

Citazione speciale: Badland Perché? Ho pensato ad un giochino "mordi e fuggi" tipico da iOS. C'è da dire che, tra frutta affettata, fionde virtuali con uccelli a bordo e animali che saltavano di qua e di là, si era già visto molto negli anni precedenti. Il mio premio sarebbe andato a Rayman Jungle Run, ma ho scoperto che è del 2012 (anche se io l'ho giocato nel 2013... è il bello dello store virtuale con sempre tutto disponibile). Altro gioco imperdibile è Limbo, finalmente uscito per iOS e bellissimo: sicuramente tra i "giochini" del 2013 è stato il mio preferito, ma è una conversione di un gioco risalente a due anni fa. Allora voto Badland: un gioco geniale, pensato per l'interfaccia touch, che prevede UN SOLO comando e apre un mondo di opportunità con esso.

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Wis

Gioco dell'anno: Nessuno Perché? OK, lo ammetto, non c'è stato un gioco che mi abbia davvero entusiasmato, quest'anno. The Last of Us è il classico candidato al GOTY che non puoi non apprezzare, ha tutto: la storia, la grafica, le meccaniche e un pizzico di originalità che da Naughty Dog nemmeno ti aspetteresti. Però, boh, prodotto sontuoso e importante, ma la mia anima arcade non mi spinge a rigiocarlo, e se un gioco non lo rigioco io non lo celebro (mi sento molto Anton Ego, a dire questo). Poi che altro c'è? Batman: Arkham Origins: m'ha divertito un botto pure questo, OK, ma è una mod di Arkham City. Tomb Raider? Bellissima total conversion di Uncharted... ma GOTY? Nah. Non avendo giocato l'offerta Nintendo non posso fare altro che rifugiarmi nei titoli che sono stati i MIEI GOTY, anche se non sono del 2013.

GOTF (Game of the Forever): Dark SoulsPerché? Il gioco che avrei voluto pensare io. Atmosfera a vagoni, un mondo con una topografia (in)credibile, tradizioni profonde e dettagliatissime illustrate nell'unico vero modo che è proprio del videogioco, ovvero l'esperienza. Al netto di un minimo di perdonabile legnosità, l'offerta From Software raggiunge una profondità dai contenuti quasi imperscrutabili, zero verbosità, tanta arte e tanto, tanto gameplay. Un capolavoro d'altri tempi.

IOTW (Indie of the Wis):DustforcePerché? Il platform che Nintendo non avrebbe mai avuto il coraggio di realizzare. Facile da approcciare, ai limiti dell'assurdo se lo si vuole padroneggiare completamente. L'originalità delle meccaniche e la perfezione dei controlli permettono all'adrenalina e alla gratificazione endorfinica di viaggiare a livelli altissimi. Gli utenti ne hanno poi coronato il successo realizzando mappe custom straordinarie per qualità e creatività. Un gioco che cambia radicalmente la percezione sociale dell'operatore ecologico.

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Francesco Fossetti

Gioco dell'Anno:The Last of UsPerché? E insomma anche io sono uno di quelli prevedibili, che neppure si prende la briga di spulciare i cataloghi dei titoli indie per fare l'alternativo. Uno di quei pecoroni che seguono la massa; di quelli che nei sondaggi vota The Last of Us anche nella categoria “best arcade”.

Oppure il fatto è che The Last of Us mi è piaciuto davvero parecchio, e che per me rappresenta una delle massime espressioni della branca narrativa del videogame. Il punto fondamentale, credo, è che Naughty Dog si è sforzata di raccontare una storia con gli strumenti propri dei videogiochi, invece che andare “semplicemente” a scimmiottare i modi del cinema. Persino in quei momenti in cui siamo spettatori passivi delle scene di intermezzo, la regia quasi isterica, i tagli al nero violentissimi, sottolineano la voglia di allontanarsi in maniera netta e decisa dalla tradizione, riempiendo il tessuto narrativo di “punti ciechi”. L'aspetto più intrigante, però, è che al di là delle vicende che coinvolgono i protagonisti, la storia del mondo di gioco viene raccontata attraverso un uso perfetto delle ambientazioni, che contengono una marea di dettagli e sembrano quasi delle “fotografie della fine”. Il giocatore, poi, è invogliato ad esaminarle attentamente dall'urgenza di recuperare gli oggetti che gli serviranno per sopravvivere: è un'alchimia sottile, quella di The Last of Us, fatta di una splendida consonanza fra gameplay e racconto: un “accordo” speciale che raramente è riuscito ad altri titoli che vogliono raccontare una storia. L'esempio più lampante è quello di Bioshock Infinite, in cui c'è una cesura estrema e insanabile fra gioco e narrazione.

