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Seirei no Moribito non è fantasy per bambini

Sì dai, so cosa state pensando: lolite elfe con la quinta appena contenuta da un’armatura fatta con quello che avanzava al fabbro dopo aver fabbricato il guanto di Thanos che hanno intensi corpo a corpo con creature tentacolari.

Stolidi pregiudizi sull’animazione giapponese.

Tragicamente veri.

Ma non in questo caso. In questo caso, parliamo di una serie animata di 26 puntate che ha come protagonista una (bellissima, per carità) donna di TRENT’ANNI che nell’unica scena alle terme si presenta coperta da una veste da bagno.

Praticamente, una rivoluzione!

Ah no?

Al di là della facile ironia, Seirei no Moribito (Il Guardiano dello Spirito) è una serie animata fantasy di ormai dodici anni fa (2007), che permette di usare con cognizione l’abusata distinzione tra “maturo” e “per adulti”, collocandosi con fermezza nella prima categoria.

Tratta dal primo libro di una serie fantasy di dodici, racconta di Balsa, una combattente esperta nell’uso della lancia corta che viaggia in un paese di fantasia simile alla Cina antica, cercando lavoro come guardia del corpo per onorare il voto che si è imposta di salvare almeno otto vite senza toglierne alcuna. In questo modo, infatti, intende dare pace all’anima del Maestro di lancia, che la salvò da una squallida congiura di Corte nel suo paese natio ma, nel farlo, fu costretto ad uccidere otto suoi compagni d’arme e amici a cui era stato ordinato di assassinare entrambi.

Durante una tappa nella capitale del paese dove ora vive, assiste a un grave incidente che coinvolge un corteo regale e salva un ragazzino che scoprirà essere Chagum, il secondo figlio dell’Imperatore. Essendo arrivata a trent’anni non per caso, capisce rapidamente che aver salvato una vita così pesante è stata la scelta più pericolosa della sua carriera e, infatti, viene immediatamente “trattenuta” a palazzo e pregata dalla madre del ragazzino di “rapirlo” e nasconderlo agli occhi dell’autorità. Infatti, una profezia ha rivelato che il giovane porterà una siccità senza precedenti sul paese, causandone il crollo, e l’Imperatore ha dato incarico che venga ucciso in un incidente, non potendo ufficialmente mettere a morte il suo stesso figlio.
Quella che segue è la narrazione di più di un anno di convivenza in clandestinità tra la guerriera trentenne e un nobile appena adolescente, cercando un modo per scongiurare il destino di morte che accompagna il ragazzo.

Trailer ufficiale.

Non si tratta, come si capisce facilmente, di una serie dai presupposti particolarmente originali e, come sempre in questi casi, l’originalità e la personalità si trovano nei dettagli.

Sicuramente, il maggiore punto di forza della serie è nella sua protagonista: Balsa è semplicemente perfetta, senza per questo diventare poco credibile. Al di là della sua abilità di guerriera e stratega e della sua determinazione, lo spettatore rimane affascinato dalla naturalezza con cui si relaziona alle persone, adulti o bambini che siano, conosciuti o sconosciuti, alleati o nemici intenzionati a spegnere il suo respiro. Riesce ad essere guerriero e madre senza cadere in contraddizione e senza cadere in atteggiamenti stereotipati nell’uno o nell’altro senso. Riuscire a tirare fuori un personaggio del genere non è sicuramente impresa da poco.

Sorprende anche il giovane Chagum: condizionato da anni di figure stereotipate, lo spettatore si aspetterebbe di trovarsi il classico ragazzino viziato e insopportabile, inizialmente rancoroso verso la donna che lo trascina via dagli agi della corte e poi progressivamente addomesticato fino a diventare un “bravo futuro adulto”. Invece, Chagum chiarisce fin da subito di essere un vero principe da dinastia all’apice della sua gloria: destinato al comando e forgiato fin dalla nascita nella ragion di stato, non si concede capricci ed egoismi, il suo compito è ubbidire agli adulti e reprimere le proprie emozioni. E cercherà di farlo il più possibile, fallendo proprio solo quando è umanamente impossibile riuscire e dando a lui e Balsa una tra le scene più meravigliosamente realistiche e dannatamente educative nella storia degli anime (quando la vedrete, capirete).

