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Pathfinder: Kingmaker - Il trionfo dei bug

Non mi capita spesso di provare sincera irritazione per un gioco. Nel caso di Pathfinder: Kingmaker, siamo ben oltre l’irritazione, siamo all’incazzatura pura e semplice. Dopo centoventi ore di gioco. E dopo che ho amato odiare, o odiato amare, questa incarnazione del gioco di ruolo cartaceo che, a modo suo, è la più fedele incarnazione digitale di un regolamento pensato per carta e penna.

Il problema? Il problema è che il dungeon master era un incapace che non conosceva le regole e faceva casini, visto l’ammontare di errori e bug che hanno tormentato la mia partita (e tante altre, a quanto leggo online). Le mie prime venti ore di gioco sono andate in fumo perché il personaggio che avevo ideato non funzionava (per un bug). Durante lo svolgimento della partita, mi sono ritrovato a scontrarmi con: crash inevitabili che hanno rischiato di corrompere il mio salvataggio; abilità che non funzionavano; impossibilità a salire di livello; aggiornamenti caricati male su Steam, che hanno impedito a tutti i videogiocatori su Windows (su Mac e Linux questo problema non si è presentato) di giocare fino alla patch successiva.

Sembrerebbe il peggio, ma non è così. Mi sono ritrovato a dover modificare un file di gioco perché, a causa di una svista (risolta con la versione 1.09c, parrebbe), Pathfinder: Kingmaker faceva fallire la partita per distruzione del regno, evitabile solo completando una ricerca che, per motivi di tempo, poteva finire dopo il fallimento stesso. Si, è brutto esattamente come sembra. Nelle ultime ore di gioco, poi, mi sono ritrovato a veder sparire tutte le competenze nell’uso delle armi del mio personaggio principale a causa di un ennesimo bug, causato dal lancio di un incantesimo (Trasformazione, per chi è curioso).

Non trovavo un simile caos di malfunzionamenti e problemi dai tempi della versione d’uscita di Master of Magic.

Detto questo… escludendo il (grande) difetto dei bug, il gioco si è rivelato essere anche migliore di quanto pensassi. La libertà lasciata al giocatore è enorme, così come la possibilità di personalizzare il livello di difficoltà e il tipo di partita che si desidera. L’implementazione delle regole di Pathfinder, quando tutto ha funzionato bene, era un vero piacere. In altre parole, non ho nessun problema ad affermare che Pathfinder: Kingmaker sia realmente la rappresentazione su computer più fedele di qualsiasi gioco di ruolo cartaceo mai uscito, e metto nel gruppo anche Neverwinter Nights e Baldur’s Gate (sottolineo che parlo di implementazione di regole, non di qualità generale del gioco).

All’inizio della mia partita, per altro, avevo qualche dubbio per quel che riguardava la trama. Li per li, nelle fasi iniziali, mi sembrava un po’ troppo semplice, poco profonda, ma in realtà, scavando più a fondo e raggiungendo le fasi avanzate, tutti gli intrighi e la qualità promesse sono emersi e posso affermare che il crescendo di epicità si percepisce nettamente. Va però detto che è concentrato quasi interamente nelle fasi finali di gioco, direi l’ultimo terzo della partita, mentre per tutta una buona prima parte, la trama si mantiene piuttosto basilare, apparentemente banale e poco coinvolgente. Momenti assolutamente esaltanti sono presenti e si può ringraziare per questo, probabilmente, la supervisione di Chris Avellone, che ha rivisto dialoghi e testi del gioco.

Molto interessante anche la gestione del regno, praticamente un gestionale semplificato nascosto in un gioco di ruolo classico. Si possono svolgere incarichi, nominare consiglieri e, in linea generale, si può affrontare una variegata tipologia di problematiche che possono svilupparsi durante la gestione di un regno. Impegnarsi in questa fase non è fine a se stesso, dato che la qualità del proprio governo è direttamente legata ad eventi di gioco e a bonus che possono presentarsi nel corso di quest più o meno avanzate. Da questo punto di vista, ci tengo a riconoscere che è uno dei pochi giochi che tengono davvero in conto le scelte e le parole del personaggio, presentando il conto al giocatore anche dopo ore, qualcosa in cui finora l’eccellenza era appartenuta solo a The Witcher. Pathfinder, forse, non raggiunge le vette del gioco polacco ma ha dei modi molto interessanti e piacevoli di mostrare al giocatore le conseguenze delle sue azioni. Inutile dire che questo è un pregio innegabile, che aumenta molto l’immersione nel mondo di gioco.