Poi c'è anche da dire che The Last of Us riesce finalmente a mettere in scena dei protagonisti calcolatissimi, con un plot ben scritto e di una coerenza spietata. Non è solo questione di mettere da parte l'happy ending: il finale non è semplicemente amaro; ma coraggiosamente cinico, dimesso, quasi come se fosse buttato lì come una disattenzione, una leggerezza (se non vi è piaciuto mi piacerebbe dirvi che non l'avete capito, ma la verità è che la colpa è solo vostra se questa società giustifica gli One Direction).

Premio “ma chi te s'incula”: Metro: Last LightPerché? Il gioco che tutti mi hanno detto che dovrei giocare ma che io non ho giocato “perchè yaaawn”.

C'è stata grande agitazione nei giorni che hanno preceduto la proclamazione del vincitore, coi tre contendenti tutti belli tesi ed emozionatissimi. Mi è spiaciuto molto dare una delusione al brand Ubisoft, ma Assassin's Creed IV: Black Flag si è posizionato solo al terzo posto. Che lo so bene che “è meglio del tre”, c'ha addosso questo grande senso di libertà piratesca e puzza di rum, però anche basta. Tanto si sa che in fondo è lo stesso di sempre, e che qui si chiude un occhio solo perché ci sono più navi e il setting piratesco è stato solo raramente esplorato nei videogiochi contemporanei e fa ancora molto figo nonostante gli ultimi due Pirati dei Caraibi. Io di ACIV, insomma, ne ho davvero poca voglia, che ho come l'idea di sapere come comincia, come si sviluppa e come va avanti.

Al secondo posto, lo shooter online per eccellenza: Battlefield 4. Che insomma, oh, c'è la Levolution. Ma anche sticazzi. Tanto il single player sarà indecoroso e l'online la stessa roba che abbiamo giocato negli ultimi cinque anni. S'intenda: la formula funziona bene, benissimo, magari è appassionante e ben bilanciata, spettacolare e corale e tutto quanto, però dopo Bad Company 2 DICE non mi ha mai convinto, e stavolta non ho voglia di darle un'altra occasione. Battlefield 4 è un titolo comunicato in maniera prevedibile e scontata, che può dare un solo tipo di emozioni: le stesse.

E infine eccoci al vincitore. Il meh dei meh, il messia dell'indifferenza suprema. Metro: Last Light. Un gioco a cui - non so bene perché - non concederei neppure mezz'ora. Forse mi sbaglio, ma mi da l'idea di essere una sorta di epigono di S.T.A.L.K.E.R., però senza la componente free roaming e basato su un romanzo a cui non darei una chance neppure se mi minacciassero di infilarmi gli aghi all'attaccatura degli alluci. Ecco: Last Light, ma forse anche il capitolo precedente, è un gioco derivativo nell'anima. Che i sequel, essendo sequel, almeno recuperano legittimamente le idee dal predecessore, invece questo è come un “seguito spirtuale di uno shooter venuto bene solo a metà che neppure si prende la briga di proporre un setting originale”. Io la vedo così. Fustigatemi.

