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Shazam! è Pozzetto con i superpoteri

Avete presente Big? Sì, dai che ce lo avete presente: è quel film in cui un ragazzino, grazie alla magia di un luna park, si trasforma in un trentenne con la faccia di Tom Hanks (guarda caso interpretato proprio da Tom Hanks). Questi, una volta adulto, attraverso le correnti ascensionali degli anni Ottanta, riesce contemporaneamente a scalare un’azienda di giocattoli, a fare innamorare Elizabeth Perkins e persino a ballare sulla pianola gigante dei grandi magazzini FAO Schwarz.

Ora, c’è chi sostiene che quel film, diretto da Penny Marshall e arrivato in sala nel 1988, sia stato pesantemente influenzato dall’italiano Da grande, uscito l’anno precedente e, soprattutto, con Renato Pozzetto al posto di Hanks. Nonostante la versione ufficiale si appelli a una semplice coincidenza, ché i tempi di lavorazione non potevano starci eccetera eccetera, e che comunque già in passato si erano visti film basati sulla medesima tematica (Storia di tre amori, sì, ma pure Tutto accadde un venerdì), resto della parrocchia di Apreda. La regia di Da grande venne firmata da Franco Amurri, che all’epoca se la faceva con Susan Sarandon e che, di lì a poco, avrebbe cercato il successo negli States con Flashback e Il mio amico zampalesta (per poi tornare in Italia a testa bassa e tirare fuori dal cilindro Amici ahrarara, ma questa è un’altra storia). Per dire che il gancio con Hollywood sarebbe stato assolutamente plausibile anche prima dell’uscita del film, ma vai te a sapere.

Vi ho tirato fuori tutta questa salsapariglia su Da grande e Big perché Shazam! - in uscita oggi al cinema - ha un sacco a che spartire con i film in questione, soprattutto con il secondo, che cita pure direttamente in un paio di scene.

Anche qui abbiamo un ragazzino, Billy Batson (Asher Angel), che per magia acquisisce la capacità di trasformarsi in un adulto, per di più dotato di superpoteri. Presente all’appello anche l’amichetto/complice, che in questo caso risponde all’allitterazione di Freddy Freeman (Jack Dylan Grazer), mentre torna pure il tema delle giostre assieme a un certo retrogusto anni Ottanta che, una volta introdotto dal prologo, non molla più.

Ma ci sta, perché al suo esordio nel DC Extended Universe, David F. Sandberg confeziona un’opera dalle atmosfere fiabesche e avventurose alla vecchia, e il taglio low–fi mi è parso sufficientemente genuino da andare oltre il nostalgismo cinico.

I ragazzini se la cavano alla grande. In particolare Jack Dylan Grazer, che nel film interpreta Freddy Freeman, ha quell'aria "So '80s" alla Fred Savage.

Il santuario del mago Shazam - colui che designa il giovane Billy come proprio campione e successore - ha quell’aria po’ pezzotta da Tempio maledetto, mentre le decorazioni natalizie paiono uscite da Gremlins. Le mostruose incarnazioni dei sette vizi capitali, di contro, hanno un non so ché alla Raimi, mentre il costume pompato di Zachary Levi, nonostante venga via per una milionata di dollari al pezzo (giuro!), ricorda inevitabilmente quello del vecchio Flash televisivo.

Eppoi c’è la città di Philadelphia, che tra neve e luce secca, gli addobbi natalizi, le periferie scalcinate e la scalinata di Rocky, conferisce al film di Sandberg un’identità molto forte e, in qualche modo, lo afferra per i piedi, impedendo al taglio scanzonato di salire troppo in alto. Nonostante abbia dei poteri che ricordano quelli di Superman, Shazam è pur sempre un ragazzino che si è infilato nel corpo di un adulto. Un ragazzino ribelle, per giunta, che prima ancora di salvare delle vite, pensa bene di adoperare il suo nuovo aspetto per comprare delle birre, e che impara a domare i vari poteri grazie all’insistenza dell’amico Freddy, fanatico di supereroi (DC). Tra l’altro, tutta la parte dell’apprendimento è particolarmente gustosa, filmata a quadri come fosse un film di Méliès e poi data in pasto a YouTube. Peccato solo che vada un po’ troppo per le lunghe.

Ricordiamo che Shazam all’inizio si chiamava Capitan Marvel, ma poi è saltato fuori quell’altro ed è finita come è finita.

Humour, dicevo, ma senza la caciara di un Aquaman o di un Thor: Ragnarok, o le risate sbocccate di Deadpool. Qui siamo più dalle parti dell’Hancock di Peter Berg, anche in via di un sottofondo agrodolce che tocca le tematiche della famiglia e dell’abbandono e che, se da una parte permette al film di sviluppare una visone corale piuttosto netta, valorizzando tutto il cast (azzeccato persino nei ruoli di contorno), dall’altra sega un po’ le gambe alla componente super. Ho avuto la sensazione che gli sceneggiatori Henry Gayden e Darren Lemke si siano fatti prendere un po’ la mano e abbiano gettato troppa carne al fuoco, senza poi riuscire a gestirla per bene; nulla di critico, ma a risentire di questo squilibrio è stato soprattutto il malvagio Thaddeus Sivana, interpretato da Mark Strong.

Mark Strong se la cava bene nel ruolo del villain e forse avrebbe meritato più respiro.

Detto questo, nel complesso mi è forse pesato di più tutto il product placement infilato a muzzo (che, OK, in qualche modo rientra nel taglio “meta” del film, ma insomma), nonché una certa idiosincrasia tra il carattere schivo del giovane protagonista e la sboronaggine della sua controparte super. Ma per il resto, film godibilissimo che ad avercene, con sequenze d’azione sfiziose e un sacco di belle trovate: dopo Aquaman, siamo già al secondo giro buono di fila per l’universo cinematografico DC.

Ho visto Shazam! In anteprima grazie a una proiezione stampa alla quale siamo stati gentilmente invitati; al netto del solito discorso, il doppiaggio in italiano non mi è parso così male, ma sentire Don’t Stop Me Now in una roba di supertizi due volte nel giro di due mesi mi è parso esagerato, ecco.