Dal punto di vista del gioco vero e proprio, Pathfinder: Kingmaker è un tipico GdR con visuale isometrica, in cui si controlla un party di sei personaggi con la possibilità di attivare una pausa tattica durante i combattimenti, che altrimenti procedono in tempo reale. Apprezzabile, peraltro, la complessità degli scontri, che spesso e volentieri richiede un posizionamento preciso della squadra di sei eroi e l’uso intelligente delle abilità speciali, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti. I dialoghi sono ovviamente a scelta multipla, spesso e volentieri influenzati da svariate abilità (non solo persuasione) e caratterizzati per molti tipi di allineamenti differenti. La possibilità di interpretare un personaggio relativamente complesso è senza dubbio presente e spesso e volentieri è possibile trovare la frase perfetta per il tipo di carattere che si ha in mente.

Le quest mantengono il livello di complessità generale del resto del gioco e sono spesso risolvibili in svariati modi che non si riducono sempre al semplice contrasto tra bene e male, ma offrono anche svariate sfumature e talvolta degli interessanti colpi di scena. Sulle missioni in sé, devo segnalare una particolarità di questo Pathfinder: molte sono a tempo e, se le si ignora, falliscono. La cosa potrebbe essere vista come frustrante per alcuni giocatori, ma è una caratteristica preponderante di questo gioco di ruolo. Se a questo si aggiunge la considerazione sulle conseguenze fatta sopra, diventa chiaro che non conviene abbandonare o non accompagnare i personaggi secondari nelle loro missioni.

Parlando infine dei personaggi secondari, diciamo che sono quasi tutti ben caratterizzati. Non sono forse tutti ben riusciti e alcuni si avvicinano un po’ troppo ad essere uno stereotipo, ma in generale si tratta di compagni ben scritti, con una loro evoluzione durante la partita che li potrebbe anche portare a cambiare.

In definitiva, Pathfinder: Kingmaker è uno dei giochi di ruolo più complessi mai usciti. La quest principale richiede tranquillamente anche un’ottantina di ore per essere completata e, se ci si prende il proprio tempo, si possono tranquillamente superare le cento ore di gioco complessive. Dungeon ben pensati e arzigogolati, alcuni enigmi e situazioni complesse accompagnano il giocatore e rendono più che altro un vero peccato che tutto sia rovinato dai bug.

Il mio consiglio? È un gioco immancabile nella collezione di un amante dei GdR… ma solo quando gli sviluppatori avranno risolto i bug principali. In altre parole, suggerirei a chi fosse in dubbio di aspettare almeno un paio di mesi prima di acquistare il gioco. Allo stato attuale sono ancora presenti troppi problemi e bug. Nel mio caso, fortunatamente, ho potuto tenere impugnato lo spadone a due mani che il mio personaggio sapeva utilizzare, altrimenti avrei dovuto abbandonare la partita poco prima della fine, senza contare il fatto che ho dovuto modificare file di gioco per evitare una situazione senza via di uscita, che non dipendeva dalle mie azioni e di cui non avevo colpa. Insomma, il mio è un Frechete in prospettiva.

Ho ricevuto un codice Steam dal distributore italiano. Ho giocato per venti ore circa con un primo personaggio, prima di dover rinunciare a causa di poteri e abilità che non funzionavano e ho dovuto riprendere da zero cambiando classe e capacità dell’eroe. Ho terminato l’avventura dopo un periodo di gioco totale di centodiciannove ore indicate dal timer di Steam. Pathfinder: Kingmaker è disponibile solo su PC.