Alberto Torgano

Gioco dell'anno: Sorcery 1 & 2 (e pure 3 e 4 quando usciranno) per iPad Perché? Sorcery è la versione digitale della serie di librogame Sortilegio e per me, che quando ero giovine facevo merenda a librogame e Nutella, è un sogno diventato realtà! Il fatto che sia di gran lunga il miglior adattamento di un librogame che si sia mai visto è solo un'aggravante! Le illustrazioni originali, la mappa in 3D, l'audio con il vociare della gente al mercato o il suono di una cascata mi hanno fatto tornare con la mente a tanti anni fa ed è stata una sensazione unica, impagabile, che neanche MasterCard. Mi fa strano assegnare il mio GOTY a Sorcery l'anno in cui sono usciti Animal Crossing, Luigi's Mansion, Fire Emblem, The Last of Us, Super Mario 3D World... tutti giochi spettacolari, ma anche tutti giochi da cui sapevo cosa aspettarmi, Sorcery è stato un colpo di fulmine, come me ne capitano molto di rado!

Premio hype del 2013:BioShock InfinitePerché? Non sono solito comprare giochi all'uscita ma, complici il cambio del PC proprio a ridosso del lancio e un'offerta di quelle a cui non puoi dire di no su GreenMan Gaming, BioShock Infinite me lo sono preso al day one, anzi, l'ho proprio pre-ordinato! E in più mi sono pure ammalato nella settimana del lancio, cosa non gradevole in generale, ma che mi ha permesso di spararmi il gioco tutto d'un fiato. E devo dire che sono rimasto più che soddisfatto dell'acquisto! Mi è piaciuta moltissimo, in particolare, la costruzione del climax finale, uno dei punti deboli del primo BioShock e della stragrande maggioranza dei giochi, che in BioShock Infinte è invece il fulcro di tutto. Il gioco, poi, me lo sono goduto sul PC nuovo con la grafica a palla, cosa che ha senz'altro giovato al gradimento complessivo. Ma hype a parte, BioShock Infinite è uno dei pochi giochi la cui storia e personaggi mi sono rimasti in testa per qualche settimana e anche dal punto di vista ludico, pur capendo perfettamente le critiche al gameplay un po' troppo accondiscendente, ho trovato la difficoltà e la lunghezza proprio *giuste* per me.

Lorenzo Baldo

Premio “Le parole che hanno mantecato gli zebedei”: Crafting e zombi. Perché? Ma chi diavolo l'ha detto che fare il minatore è divertente? Si spaccano la schiena decine di ore al giorno, con pala e piccone, dilaniandosi mani e braccia nel tentativo, vano, di scalfire una pietra millenaria. Costretti a scendere nelle viscere del sottosuolo, salutano l'alba e abbracciano le tenebre, senza mai conoscere la luce del giorno. Se tutto ciò vi sembra fonte d'ilarità, citofonate il più vicino psichiatra di fiducia e fatevi dare una bella registrata alle rotelle del cranio, ormai sfasate. Ma poi, triplo accidenti, è mai possibile che tutti i fornitori del mondo videoludico abbiano incrociato le braccia? Sciopero coatto, serrande abbassate, il movimento dei forconi! Costruisci tutto da solo, anche se non sei pratico di bricolage, con il primo numero di “Crafting: sembra una scocciatura. E lo è per davvero!”. Ci manca solo che i giochi di calcio introducano una modalità in cui devi cucire il pallone o rizollare, un filo d'erba alla volta, tutto il prato di San Siro.

E poi basta, finitela con questi cadaveri semoventi putrefatti: ma è mai possibile che, con tutto il bestiario presente nell'horror, si debba per forza cadere nell'ovvio e scontato? Capisco che, vista la popolarità di un famoso telefilm, si debba cavalcare l'onda, ma c'è un limite a tutto. Decine di giochi dall'identico spirito, cambia la forma ma la sostanza non muta. E ne annunciano in continuazione, sempre uguali, con il solito canovaccio piatto, sciatto e di una banalità sconcertante.

Premio “Meno male che ci sono”: Gli indie Perché? Non è tutto oro quel che luccica, ma i capolavori, pochi ma buoni, spesso hanno un respiro e un'inventiva superiori a milioni di titoli AAA, oggetto in molti casi di una palese sopravvalutazione. Il coraggio di sperimentare, presente nella scena lo-fi, sta diventando altrove merce rara.