Sigla iniziale.

Attorno ai due protagonisti ruota un mondo ben definito di comprimari e situazioni abbastanza “classiche” in cui tutti i personaggi, principalmente, “vivono”.

Facendo paragoni con ll trono di spade e il suo nichilismo da crepuscolo degli uomini, in cui l’intrigo ed il basso egoismo sono moneta corrente spesa per soddisfare un edonismo fine a sè stesso, Seirei no Moribito propone invece una nazione all’apice del suo splendore.

Permeato da una cultura che ha di fronte solo orizzonti da conquistare, quasi ogni personaggio “compie il suo dovere e protegge il suo onore”: non solo Balsa, Chagum e i loro alleati, ma anche i “cacciatori”, elite guerriera messa sulle loro tracce con il compito di uccidere a vista, gli astrologi che cercano disperatamente nelle profezie una chiave per sventare la catastrofe, il futuro erede al trono, gravemente malato e senza quasi speranza di vedere il giorno dell’incoronazione e l’imperatore stesso, ferreo nel compiere scelte indipendenti dalla sua volontà.

Ci sono forse due soli personaggi dominati da egoismi umani: una è la madre di Chagum, che va contro l’interesse comune solo per salvare un figlio a cui dimostra di tenere più che a sé stessa (come si accerterà Balsa) e l’altro è un personaggio negativo, a tal punto poco rilevante da essere liquidato in una puntata.

Sigla finale.

Dal punto di vista puramente qualitativo, basta già il solo nome della Production I.G., la casa a cui dobbiamo, tra gli altri, Ghost In The Shell: Stand Alone Complex (con cui condivide il regista Kenji Kamiyama e parte dello staff), per avere non buone speranze, ma certezze.

Il character design, tendente al “realistico espressivo”, ci fornisce personaggi immediatamente carismatici e solidi nella loro anatomia. Esteticamente gradevoli ma non al punto di sacrificare la propria credibilità (la muscolatura di Balsa non è certo quello che definiremmo “femminea”).

Unica concessione al fantastico, la classica “vecchia secolare” che pare venir dritta dritta da una animazione dello Studio Ghibli, come anche le scenografie che, pur non raggiungendo la stessa lussureggiante ricchezza di dettagli, sono evidentemente influenzate dall’opera di Miyazaki e Takahata.

Non c’è neanche molto da eccepire sulla qualità dell’animazione, che solo in pochissimi momenti mostra gli orrori di un qualche subappalto nordcoreano ma per la maggior parte del tempo scorre fluida, dando il meglio nelle scene d’azione e combattimento. Del resto, i giapponesi sono da sempre dominatori incontrastati dell’Animazione di Menare e Seirei no Moribito non fa eccezione, con coreografie realistiche e ben gestite, che permettono allo spettatore di apprezzare affondi, sequenze, finte, precaricamenti e soluzioni improvvisate.

Se volete spoilerarvi mezza serie, qualcuno ha raccolto tutti i combattimenti in un comodo pacchetto.

In tutto questo, non vorrei dare l’impressione che Seirei no Moribito sia la serie animata fantasy perfetta.

Un primo difetto è che, pur avendo Kenji “nientedimenoche” Kawai alle musiche, opening ed ending sono piuttosto banali, diciamo pure dimenticabili.

Ma leggermente più grave è che pur avendo tutti i pregi sopra indicati e prendendosi il tempo necessario per distendere una narrazione ricca e verisimile, nelle ultime due puntate incappa in quello che nel cinema horror è l’errore di “mostrare il mostro” dopo che lo si è evocato per tanta, troppa, parte della narrazione. Inevitabilmente, si ha un anti-climax non all’altezza di tutto il resto e ci si trova vagamente insoddisfatti.

Solo vagamente, in quanto non può essere certo una puntata e mezza a modificare il valore accumulato in una serie a base di buona, convincente e MATURA narrazione.

Ho visionato Seirei no Moribito ormai qualche annetto fa, in edizione sottotitolata inglese. Ora è diventato difficile da trovare ma, probabilmente per disinteresse degli stessi distributori, se date un’occhiata su YouTube lo trovate praticamente completo. Io, però, non vi ho detto nulla.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Il trono di spade e al fantasy lercio, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.