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Speed Racer è il film perfetto per me che sono un giocatore casuale di racing, e questa è la mia storia

Riguardavo Speed Racer, uno dei film brum brum più spernacchiati di questo millennio, e pensavo che voglio proprio bene alle Wachowski per aver girato questo che sembra il perfetto companion piece del mio coso scritto qualche giorno fa sull’essere un giocatore casuale di racing, come avrete già intuito se avete letto il titolo di questo pezzo. Cioè Speed Racer è letteralmente il film di macchine per casualoni, per la gente come me che apprezza superficialmente la velocità ma non ha interesse a entrare nei dettagli tecnici dei generatori di questa velocità. Gente come me che gioca ai giochi di macchine più volentieri se queste macchine saltano, sparano o fanno entrambe le cose contemporaneamente. Gente come me per la quale il brum brum sono solo vibes, niente di serio, una sensazione, un’emozione, un capostazione (che non c’entra ma fa rima e c’è).

VIBES ONLY

Verrebbe qui il momento di spiegare che Speed Racer è tratto da un manga poi anime che da noi in Italia arrivò con il titolo Superauto Mach 5, ma sapete che c’è? Esiste Wikipedia, e io non ho problemi ad ammettere che non guardavo Superauto Mach 5. Qualche “cartone di macchine” lo guardavo in effetti, o per lo meno mi ricordo a memoria la sigla di Michel Vaillant – Tute, caschi e velocità, e questo vorrà pure dire qualcosa. Credo che voglia dire che già nel 2008, quando uscì al cinema e io lo andai a vedere perché sembrava molto colorato, non avevo idea delle sue radici culturali né avevo metri di paragone con i quali confrontarlo; e di fatto non ce li ho neanche oggi. Tanto, voglio dire: le Wachowski hanno costruito una carriera sull’appropriazione culturale se volete vederla male, sulla collezione e armonizzazione di influenze estetiche e tematiche da tutto il mondo se come me preferite la positività, e in questo senso sono da sempre il loro pubblico ideale.

Comunque: non sapevo nulla di Speed Racer quando uscì, e oggi, quindici anni dopo, tutto quello che so di Speed Racer rimane quello che si vede nei confini delle sue due ore abbondanti. Basta e avanza: Speed Racer è un film che si spiega un sacco. Sembra quasi voglia farsi perdonare quell’apertura allucinante: i primi venti minuti circa partono a razzo, in medias res, con il cold open, mescolando piani temporali, montando tutto come se “affastellare” fosse la parola migliore mai inventata (e forse lo è, ora che ci penso), saltando avanti e indietro nel tempo e tra i volti, confondendo, stordendo, rincoglionendo di luci, colori, rumori e pure sapori l’ignaro spettatore, che fossi io nel 2008 o io nel 2023.

Rincoglionirsi di luci e colori.

Qui lo dico e qui lo dico: i primi venti minuti di Speed Racer sono il più incredibile mix tra Mad Max: Fury Road, Spy Kids e Wipeout che sia mai stato concepito. Certo che sono invecchiati male: è la CGI, baby, non la creatività o le idee. Quello che al tempo sembrava il futuro, oggi verrebbe rifatto con l’Unreal Engine e avrebbe il ray tracing; quello che ci stupì nel 2008, oggi ci fa sollevare il sopracciglio con l’aria saputa di chi ha l’unico merito di essere rimasto in vita per quindici anni. Ma è ovvio che questa roba è migliorata e nel 2023 sarebbe più bella: è tutta CGI manifesta, sbattuta in faccia, era destinata a invecchiare fin dal primo istante. Ci interessa? No! Bocciare un film del 2008 per la CGI oggi inaccettabile è come prendersela con un film del 1914 perché non è abbastanza colorato.

