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Scappiamo nell'universo di No Man's Sky

Prima di iniziare a parlare del mio, anzi del nostro rapporto, intendo proprio a livello di famiglia, con No Man's Sky, devo fare una precisazione: personalmente, prima dell’uscita, non mi ero mai interessato al gioco di Hello Games, anzi, sapevo a malapena che esisteva. Questo fatto, secondo me, è molto importante per capire l’ottica con cui mi ci sono approcciato: al contrario del resto del pianeta, il mio pensiero era “Vediamo cos’è ‘sto coso, che ho voglia di viaggiare nello spazio”. 

Non avevo dunque alcun hype, non sapevo delle mirabolanti promesse tecniche e di gameplay fatte da Sony e sicuramente non sono partito con il dente avvelenato di chi si sente tradito.

L’unica cosa che avevo letto è che si trattava di un open world, anzi, un open universe, in cui si poteva fare praticamente tutto quello che si voleva, viaggiare, cambiare pianeta, visitare sistemi solari e via discorrendo. È la mia anima di giocatore di Elite, prima su Commodore 64 e poi su Amiga, è il viaggiatore che vive dentro di me (poraccio), estasiato negli anni Novanta da Starglider 2 e da Warhead, che avvia No Man's Sky e si ritrova magicamente catapultato in un mondo bizzarro, coloratissimo, con in mano una pistoletta (che poi non è solo una pistoletta), un'astronave rotta e una fantomatica missione da perseguire.

Ecco, il mio approccio con No Man's Sky è stato veramente di atterrare su qualcosa di nuovo. Certo, mi sono accorto che non tutto era andato nel verso corretto: diversi glitch grafici, il caricamento iniziale che ogni tanto si impallava, reset del gioco casuali e le ventole della PlayStation 4 che partivano così forti, probabilmente per mandare la console in orbita, visto il tema del gioco.

In Hello Games, però, finita in uno tsunami di cacca anche a causa dei comunicati stampa di Sony, che aveva creato aspettative ovviamente non raggiungibili al momento, non si sono abbattuti ma hanno iniziato a sfornare una patch dietro l’altra, un contenuto scaricabile dietro l’altro, tutto gratuito, che hanno non solo rivoltato No Man's Sky come un calzino, facendolo diventare esattamente quello che era stato promesso all’inizio, ma sono andati oltre, non a caso con l’update Beyond, che, tra le mille novità, porta anche quella della realtà virtuale, il poter finalmente viaggiare per l’universo in prima persona, usando anche le mani, come probabilmente mai era stato possibile prima in un videogioco di questo tipo .

Evasione, escapismo, No Man's Sky è effettivamente questo, e con il PSVR in testa è molto di più. Come potrebbe essere diversamente? Camminare per un mondo alieno e sconosciuto, tra molteplici soli all’orizzonte, piogge furiose, alberi di colori accesissimi e animali impossibili che si muovono placidi nel loro bizzarro habitat. Non nascondo che, con gli auricolari dell’headset di Sony ben piantati nelle orecchie, le uniche cose che si sentono quando si è lì fuori sono il proprio respiro e i rumori ambientali. Sembra davvero di essere soli, a guardarsi intorno cercando di capire se quella specie di enorme dinosauro blu stia per arrivare contro di noi di corsa o semplicemente continui a brucare quelle strane piante rosse.

Come tutti sappiamo, il PSVR non è il top di gamma per queste esperienze e purtroppo, per forza di cose e per il bene della mia vista, non posso prodigarmi in sessioni di gioco troppo lunghe. Però, una fuga dalla realtà nell’universo creato da Hello Games, una volta ogni tanto, è necessaria.

Sempre parlando del gioco con il caschetto in testa, una gran mano alla sensazione di immersione la danno i controlli con i due Move, che riproducono le nostre mani. A dir poco geniale la scelta di creare degli schermi virtuali all'interno del mondo VR, con cui possiamo interagire con una mano, come se avessimo veramente a disposizione una sorta di tablet, che appare quando avviciniamo il polso al viso.

Ecco, una volta provato così, No Man’s Sky, nella sua versione standard, perde tantissimo fascino, perché questo gioco più di tanti altri è una vera fuga in un mondo che può esistere solo nella nostra fantasia e poterlo vivere in prima persona è un’esperienza difficilmente replicabile con uno schermo e un joypad.
Un grazie a Hello Game e a Sony, che sono riusciti a rendere un prodotto nato storto (ma che comunque a me piaceva già) un bellissimo esempio di come si deve supportare un gioco e soprattutto un sogno a occhi aperti per chi e cresciuto sperando di “arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata all’escapismo, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.