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Racconti dall'ospizio #17: L'ultima onda

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

20 Marzo 2015. Prima sera di primavera. Interno. Salotto di in una villa isolata sui colli bolognesi. Alberto, 55 anni, e sua moglie Patrizia, 50. Lui: bruno, non altissimo, un po' sovrappeso, gli daresti più o meno l'età che ha. Lei, bionda, più alta di lui, sembra più giovane, ma il fisico fin troppo tonico tradisce un accanimento in palestra volto a ottenere questo effetto.

Patrizia sta accocolata a un angolo del grande divano. Legge la rivista "New Ages". Lui, all'altro angolo, è seduto chino in avanti su un Nintendo 3DS. Per un po', solo il fruscio delle pagine della rivista di Patrizia sfiora di tanto in tanto il silenzio. A un certo punto, però, si cominciano a sentire i suoni di sistema del 3DS: Alberto ha alzato il volume.

PAT: (senza alzare lo sguardo, con tono di rimprovero)  Oii...

ALB: (tra il sorpreso e il seccato)"Oii" cosa.

PAT: Oi cos'è quel zavaglio.

ALB: E aspetta un attimo, no?

PAT: Sembri Cinzia quando ascolta le suonerie del cell a pranzo.

ALB: E tu sembri Tommy quando sbuffa perché litighiamo che non riesce a studiare.

PAT: Bona lè, mettiti le cuffie, per una sera che siamo soli e possiamo farci gli affari nostri in santa pace ti metti a...

ALB: (forzando platealmente un tono divertito) Soccia, gli affari "nostri?" Tu stai là con quella rivista per polli mentre io stavo solo...

PAT: ... mentre tu sei ancora là coi giochini come trent'anni fa. Da che pulpito.

ALB: (sospira rassegnato) Vabbe' niente. Volevo solo farti sentire una roba, magari così non erano i fatti tuoi e i fatti miei ma... i nostri, per una volta.

PAT: (si solleva dalla posizione in cui si trova e lancia con stizza la rivista sul tavolo; subito dopo inspira profondamente cercando di calmarsi e assumendo una posizione a schiena diritta). Mah... ma no, è che non devo fare troppo pilates la sera. Invece di sciogliermi, mi lascia tesa, nervosa. Forse dovrei riprendere a fare kundalini yoga, invece. Onnnnnng... Namooo... Guru Deeeev... Namooo..

Mentre Patrizia prosegue l'esercizio di respirazione, Alberto ha abbassato il volume e sta smanettando sul 3DS. A un certo punto, soddisfatto, alza il volume al massimo. A Patrizia basta una frazione di secondo per riconoscere l'incipit di

PAT: Ah. Adesso ho capito cos'era tutta 'sta manfrina. Vecchio romanticone.

ALB: Eh eh. Vedi che basta aver un attimo di pazienza e...

PAT: Sì, ma adesso lasciamela ascoltare.

ALB: No, non hai capito. Non è solo da ascoltare, sennò te la facevo sentire con l’iPhone! È da giocare!

PAT: Ah, lo hanno fatto uscire anche sul Nintendo di Tommy?

ALB: Sì, che si chiama 3DS, comunque. Non "Nintendo di Tommy".

PAT: Vabun, tanto sarà solo una nuova riproposizione. Dobbiamo anche lasciarci il passato alle spalle, Alberto. Anche perché non ci danno più il becco di un quattrino per quella roba, lo sai.

ALB: Soccia Patrizia come sei. E goditi un attimo di gloria, no? Quante persone possono dire "siamo noi i protagonisti di Out Run"?

PAT: Aiò Capè, ma son passati quasi trent'anni. E ogni tot lo sai che lo rifanno, Out Run. Sai che novità. Oramai nemmeno i nostri amici si voltano più, quando succede. Non una telefonata. Nemmeno quella volta che uscimmo sull'Uranus. Ci restai così male.

ALB: Saturn, Patrizia. Saturn. Ma poi quali "amici"? Non abbiamo praticamente più amici...

PAT: (sospira). Albi, ma come è successo? Eravamo giovani, belli come il sole, popolari, ricchi...

ALB: ... be', ricchi lo siamo ancora se è per quello, ma...

PAT: Saltavamo da una festa all'altra. O meglio: ovunque arrivassimo con la Testarossa cabrio era una festa. La creavamo noi. Eravamo benvoluti.