Speed Racer invece è coloratissimo, pensate che a un certo punto ho messo in pausa e ho cominciato a contare i colori e alla fine sapete quanti colori c’erano? TUTTI I COLORI. Tutti i colori del brum brum: è un film di macchine come erano giochi di macchine quelli che piacevano a me, con i salti spericolati e le piste tutte storte e i cannoni laser e le seghe elettriche che ti escono da sotto le ruote. È una roba eccessiva ben oltre i limiti della decenza, è l’adattamento di Wipeout o F-Zero che ho sempre sognato, una visione allucinata di quello che può essere il film di macchine che da allora nessun film di macchine ha più ripreso – colpa, immagino, del fatto che floppò malissimo.

Charlie e la fabbrica delle stock option.

Peccato quindi che, come dicevo prima, Speed Racer sia anche un film che si spiega un sacco, e che ha talmente voglia di accontentare letteralmente chiunque possa finire a guardarlo da perdersi, qui e là, nei suoi recapponi televisivi. C’è in particolare il fatto che voglia essere un film per famiglie, non solo per ragazzi, una roba per sedicenni che riesca però a includere anche genitori e fratelli minori. Ne risulta una moltiplicazione dei personaggi e quindi delle storyline, perché tutti i membri della famiglia Racer (a margine: quando fa ridere che “Speed Racer” sia proprio il suo nome e cognome?) a eccezione di Susan Sarandon ricevono almeno un po’ di attenzione e un arco narrativo completo. Per cui abbiamo al centro di tutto la storia di Speed e delle sue corse brum brum, certo, ma altrettanto spazio è dedicato all’azienda di famiglia, all’antica lotta tra il Bene (il mondo indie) e il Male (il mondo corporate), ai rimpianti di due genitori che hanno perso il loro primo figlio, alla scoperta del mondo del fratello minore di Speed e della sua scimmietta domestica…

Diciamo che si può intuire che si tratti dell’adattamento di un’opera a episodi anche senza essere in possesso della specifica informazione. Ci sono personaggi che arrivano dal nulla, come se fossero all’inizio di una nuova puntata, e vengono poi gradualmente intrecciati alle vicende principali. Speed Racer poi non smette mai di saltare avanti e indietro nel tempo, in generale non smette mai di muoversi, come può capitare quando ti ritrovi a dover condensare un’intera serie a fumetti in sole due ore.

“Te guarda quante brum brum!” “Velocissime poi eh!”

Ma per quanto sia pieno di difetti strutturali ed estetici, per quanto sia un gigantesco edificio fatto di motori e droga e quindi tutto scricchiolante e sempre sul punto di crollare, Speed Racer ha un tale entusiasmo e una tale voglia di mettere in scena il casino che davvero gli si perdona tutto il resto. È un film del cuore, dove la motivazione del Nostro Eroe è “mi piace un sacco andare molto veloce”: anche a me, Speed Racer! Non mi interessa cosa c’è sotto il cofano, e in un certo senso non mi interessa tantissimo neanche vincere: preferisco fare brum brum e sfrecciare molto velocemente su circuiti che ricordano quelli di Mario Kart ma con ancora più occasioni per perdere la vita, e lo so che anche tu lo preferisci a tutte quelle menate sull’anima di un’azienda e sullo svendere la propria storia e la propria dignità al miglior offerente, perché sei una persona semplice a cui piace andare veloce e dare dei casti bacini a Christina Ricci con il caschetto. OMG! Sei proprio come me, Speed Racer: un giocatore casuale di racing, e Speed Racer è la tua storia!

(qui avrei voluto copincollare l’altro mio pezzo e modificarlo come se l’avesse scritto Speed Racer in persona e non Stanlio Kubrick. Poi però era una sbatta e non l’ho fatto. Il film resta comunque clamoroso, senza dignità e senza vergogna come piace a me, e per tutto il tempo non ho potuto fare a meno di pensare che senza Speed Racer QUANTOMENO non esisterebbe Rocket League)

Questo articolo fa parte della Cover Story “Motori in pista”, che potete trovare riassunta qua.