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Racconti dall’ospizio #19 - Shenmue: perché l'anima non invecchia mai

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Shenmue. Perché dopo l'annuncio tellurico del Kickstarter di Shenmue III vedo la gente che esce dal torpore e chiede se è il caso di giocare ai primi due. Se avete gridato allo scandalo, tranquilli: questa è una lettura anche e soprattutto per voi.

Se invece Shenmue lo conoscete solo di nome, nonostante l'informazione dilagante e YouTube in tasca, è bene che sappiate che si tratta di una storia. Una storia interattiva che ricorda molto da vicino più un manga in movimento che un film. "Allora è un anime interattivo", direte voi. Non proprio: ho utilizzato tale espressione volontariamente, convinto di non dover spiegare a voi, astuti lettori, le sottigliezze che stanno dietro alla mia scelta. Sottigliezze che bisogna saper cogliere e comprendere per apprezzare questo videogioco narrativo d'antologia.

Come arrivai al Dreamcast? In ritardo, come tanti. Avevo i soldi? No. Usciva ancora roba buona per PlayStation fino al 2000? Sì. E allora daje de PlayStation. E poi arriva PS2, anche se la salto: a parte Metal Gear Solid 2 non mi entusiasma l'offerta ludica. Io mi do all'emulazione e recupero i 16-32 bit su PC, ma anche MAME, giochi cult per PC che non avevo mai potuto giocare prima, eccetera. Ma frequentando il sito e il forum dell'allora Retrogaming.it (oggi ProjectFirestart) buttavo l'occhietto nella sezione Dreamcast. Shenmue: sapevo di doverlo giocare. Ma serviva un Dreamcast. Lavoravo part-time e pagavo l'affitto. Li hai i soldi? No.

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Poi arriva la notizia che il Dreamcast è emulabile. Chankast, questo il nome dell'emulatore da provare prima di subito con una ISO del primo disco di Shenmue. E l'introduzione parte. Rallenta ma parte. I capelli di Ryo sono semitraspartenti ma gira. Poi Ryo sogna. E la musica non parte. Giro per casa Hazuki, già beandomi di tutto ciò. "Non posso giocarlo così" continuavo a ripetermi. "Non posso". Non era solo la sofferenza per il framerate. Ai tempi ero molto tollerante su certe questioni tecniche, fu più una questione etica: dopotutto un capolavoro simile, che si riconosce dalla prima sequenza, non lo si gioca così. È un affronto a cotanta bellezza.

Così le mie ricerche si intensificarono, e fu così che arrivai, a giugno 2005, esattamente dieci anni or sono, ad acquistare un Dreamcast di seconda mano completissimo, probabilmente il miglior acquisto di usato videoludico mai fatto. E sì, con Shenmue ORIGINALE. I brividi, i brividi nelle vene prima di tirarlo fuori dal faldone (sì: dischi originali e copiati messi in un faldone di plastica), non per primo, no, prima ci stava un Crazy Taxy, un Soul Calibur, un Jet Set Radio, un Virtua Tennis, un Sega Rally 2...

Dopo tanti assaggi succulenti, era dunque il momento di arrivare alla portata principale. Eccolo lì: vedo un disco, Shenmue Passport. Cos'è? Qualcosa di extra, presumo. Ecco che parte un video di presentazione fantastico. Non solo, ci sono i modelli dei visi dei peesonaggi principali high-poly che ti parlano. Resto senza parole, rapito da tutta questa magia fatta di suggestioni, musiche, colori, come se contemplassi un dipinto accompagnato da una melodiosa orchestra. E nel menu vedo delle opzioni per connettersi a una rete di cui non esiste più un server. E allora si comincia...

Shenmue. La sensazione che ebbi una volta finito fu: "non è finito, non può finire così, non può essere così corto, no!". Nonostante sapessi benissimo che Ryo non ci sarebbe arrivato in Cina fino al secondo capitolo. "Ma forse almeno all'inizio sì...". Pensieri agitati che mi tormentavano nella fase finale.