ALB: (dopo un attimo di silenzio) Erano gli anni Ottanta, Pat. Vestirsi con colori sgargianti era normale. Essere ricchi sembrava alla portata di tutti, bastava aver un po' di pazienza. Chiaro che non era vero - senza papà col piffero che mi compravo un Testarossa a 25 anni. Ma erano anni in cui tutti volevamo sentire solo dolcissime bugie.

PAT: A ben ben che poeta che sei quando vuoi!  Dov'è che l'avevamo incontrato il Suzuki?

ALB: Ma che hai l'alzheimer? In America durante il Coast to Coast!

PAT: E grazie al, Albiii! Intendo dove, durante il Coast to Coast. Mettitelo in testa che il rincoglionito tra i due sei tu se pensi che mi dimentico il nostro viaggio americano in Ferrari!

ALB: (sconsolatamente autocritico) mi sa che hai ragione te, sai... sono alla frutta. Questi incontri col commercialista mi distruggono peggio che a te il pilates.

PAT: Eh, dagli USA all'IMU... così ci siam ridotti!

(ridacchiano complici)

ALB: Credo fossimo in Oklahoma, non abbastanza vicino a Tulsa e con l'auto in panne. Era più o meno nel mezzo del viaggio. Ricordi che faccia che ha fatto il Suzuki quando ci ha visto? Due sbarbi e una Ferrari Testarossa che non vuol ripartire... con te che ce la metti tutta per attirare l'attenzione degli automobilisti...

PAT: … che di bellezza gli americani non capiscono niente, chi si va a fermare? Un giapponese! Be', il Suzuki sì che di donne e motori se ne intende!

ALB: Ci è andata di sghetto. Il suo pessimo inglese. Il nostro pessimo inglese. Ma poi quando ha capito che conoscevo il suo gioco della moto (Hang-On, ndA), come è diventato raggiante. Ci siamo intesi. Motori italiani e motori giapponesi che si stringono i pistoni in segno di reciproca stima. Mi è sembrato che il mondo fosse una cosa sola. Era bellissimo. Altro che tutte quelle pugnette sulla globalizzazione che son venute dopo.

PAT: E dopo averci aiutato, la sera a cena all'hotel, quella sua idea assurda... "Perché non diventate voi i protagonisti del gioco?"

ALB: Certo che sembrava davvero scritto nelle stelle, come la canzone del Sorrenti.

PAT: Quante riprese ci ha fatto, seguendoci da dietro con quell'auto a noleggio e quella videocamera che oggi diresti ingombrantissima. Ci guardavano tutti. E mi piaceva. Non era più solo "guarda quelli in Ferrari", era "guarda quelli in Ferrari che girano un film!”

ALB: E invece stavamo girando un videogioco. Il gioco di guida più bello della storia dei videogiochi. Magari ne sono usciti altri molto più realistici. Ma il nostro resta unico, e scusami se è poco. Ma l'avevo capito subito, quando son tornato a Bologna. Lo raccontavo, e tutti i cinni della sala giochi mi davano del cioccapiatti.

PAT: Le facce che han fatto quando poi Out Run è arrivato in sala! La prima ad averlo è stata il Galaxy, sì?

ALB: Sì, sì! Dove ci siamo conosciuti. Soccia se eri gnocca.

PAT: E tu si capiva che eri pieno di pilla, ma almeno non eri incartolato.

ALB: Tu che giravi con quei fagiani... se ci penso avrei fatto meglio a lasciarti là!

(everybody laughs)

PAT: See, e intanto il giorno dopo ti sei presentato davanti al Centro Giochi Galaxy sgommando con il tuo ferro di primissima. Che spanizzo. Ma ti rendi conto che è un miracolo che i maragli della sala non ti hanno fatto nero? O peggio, ti facevano nera la Testarossa...

ALB: ... che poi diventava Testanera.

PAT: Sorbole che battutona anni Ottanta... per fortuna che il Suzuki non poteva cogliere il tuo senso dell’umorismo, sennò ci mollava alla prima gas station e sayonara, Out Run!

ALB: Ahah, ma figurati, era preso benissimo. E poi negli anni Ottanta si poteva, si doveva fare. Tutto merito di Jerry Calà, soc’mel se era divertente!

PAT: Albi, ma rincoglionimento e battute anni Ottanta e Jerry Calà a parte, secondo te è vero che siamo stupidi?

ALB: Oh, ancora con questa storia. Ci sei rimasta sotto con gli anni Novanta, te.

PAT: Albi, dai, di colpo siamo diventati i nemici. I superficiali. Quelli senza valori, quelli da non invidiare ma da disprezzare. Ti ricordi quella volta delle uova sul parabrezza che ci han tirato a porta Saragozza?