Biagio Etna

Gioco dell'anno: Dragon's Crown Perché? Con quasi 200 ore di gioco all’attivo, due personaggi portati al livello 99 con un terzo in dirittura d’arrivo e quattro copie acquistate (digital delivery giapponese, digital delivery USA, retail USA con artbook e retail PAL con artbook, per PS Vita) Dragon’s Crown, probabilmente, è per me il gioco dell’intera generazione, oltre che del 2013.

Un gusto estetico e un character design fuori dal mondo, una caratterizzazione straordinaria e “dotta”, ancor prima che anatomicamente sopra le righe, una giocabilità che mescola ad arte pietre angolari come Golden Axe, D&D Tower of Doom, Knights of the Round, Diablo e Guardian Heroes (solo per citarne alcuni)... Dragon’s Crown, in sostanza, è un autentico capolavoro, nell’accezione più completa che potremmo dare al termine. Il gioco Vanillaware si eleva a massimo esponente del genere, a vero punto di (ri)partenza per gli action RPG bidimensionali, presentandosi come un’esperienza impagabile e imprescindibile per ogni Videogiocatore.

Premio “stercorario” 2013: The Walking Dead – Survival InstinctPerché? Per la serie: “l’hai pestata ma porta fortuna” o “dal letame crescono i fiori”, io premio The Walking Dead – Survival Instinct. Il gioco della compianta (?) Terminal Reality (ironia della sorte a partire dal nome) è sicuramente mediocre, valutandolo con asettica razionalità. Tuttavia, la struttura itinerante fatta di scelte, soste obbligate, scenari “randomici” e sopravvissuti da salvare e “usare” mi ha intrattenuto con gusto. Certo, l’ho anche pagato una manciata di euro, fattore piuttosto importante: in ogni caso, il canto dello struzzo di Terminal Reality  (non è il caso di scomodare i cigni) è più degno di attenzione di quanto la somma delle sue parti lasci intuire.

F. Mangiaracina

Gioco dell'anno: Antichamber Perché? Perché è un gioco geniale sin dal menù iniziale. Son rimasto due giorni fuori dal mondo, confinato nella sua surreale atmosfera e col cervello in un'altra dimensione – quella del gioco – fatta di astrattismo visivo e mentale. Antichamber richiede di entrare nell'ottica folle, contorta e dalle infinite sfaccettature della geometria non euclidea, che insieme allo stile grafico così lisergico, dai colori acidi in un tratto marcato e ben scandito ma soave, in un design sempre differente e fortemente caratteristico di ogni singola stanza, forma nel complesso un'esperienza straniante e rivitalizzante. Oh, basta con le minchiate, Antichamber mi è piaciuto da Dio e penso sia tra quei rarissimi videogiochi unici e irripetibili, riuscendo ad andare ben oltre i “normali” puzzle game in un tripudio di genialità ed inventiva.

Premio “C'ho troppo odio”: I non giochi/le esperienze. Perché? Perché queste definizioni hanno iniziato ad essere sempre più insopportabili e, sempre più spesso, sembra vengano usate per giustificare dei giochi con una giocabilità di merda.

A: “Ma gli enigmi di 'sto gioco fanno veramente schifo, non sono per nulla divertenti!”

B: “Ma che significa? Devi guardare gli altri contenuti, questa è arte! Non stiamo parlando di un gioco vero e proprio, io mi sono emozionato! Questo è un non gioco, anzi... È UN'ESPERIENZA!”

Sia chiaro, non ce l'ho mica contro ogni opera che venga definita un “non gioco”, ne ho pure adorati alcuni (e detestati altrettanti), ma porca miseria... Ogni videogioco può essere un'esperienza, anche bere un frappè è un'esperienza, la vogliamo finire con l'usare certe definizioni a caso come servissero ad elevare certi giochi ad uno stato superiore che spesso non si meritano? Oh!

