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Racconti dall'ospizio #194 - Revelations: Persona è un JRPG per dandy

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Quest’ospizio è un po’ diverso dagli altri, o quantomeno è quel che mi viene da pensare nel momento in cui lo scrivo. Non tanto per la forma o l’esperienza personale che ne definiscono i contorni, quelle sono caratteristiche sempre differenti per ognuno di noi. Il fatto è che Revelations: Persona, nei miei ricordi, incarna una delle caratteristiche più nefaste di questo medium: il mancato rispetto dell’opera originale in fase di adattamento. La coerenza dell’articolo, tuttavia, sta nell’autentico amore che ho nutrito per il remake del gioco, fruito sulla mia cara PSP, una pubblicazione che mi ha permesso di apprezzare e conoscere nella sua forma più pura l’affascinante universo allestito da Atlus.

Il mostro-cesso tende a catturare l’attenzione ma, pur se acerbo, il design generale è gradevole.

Più che un elogio a Revelation: Persona, quindi, questo pezzo è un sorta di ammonimento alle continue censure che un tempo funestavano quasi tutti i tipi di intrattenimento mediale. Non che oggi vada poi così meglio, ma prima le cose erano decisamente più eclatanti. La mia conoscenza di Persona nasce, come detto, grazie al suo remake su PSP; ed è quest'ultima che può considerarsi l’esperienza più coerente e autentica del gioco Atlus, pregna di tutte quelle caratteristiche che ne hanno fatto un piccolo classico. Elementi ludici presenti anche nella tamarrata per PS1, sia chiaro, ma che non combaciavano con l’agghiacciante rimestone di nomi, pelli schiarite (e scurite!) o luoghi occidentalizzati per l’occasione.

Un'altra cosa buffa è che grazie al remake per PSP fui spinto a recuperare la nefasta versione PlayStation, in preda a un delirio inquisitorio che mi avrebbe portato ad estrapolare ogni minima differenza tra i due software per stigmatizzarne lo stupro. In versione “diecimila dal marocco” (a fine generazione, anch’io cedetti al lato oscuro del bucaniere), mi accaparrai un titolo che altrimenti non avrei toccato nemmeno con un bastone. Ma la mia psicosi filologica ebbe il sopravvento.

In un certo qual modo, l’operazione di inserimento del primo Persona nella PlayStation Classic ha un sua logica perversa: pur di presentare in catalogo un nome di richiamo, Sony non si è fatta problemi a includere un JRPG mai arrivato in Europa. Ironico, perché in tal modo abbiamo la versione USA del gioco, adattata in stile È quasi magia Johnny, e un bel pacco di titoli in versione PAL che girano a 50hz, con tanto di luttuose bande nere. Mesto.

Ciononostante, Revelations: Persona rimane un confetto, un dolcino da sgranocchiare sotto le coperte, un tesoro prezioso per tutta quella classe di sotto-nerd (quindi la nicchia della nicchia, in pratica una setta) che ne esaltava le gustose peculiarità. La vita scolastica legata a doppio filo con quella della realtà alternativa, le debolezze ben tratteggiate dei mostri e non ultima la possibilità di stabilire con loro un contatto, anche verbale quando possibile, suscitando di volta in volta interesse, curiosità, indifferenza o rabbia. Un’atmosfera tra il soft horror e la commedia adolescenziale tratteggiava i contorni di una narrazione intrigante e un’introspezione fascinosa di tutti i protagonisti. La direzione artistica, che avvicinava il gioco al più stiloso tra gli anime, era solo la ciliegina sulla torta.

La prima Velvet Room, in tutto il suo twinpeaksoso citazionismo.

Ma tornando alla consolina Sony, il Revelations: Persona presente su PlayStation Classic può considerarsi degno di considerazione? Chi non ha una PSP e non ama i giochi di ruolo nipponici, probabilmente, non è nemmeno arrivato alla fine di questo articolo: in ogni caso, anche qui vige la regola del “meglio di niente”, soprattutto se non avete voglia, tempo e denaro per cercare il *vero* Persona. Una regola assai triste che, nel peggiore degli scenari, vi metterà nei panni di pallidissimi e biondissimi giovanotti occidentali, in fighissime ambientazioni yankee ma col rapper di colore che saprà deliziarvi col suo slang. YO!

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a PlayStation Classic e alla prima PlayStation, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.