"Ma Ryo non picchiava anche? Quando si picchia?" Pensai invece durante le prime ore. Eh sì, ché mica Shenmue parte con le scazzottate, anzi. C'è una fase di coinvolgimento sempre più profonda nelle prime ore di gioco, indispensabile per vivere da cittadino la piccola Yokosuka degli anni Ottanta. Sei un detective fai da te, spinto dalla sete di vendetta. Ciononostante, sembri anche un po' tardo. Ma la dabbenaggine di Ryo ha un senso, che poi è lo stesso del mutismo di Link e Samus Aran: Ryo sta in disparte, e le emozioni sono soprattutto del giocatore, attore e spettatore. Ed eccolo là, quando meno te lo aspetti, il QTE. E più tardi ancora, quando quasi pensai di essermi sbagliato sull'esistenza di combattimenti in real time in Shenmue (ricordate che YouTube non esisteva e i giochi di qualche anno prima non se li filava nessuno), arriva anche il momento di menare le mani. E l'emozionometro arriva dalle parti di Bruce Lee in L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente: è a Virtua Fighter che sto giocando? E le mosse, sì, le mosse vanno imparate con le pergamene e cavolo, GLI EFFETTI SONORI, che ricordano i blocchi di poligoni flat-shaded che cozzavano uno con l'altro nel 1993, in sala giochi. Jacky, Sarah, Pai, Kage, Lau, Akira... Ryo è Akira e Lau è Lan Di, ma non si dice. Lo si capisce.

I Quick Time Event: evoluzione delle semplici meccaniche dei laser game, poi ripresi di frequente in un numerose grosse produzioni (ciao David Cage).

Il meteo. Puoi telefonare per sapere le previsioni del meteo. Il tempo atmosferico che davvero ci fu in quella prefettura in quei mesi. Perché ci sono quasi quattro mesi per portare a termine la nostra missione. E quindi due stagioni. Neve che cade. Ciliegi in fiore. Cala la notte, con una musica e un tocco registico commovente. È magia. E i personaggi. I personaggi ma anche i singoli cittadini. Ehi, io la conosco quella. Certo, alle 18 torna da lavoro. E tutti parlano. Tutti dicono qualcosa. TUTTI. Lo sapete vero che nel 2000 un gioco così pieno di voci era incredibile? Lo sapevate vero che il primo prototipo di Shenmue era stato creato per Saturn? Meraviglia. Meraviglia delle meraviglie, un uomo che ha un'idea e dieci, cento, mille braccia lavorano per dare vita a questa visione e renderla possibile. Le inutili quanto pazzesche macchinette di collezionabili, le bibite da deglutire, la sala giochi con Space Harrier GIOCABILE, il Saturn nel comodino che...

Basta. Troppi ricordi. Il muletto, sì, il muletto. Prima le gare. Poi lavorare. "È pazzesco", pensavo "sto per andare al lavoro e lavoro anche qui in un videogioco. E che pizza! Quanto durerà ancora?". Ma lo fai. Ordine. Disciplina. E un messaggio pedagogico: Ryo i suoi problemi non li risolve solo a calci e pugni, ma sa cosa vuol dire pagarsi da vivere con il sudore della fronte. E non solo lì, altre piccole perle di saggezza zen, delicate e profonde, fino ad arrivare a quella commozione struggente che solo un uomo capace di concepire Out Run e Virtua Fighter può tirar fuori dal nostro io intorpidito ed assuefatto dalle banalità e dal baccano del videogioco medio. Voi lo sapete. È come farsi una corsa ai 300 all'ora con Splash Wave, terminarla, e sentire Last Wave mentre fissiamo la schermata dei titoli di coda con le palme al tramonto. È il sorriso sulla bocca di Pai Chan dopo la battaglia in un'epoca in cui le espressioni facciali su poligoni erano impensabili. Poesia, poesia come se piovesse. E arrivamo al gattino. A ritroso, arrivamo anche al piccolo felino che catturerà la nostra attenzione.

Il gattino, di cui abbiamo una diapositiva.

Dov'è l'anima? Dov'è l'anima, sembra gridare il dio del videogioco ad ogni uscita, ad ogni prevedibile seguito, ad ogni annuncio per nerd assetati di sangue e proiettili.

Non lo so. So solo che Yu Suzuki voleva raccontare una storia, e in Shenmue l'anima ce l'ha messa tutta.

...つづく (...to be continued)

Per vostra informazione, sappiate che il primo capitolo di Shenmue è uscito solo ed esclusivamente su Dreamcast. Niente HD remaster, niente conversioni, nulla. Almeno per ora. Per cui o vi procurate un Dreamcast o seguite il malsano esempio del sottoscritto, ormai andato in prescrizione. Certo in emulazione vi perderete lo stupore di vedere con i vostri occhi che cosa poteva uscire da quello scatolotto bianco poco più grande di un GD-rom.