ALB: Ringrazia i centri sociali che son diventati di moda. Ringrazia il rap, il grunge, tutto quel rusco che ha riempito la testa dei fuorisede. Perché è tutta colpa dei fuorisede, che il polleggio non sanno cosa sia. Sempre lì con quella cartola un po' incazzata, sempre lì a farsi le pugnette. Ma anche tutti i tarazzi coi SUV. Preferisco i maragli, guarda.

PAT: Che poi cosa credevano di combinare, con tutto quello studio. Ma ti ricordi tutto quel viaggio di Scienze della Comunicazione di Umberto Eco? Se solo avesse continuato a scrivere romanzi come Il nome della rosa...

ALB: Che io sappia ha continuato. Ma vedi cos'è? E' che tutto era più pop, negli anni Ottanta. Era più pop Eco, erano più pop i ricchi, erano più pop i poveri...

PAT: ... erano più pop i Ricchi e Poveri. Scusa, ma me l'hai messa in bocca.

ALB: Soccia quanto tempo...

PAT: Quanto tempo cosa?

ALB: Che non te la metto in bocca.

PAT: Che schifo che fai Albi. Come ammazzare qualsiasi ormone.

ALB: E dove sarebbe, il tuo ormone? Mi sa che se l'è mangiato il Kundalini.

PAT: O forse ho cominciato a praticare il Kundalini proprio per darmi uno spessore, per non essere più bollata come "quella superficiale".

ALB: Ma "bollata" da chi? Che coi figli, con la Finanza, con quello scandalo della corruzione e con le fughe all'estero non è rimasto più nessuno, a "bollarci". Sono anche finiti i Novanta... e i Zero Zero che io non ci ho capito nemmeno nulla, che dovevamo anche noi stare appresso a Cinzia e Tommy. So solo che che la fecola è tornata alla grande.

PAT: (continuando tra sé e sé)... forse bollata da... me stessa?

(per un po', entrambi restano assorti ciascuno nei propri pensieri. La traccia che sta suonando, Splash Wave, giunge al termine. Il silenzio, se possibile, stride con le loro elucubrazioni mentali anche più del tema musicale appena conclusosi)

PAT: (schiarendosi la voce) Be', me lo fai provare?

ALB: (risvegliandosi dal discutibile assortimento dei suoi pensieri) Ah, credevo che non me lo avresti mai chiesto.

PAT: (prendendo la console) Ah ma non si vede...

ALB: Speeet, mettiti bene, così, è 3D, vedi ora (si sposta a fianco di Patrizia)?

PAT: Sorbole, sembra di entrare dentro, ma... il gioco è diverso? Sembra prendere più velocità...

ALB: Me l’ha spiegato Tommy per filo e per segno, ora non è che te lo so spiegare, è una roba tipo l’HD, solo che non è più definito, è più fluido

(Alberto cerca di spiegare con parole sue che, rispetto al coin-op che andava a 30 fotogrammi al secondo, su 3DS il gioco sfreccia a 60 fotogrammi, pur restando emulato, grazie a un algoritmo di interpolazione dinamica predittiva che disegna in tempo reale i fotogrammi intermedi, non dissimile da quanto visto su Saturn, ma molto più evoluto)

PAT: Ah sì, non starmi a spiegare nei dettagli, a me basta che sia più bello. O che sia bello come me lo ricordavo, cioè probabilmente più bello di quanto non fosse, sai come diventano imbattibili certi ricordi… dov’è il cambio?

ALB: Devi premere il tastino di lato, qui… così…

(sovrappone le sue mani a quelle della moglie)

PAT: (giocosa) Sorbole sei sempre lo stesso marpione! Guarda che mica siamo in sala giochi! E siamo anche sposati da un bel pezzo!

ALB: Mo lasciati andare, su… guarda dove ti ho portato, la spiaggia, le palme, la strada che sfreccia...

PAT:... e quel patachino cos’è? Quello al posto del cavallino rampante!!!

ALB: Eh, Tommy mi ha detto che non possono più usare il marchio Ferrari, quelli della SEGA. Non sono più sboroni come una volta. Non c’è nemmeno più il Suzuki, sai? Si è messo in proprio.

PAT: Ah sì? CHECKPOINT! Guarda, son già al secondo muro!

ALB: See, facile, hai preso il bivio a destra.

(Patrizia si schianta)

ALB: Ah ah! Che busso! Eccola, donna al volante! Vuoi gli aiutini?

