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Shadow of the Tomb Raider: Le esploratrici salgono di livello

Il reboot di Tomb Raider nato nel 2013 è quello che mi ha realmente avvicinato e appassionato alle avventure di Lara Croft. Non sono stato un amante dei giochi originali, fin troppo fini a loro stessi nelle esplorazioni: come giocatore, preferisco un contesto narrativo e un tipo di esplorazione più a largo spettro. In altre parole, per quanto capisca che alcuni dei fan di vecchia data di Lara abbiano storto il naso di fronte alla nuova trilogia, per quel che mi riguarda, gli ultimi tre capitoli di Tomb Raider sono la cosa migliore che potesse capitare a Tomb Raider stesso.

Messa da parte la doverosa premessa personale, diciamo che la storia di questo terzo episodio riprende poco dopo la fine di Rise of the Tomb Raider: Lara Croft è ormai un’avventuriera navigata, che preferisce avere a che fare con tombe e cadaveri (generati da lei o meno, non importa) piuttosto che con gente normale. Un’eroina con gli attributi, che riesce ad evitare la trappola delle eroine “maschilizzate” mostrando i suoi lati femminili in alcuni punti specifici della trama, con momenti e piccole espressioni che si possono trovare, se si prova a cercarle.

Il sistema di gioco in se non è cambiato minimamente rispetto a quello dei primi due capitoli; semmai si è perfezionato e ho soprattutto apprezzato che non si sia più costretti a cercare frammenti di armi in zone che poi non è più possibile visitare (o che è difficile visitare nuovamente) per poter avere strumenti d’offesa migliori. In questo nuovo capitolo, si possono potenziare armi ed equipaggiamento in maniera fluida usando le risorse del luogo e si possono comprare nuove armi in negozio o grazie a missioni secondarie.

Procedendo nell’avventura, ho avuto comunque la sensazione che gli sviluppatori volessero spostare leggermente il focus dal combattimento all’esplorazione. Dopo molte ore, infatti, ho realizzato che passavo circa l’ottanta per cento del tempo ad esplorare tombe e arrampicarmi o risolvere enigmi, e solo brevi momenti a combattere e uccidere… e durante i rari combattimenti, ho potuto apprezzare le innovazioni introdotte nel sistema, peraltro quasi tutte pensate per invogliare a uno stile di gioco incentrato sulla furtività. Lara può infatti coprirsi il volto e il corpo di fango o nascondersi contro la vegetazione verticale, sparendo in modo simile a quel che fa il protagonista del film Predator nel suo scontro finale. Rimane ovviamente possibile tirare fuori le armi e affrontare a muso duro i nemici ma si tratta di una scelta generalmente più difficile e che offre meno ricompense (uccidere un nemico di nascosto dà maggiore esperienza a Lara). Tra l’altro, ho apprezzato anche il cambiamento di scenario. In Rise of the Tomb Raider, le parti nella neve non mi facevano impazzire, mentre le giungle e foreste che si affrontano in Shadow of the Tomb Raider mi sono parse maggiormente evocative, oltre che semplicemente più piacevoli da esplorare.

Difetti veri e propri non penso di averne trovati. La difficoltà è ben bilanciata (e si può addirittura impostare separatamente per enigmi e combattimenti!) e l’atmosfera ottima. I controlli sono stati perfezionati nel corso degli anni ed è davvero difficile morire o far compiere alla protagonista azioni che non si volevano intraprendere. A voler proprio cercare il pelo nell’uovo, alcune delle missioni secondarie nei centri abitati sono piuttosto noiose, e a volte è frustrante perdere molto tempo a cercare risorse… ma si tratta di minuzie, dato che il risultato finale è comunque un prodotto estremamente ben confezionato, che invoglia ad esplorare e calarsi nei panni dell’archeologa più famosa del mondo. Sottolineo, però: archeologa. Il primato tra gli archeologi, lo sappiamo tutti, va all’uomo che è sopravvissuto a una bomba atomica nascondendosi in un frigorifero.

Andando a tirare le somme Shadow of the Tomb Raider è il miglior capitolo di questa nuova trilogia e rimane in assoluto, comunque, un ottimo videogioco incentrato sull’esplorazione e sulla risoluzione di blandi enigmi. La formula era stata scelta nel primo capitolo (quello del 2013), non potevano stravolgerla, ed è stata quindi perfezionata fino a diventare la migliore possibile. A meno che non si abbiano proprio in antipatia il personaggio o il genere, Shadow of the Tomb Raider è uno di quei giochi che si possono consigliare praticamente a tutti senza riserve, soprattutto perché la difficoltà separata tra azione ed enigmi permette a molti tipi di giocatori diversi di scegliere l’esperienza di gioco più adatta a loro, tra avventurieri che preferiscono concentrarsi sull’esplorazione delle tombe e chi magari invece vuole sfide più dure quando si devono uccidere altri esseri viventi.

Ho ricevuto una copia fisica del gioco per PlayStation 4 dal distributore italiano. Completare l’avventura richiede circa venti ore ma, se ce la si prende comoda, si può tranquillamente arrivare a trenta, concentrandosi sull’esplorazione e la scoperta dei segreti del mondo di gioco. Shadow of the Tomb Raider è disponibile per PC, PlayStation 4 e Xbox One. Come al solito, se acquistate il gioco (o qualsiasi altra cosa) su Amazon passando dai seguenti link, una piccola percentuale di quello che spendete andrà a noi, senza alcun sovrapprezzo per voi. Se volete procedere su Amazon Italia dirigetevi qui, se preferite Amazon UK puntate qui.