Elena Avesani

Gioco dell'anno:Kingdom RushPerché? Nel 2013 ho giocato molto più che nel 2012, ma in modo decisamente più disordinato. Questo è il motivo per cui non riesco a focalizzare il titolo del mio gioco dell'anno. Antichamber mi è piaciuto davvero molto: ben calibrato nella difficoltà (altina), poche ore di gioco e un'ambientazione tanto fuori di testa quanto asciutta, essenziale, tutto fuorché barocca ma piena di particolari goduriosi. Se devo pensare al gioco che mi ha coinvolto di più, credo sia Gone Home. A parte il fatto che per un bug nei salvataggi l'ho dovuto ricominciare tre volte, finendolo comunque in due/tre ore, Gone Home è un "non gioco", una storia raccontata bene, un gioiellino di narrazione. Anche questo, guarda a caso, è tutto fuorché arzigogolato. Invece va dritto al punto e riesce nell'impresa catturare la mia attenzione, che purtroppo è posta su una soglia sempre più bassa e svagata. Comunque, se pensate che mi sia convertita ai giochi indie, vi sbagliate di grosso: ora mi è venuto in mente il giocone che nel 2013 mi ha fatto rivivere la foga da "mania di completamento" (cosa che qui di rado si vede, se non per i vari episodi di Mario): Kingdom Rush. Le vacanze le trascorrerò in bellezza: ho comprato un 3DS XL e sto giocando a Zelda: a Link Between Worlds (e ovviamente - perché c'è un'offerta che lo regala - a Super Mario 3D Land). Zeldino è adorabile come al solito, una roccia a cui mi appiglio volentieri in chiusura di questo 2013 indie-casual-pixel.

Mario Morandi

Gioco dell'anno: Metal Gear Rising: RevengeancePerché? 2013: un anno di grandi videogiochi e grandi fraintendimenti. Che bello essere dal lato giusto della faccenda, ossia essere pienamente consapevoli di quello che si va a giocare, con conseguente soddisfazione digito-emozionale. Il premio fedeltà in Metal Gear Rising non va agli aficionados della serie di Metal Gear Solid, i quali scapperanno via come cani bastonati. Non ditemi che vi aspettavate una continuazione di una “storia” che non è manco chiara ad Hideo Kojima, tra l’altro. Il premio fedeltà va a chi è un estimatore del made in Platinum, ex Clover Studio, di chi, come me, non comprava un videogioco al lancio dai tempi di God Hand. Solo che qui non c’è Mikami alla regia, c’è il programmatore capo di Bayonetta: ci si accontenta, dunque, ma si gode anche, e non solo così-così, come subdolamente suggerirebbe il rocker di Correggio. “Ridurre all’arcade” sembrerebbe il modo migliore di inquadrare Rising rispetto al gran bella sorellona Bayonetta. Si è dovuto stringere tutto (anche le chiappe a livello Hard, garantisco) per esigenze di produzione, ma ciò è diventato il punto di forza di un action senza fronzoli e senza mosse sgravate da privilegiare in un elenco sterminato di combinazioni. Senza una schivata da utilizzare ad oltranza per poi entrare comodamente in un Sabba Temporale a massacrare i nemici in fase letargica. La prova di forza, tempismo, intuizione, e persino di tattica di Metal Gear Rising (l’uccisione stealth non interrompe affatto il flusso dell’azione ma è anzi perfettamente integrata nella sfida di matrice ninjerella - cit.) conquista il giocatore che ha fame di lotte ipercinetiche ed è rimasto orfano dai tempi di Vanquish (sviluppato dai soliti noti, naturalmente).

Metal Gear Rising è anche un gioco che mi ha fatto capire il mio amore incondizionato verso gli hack’n’slash, accettare completamente quella parte di DNA videoludico nipponico che per forza di cose fa parte del mio patrimonio genetico. Qualunque gioco, anche bruttissimo (chi ha detto Onechambara?), in cui si va in giro ad affettare cose con la spada mi piace sicuramente. Se poi gira a bomba a 60 FPS, ci ha le animazioni folli e il nu-metal/industrial, ah, beh, come si fa a non premiarlo.