PAT: Ecco perché non sono mai stata una giocatrice, perché ci sei sempre stato tu a zagnare i maroni! Ma giocatelo tu, con gli aiutini!

ALB: Dai che scherzo, non ti incazzare su, guarda che sono una bazza, gli aiutini di ‘sta versione! Guarda, puoi migliorare la tenuta di strada, la resistenza agli urti, e anche andare fino a 350 kilometri all’ora con uno sterzo migliorato!

PAT: Se’, ma cambiano anche le auto! I colori! Dov’è l’amore per la Ferrari?

ALB: Soccia che brutta roba la vecchiaia, e prova a giocare un po’!

PAT: Ma no, lasciamo perdere, che mi porti solo una gran iazza te. Mi ascolto le musiche, quelle sì. Ma…hanno anche aggiunto due pezzi all’autoradio? (Cruising Line e Camino a Mio Amor, entrambi composti appositamente per l’occasione sull’hardware audio originale di Out Run, ndA)

PAT: (si rilassa lasciandosi andare all’indietro sul divano) Ecco, questi mi piacciono. Sembrano belli come quelli vecchi, ma non sanno di falso, sono freschi.

ALB: Sai cosa mi ricordano? Quei 33 giri giapponesi che ci aveva spedito il Suzuki, quelli di quel tipo col nome impronunciabile (Naoya Matsuoka, de facto l’inventore della “fusion estiva” che caratterizza la soundtrack creata da Hiro per Out Run, ndA)

PAT: Però vedi.

ALB: Vedi che.

PAT: Che torniamo sempre là. A Out Run. Come se non avessimo fatto altro nella vita. Che poi siamo solo due figuranti, il resto è tutto merito del Suzuki, della Testarossa, di un branco di giapponesi scoppiati e del Coast to Coast.

ALB: Ma a che ti servono tutto quel Kundalini e tutto quel Pilates se poi non riesci mai a smollarti?

PAT: A smollarmi. Se riuscivo a smollarmi mica li andavo a fare, scusa. La vita è ricerca. Mica tornare sempre a guardare al passato.

ALB: Ma sei proprio tu che ti metti sulla linea del traguardo raggiunto e guardi indietro, non capisci? Io se penso a Out Run mi rivedo lì, sulla Testarossa, mentre vado, e tu sei a fianco, e tutto è nuovo, è eccitante, è il futuro, che poi è un futuro che si sa che non esiste, è il futuro che può esistere solo in un ricordo passato. Un bel ricordo è come un diamante, che lo ruoti lentamente e sembra che tutto si muova e cambi costantemente forma. Una cosa viva.

PAT: Soccia che poeta. Guarda che tu da copione sei solo un figlio di papà pilloso ,imbolsito e forse anche un po’ stupidotto.

ALB: Forse. Ma forse no. Chi lo dice, scusa. Mica nei videogiochi vedi cosa passa per la testa dei protagonisti. Nemmeno tu sei la bionda stagionata e superficiale che da sempre hai paura d’essere. Per me, che poi son quello che ti ha sposato, qualcosa vorrà dire.

PAT: Ma negli anni Novanta...

ALB: E andiamo avanti, come dici tu, no? Anni Ottanta, finiti. Anni Novanta, pure, e per fortuna. Riga. Dai.

(fa partire un brano sul 3DS, spalanca le braccia verso la moglie)

PAT: Birichino. Di tutti i futuri che avrei immaginato, non ce n’era uno in cui qualcuno mi faceva una serenata col videogiochi… e non è nemmeno male.

(abbraccia Alberto. Restano per un po’ così)

ALB: Perché è il nostro futuro. Parte dal nostro passato, ha preso i bivi che ha preso, e ora siamo qua. Poteva essere un percorso più facile, poteva essere un percorso più difficile, e chissà come diventerà andando avanti.

(abbassa le mani sui fianchi di Patrizia, con fare inequivocabile)

PAT: Mmh… Non metterti strane idee in testa, che le due belve potrebbero rincasare da un momento all’altro...

ALB: Da un momento all’altro di domani mattina, tipo per colazione, dai.

PAT: Dai?

ALB: Dai.

PAT: E Out Run?

ALB: E Out Run è la storia di un tipo e una tipa, e si amano e viaggiano per il solo gusto di farlo, senza troppe spugnette, senza pensare a cosa c’è dopo il traguardo, anzi, senza nemmeno pensare al traguardo.

PAT: Per il gusto di farlo.

ALB: Per il gusto di farlo.

[Alberto spegne la luce, mentre la Last Wave, in sottofondo, continua a scrosciare].