Premio “miglior gioco frainteso del 2013”: The Last of Us Perché? Frainteso dalla britannica Empire, rivista di cinema che l’ha paragonato nientemeno che a Quarto Potere di Orson Welles. Frainteso dalla stampa specializzata americana, troppo presa da questa dichiarazione d’amore videoludica al proprio paese per non etichettarlo come gioco perfetto. Frainteso dalla stampa nostrana, costretta a dare un voto più alto rispetto a quello di Uncharted 3 (quando possibile). Frainteso da chi l’ha paragonato a The Walking Dead di Telltale da un punto di vista narrativo solo per via dell’ambientazione. Frainteso infine da tutti quei videogiocatori che l’hanno giocato al lancio “per vedere se effettivamente è il gioco perfetto di cui tutti parlano”.

HARD RESET.

The Last of Us è la storia di alcuni personaggi credibili in un mondo credibile. Credibile per il fatto che siano vivi e non amino particolarmente fare cabaret come il loro cuginetto Nathan Drake. Il fatto che all’interno di un gioco, anche nelle fasi di combattimento, anche nei tanto criticati (e inutili, sì, sicuramente e certamente inutili) momenti “acchiappa la scaletta e mettila di qua”, questi personaggi continuino a sembrare vivi, non è affatto normale, in un videogioco. Non abbiamo dei robottini telecomandati, o delle action figure da snodare addosso ai nemici, ma degli esseri umani, che non picchiano in modo stiloso, borioso e arrogante, ma disperato, costretti dalla necessità; rabbioso, di quella rabbia che è necessaria per sopraffare l’avversario, perché quando rischi la vita tua e dei tuoi cari, è l’istinto animale che ha il sopravvento e può darti la scarica di adrenalina per avere la meglio.

Tutto questo è stato perfettamente comunicato dalla visione creativa di Neil Druckmann e nella direzione di Bruce Straley, responsabili di Uncharted 2, non 3. Capito, non 3, come se la cosa non si vedesse, che il terzo capitolo di Uncharted aveva ben poca voglia di comunicare qualcosa e non fosse altro che un lavoretto a modino per fare cassa. Ciononostante, magari qualcuno, ancora oggi, mi viene a dire che il director nei videogiochi non conta quanto il regista in un film. Bubbole.

Ci vogliono degli accorgimenti particolari per godersi appieno il gameplay di The Last of Us: non è stata molto felice l’idea di modificare il gioco con l’inserimento - disattivabile - del superudito, rendendolo molto più stealth e meno survival, un survival che solo a livello Difficile potrebbe forse essere considerato tale, ma che almeno pone il giocatore in una situazione di guerriglia, col fiato corto, le munizioni contate, le risorse anche. Scrivo del gameplay come se poi il tipo di narrazione fosse secondario. Tutt’altro, ma solo se ci si gode l’azione di gioco è possibile apprezzare The Last of Us anche da un punto di vista narrativo. E scoprirlo anticonvenzionale. Quella battuta a metà, quello scambio di parole accennato, quella smorfia che lascia intuire i reali pensieri di Joel, è un mondo di sottintesi inusuale per un videogioco, soprattutto di questo tipo. Non ti urleranno in faccia le emozioni di Joel, ma il giocatore le recepirà, in tutte le sue sfumature. Anche se il primo giro andrebbe fatto in lingua originale, proprio per questo motivo.

Si arriva al compimento dell’avventura con la consapevolezza di aver fatto un’esperienza finalmente seria e matura, umana, che ti fa avvertire la passione con cui è stata creata, ma soprattutto dal gusto diverso, dal ritmo diverso. Ed apprezzarne proprio la diversità e l’unicità è il minimo che possiamo fare per porre un freno ad assassini incappucciati che si aggirano da anni uguali a loro stessi - senza poi dire chissà che - nel mondo dei videogiochi.

Premio “Impara l’arte e mettila da parte”:Remember MePerché?  La recensione che appare qui su Outcast è di mio pugno, per cui vi rimando là e aggiungo “due righe” (cit.). Sia Metal Gear Rising che Remember Me sono stati offerti gratuitamente agli abbonati di PlayStation Plus nel mese di ottobre. È stato davvero un ottimo modo per far parlare i videogiocatori di questi titoli. Nel bene, nel male, nello stupore, nella delusione, nel "l’ho provato solo perché è gratis, non fa per me e quindi lo smonto”. Bene o male, l’importante è che se ne parli.

I Dontnod meritano di lavorare, di andare avanti, di mostrare al mondo una visione eurocentrica del videogioco, che solo alleandosi con il Sol Levante (il publisher è Capcom, e originariamente era Sony) è possibile offrire senza compromessi. Compromessi del tipo “vogliamo un personaggio maschile perché venderebbe di più”. No, non credo sia una questione di sessimo. Penso sia colpa del solito assassino incappucciato. Del resto, prima dell’uscita, fu spacciato agevolmente come un Assassin’s Creed nel futuro. Lo stesso vale per Watch Dogs. Ecco, ormai è arrivato il momento di smetterla di farci del male. Di smetterla di dire che Far Cry 3 è come Assassin’s Creed perché “c’ha le torri che sbloccano la mappa”, magari appunto perché è fatto da Ubisoft Montreal. La smettiamo perché, pensando di aver già capito tutto di un videogioco realmente nuovo, addirittura dal titolo nuovo, e che proprio per questo magari esce sul mercato per miracolo, poi va a finire che ci perdiamo delle esperienze che sono uniche, e non riconducibili necessariamente al già visto. A quello ci pensano già i seguiti dei rinomati franchise, i quali, vendutissimi, continueranno ad offririci a cadenza annuale le solite cose già viste e riviste. Bella roba, eh

Premio “Simpatia”:Dragon’s Dogma - Dark ArisenPerché? Uscito ad aprile, apposta per poterlo ficcare dentro in extremis tra i GOTY 2013 di Outcast. E brava Capcom, software house che fa del game tuning il suo marchio di fabbrica da tempi immemorabili. Già, perchè Dark Arisen è una versione elaborata di Dragon’s Dogma, con una modalità Difficile per chi si era reso conto della relativa facilità del gioco, quindi ottimo per una ripassata da parte di chi già l’aveva giocato in versione liscia, oltre ad aggiunte assai gradite. Tutto questo al di là dell’operazione data disk, da cui voglio distogliere l’attenzione, facendo capire che sì, ci sono una nuova grande area e dei nuovi mostri (praticamente tutti dei reskin, poco male), ma il tutto è stato confezionato con attenzione e dedizione, compiacendo sia i giocatori veterani che i novizi.

Perché giocare a Dragon’s Dogma? Perché è rilassante, spazioso, giocabile, spensierato, potente nella sua messa in scena, adorabile nella rappresentazione virtuale di un paesaggio naturalistico e di tutte le creature che lo abitano. Erede spirituale di The Kings of Dragons e di tutti i beat’em up fantasy anni Novanta targati Capcom, a cui manca “solo” una modalità cooperativa online. E allora attenderemo speranzosi Deep Down su PS4.

Premio “Ho rotto il cazzo ad Andrea Maderna con le mie aggiunte all’ultimo minuto ai GOTY 2013 ma mi sono dimenticato che quest’anno è uscito pure”: Dragon’s Crown Perché? Come perché, non vi sembra il sogno bagnato dei nerd che smanettavano in sala giochi con D&D Shadow over Mystara e Tower of Doom, a distanza di una buona quindicina d’anni, con tutte le chicche di design lustra-occhi e lustra-polpastrelli messe sul piatto dall’ammmore di mamma Vanillaware? Ogni aspetto di gioco è splendidamente curato, profondo, appassionante ed accattivante. Se poi mi si cita pure Monty Python and the Holy Grail, siamo alla multiculturalità catafratta e sibaritica, citando un noto critico d’arte.

Insomma, un gioco da giocare a bocca aperta, nel quale ancora la fantasia c’è e prende vita tra colori, luci, suoni e le fantastiche musiche di Hitoshi Sakimoto. Se non sapevate chi fosse, per punizione dovrete giocare a Radiant Silvergun, Vagrant Story, Final Fantasy Tactics e Final Fantasy XII. Contemporaneamente.