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Spelunky: vita, morte e miracoli procedurali

Avrete spesso sentito i recensori abboffarvi le guglie con quel fatto dei giochi che ancora una partita e poi smetto. Forse non sapete, però, che Giacomo Leopardi era talmente ossessionato dallo studio dei classici che defecava in un apposito pitale direttamente alla scrivania, per non smettere la lettura nemmeno per un istante. In ambo i casi stiamo parlando di nevrosi compulsive votate al perseguimento di un oggetto del desiderio talmente potente da far decadere addirittura la decenza. Ebbene, il qui presente Spelunky, in questa sua incarnazione per Xbox Live Arcade nuova di zecca, è “assuefacentemente compulsivo”, come lessi una volta su Zzap!, tipo venticinque anni fa. E c’è tanto dei giochi di allora, in Spelunky, lo diciamo per chi non lo conoscesse. Non lo conoscete? È uscito su PC nel 2008, ed è poi cresciuto attraverso vari update. È di Derek Yu, uno di quei genietti indie che hanno sviluppato tante piccole perle videoludiche, tra cui la mia preferita resta Eternal Daughter. Potete scaricare i suoi giochi gratuitamente a questo link - Spelunky compreso. “E allora perké mai dovrei poi ackuistarlo su XBLA a 1200 M$ pointz se posso skarikarlo gratiz su PC?” Perché a mio avviso (ma penso vi siate accorti che è anche un po’ lo spirito del tempo) Derek Yu si merita i vostri soldi. Ah, e perché Spelunky per XBLA è un’ottima conversione, arricchita e potenziata e migliorata eccetera. Ma sì, innanzitutto perché, a naso, Derek Yu è bravo e si merita ‘sto pugno di dollari. È un tantino caro, forse 800 MP erano il suo prezzo giusto, ma è good karma, raga.

Perché è bravo, Derek? Vediamolo appunto grazie al gioco ivi recensito. Dicevamo, i giochi dei bei tempi andati. Spelunky omaggia tutto quel filone ludico post-Indy che ha rallegrato l’infanzia di molti: da Pitfall II: Lost Caverns a Paraoh’s Curse, da Rick Dangerous a – ovviamente – Spelunker di Brøderbund. Ah, e Prince of Persia. Non è tanto per sfoggiare nomi – è palese che Derek Yu abbia fatto un lavoro chirurgico precisissimo per staccare pezzi di questi giochi riassemblandoli secondo il suo gusto per creare un gioco di piattaforme zeppo di tesori, nemici e salti dove non è concesso nemmeno un pixel d’errore.

Se si fosse fermato qui, Yu dolce amico mio avrebbe ottenuto un buon prodotto vecchia scuola, adatto a far leva sui sentimenti nostalgici. Ma lui no. Lui ha preso tutti questi elementi oldskool e li ha asserviti a un sistema di generazione dei livelli simile a quello dei cosiddetti roguelike. Ogni volta che ricominciate la partita, gli elementi che compongono lo stage vengono rimescolati. Certo, la struttura complessiva del gioco è sempre la medesima: quattro livelli nelle miniere, quattro in una specie di foresta, quattro in un abisso ghiacciato e così via. Ma la planimetria di ogni singola mappa viene reinventata ogni volta. Dalla sua, l’esploratore protagonista del gioco ha un numero limitato di bombe e rampini, una frusta e una capacità di salto notevolissima. A queste doti, è importante che il giocatore affianchi tutta la sua pazienza. Tutta. Perché potete memorizzare il bestiario di mostri e trappole, ma non potete apprendere a memoria dei livelli che cambiano sempre foggia. Dovete usare puramente la vostra abilità di pensare e agire in tempo reale. Non c’è strategia, solo tattica.

Morirete di continuo, in Spelunky. Avete una sola vita con quattro cuori di energia, li potete reintegrare conducendo di peso le donzelle fino al portone d’uscita di ciascun livello. Una ragazza, un cuore. Ma non contateci troppo. Sono tanti, troppi gli ostacoli che vi ammazzano all’istante. O vi sbatacchiano verso qualche trappola. Accettate che la morte sia parte della vita. Riscoprite come la paura di finire una partita in soli quindici secondi possa darvi l’esaltazione assoluta allorché riusciate in un’altra occasione a restare in vita per quindici minuti. Questo è Spelunky.

Negli interstizi tra una morte e l’altra, scoprite quanta cura è riposta in ogni aspetto del gioco. Apprezzate come ogni oggetto recuperabile tra cunicoli e gallerie abbia una sua funzione precisa, mai banale, spesso presa a prestito da tanti giochi differenti.

La mantellina di Super Mario? Il piccone per scavare come in Boulder Dash? Le bombe di Flood per Amiga? Il jetpack di Jetpac? C’è tutto. Ma siccome non potete accedere a tutto sempre, visto che la planimetria dei livelli cambia a ogni partita, ogni avventura fa capo a sé. E che bel capo.

La pregevolezza di siffatte quantità e qualità di oggettistica nasce allorché la si vada a concepire nel contesto della strutturazione procedurale dei livelli, che è oltretutto sensibilmente migliorata rispetto alla controparte PC. Come nei migliori casi di impiego della proceduralità a fini ludici, dall’incrocio di configurazioni casuali dei meandri e distribuzione casuale degli oggetti al loro interno nascono situazioni estremamente varie, che azzerano la noia e scatenano la voglia di giocare ancora, ancora e ancora – comportamento sanamente compulsivo ulteriormente accentuato dalla bassissima durata media di una partita.

È quello che i tromboni accademici (tra cui, quando voglio, ricado anch’io) chiamano gameplay emergente. Abbiamo una serie di variabili di gioco, le incrociamo casualmente e lasciamo che sia il giocatore a viversi questa situazione che noi designer magari non avevamo nemmeno concepito in tutti i suoi risvolti. Cosa succede se provo a risalire il livello creando una scala di ragnatele con la pistola apposita? Se mi faccio mangiare dal vermone muoio davvero o finisco nel suo stomaco? Posso usare la chiave come arma? Se lancio un sasso contro un muro e mi colpisco da solo mi faccio male? Quella bara si può aprire? Non è che posso mettere quei due avversari uno contro l’altro affinché si eliminino a vicenda? Che accade se provo a sacrificare su quell’altare personaggi differenti? Si potrà uccidere l’affabile negoziante per rubargli la mercanzia? Subiremo delle conseguenze? Di base, la ricetta di Spelunky è questa: tutto può interagire con tutto, al giocatore il piacere di sperimentare. Per questo anche la morte si rivela spesso così divertente: perché nasce comunque da una vostra sperimentazione, da un vostro fare il passo più lungo della gamba. OK, OK, può anche dipendere dal fatto che questo è uno dei giochi più stronzi che mi sia mai capitato di giocare – e ne ho giocati un bel po’.

Badate, la proceduralità ludica e il gameplay emergente non significano la fine del ruolo del game/level designer, tutt’altro, perché il random deve essere sempre accuratamente controllato, sennò altro che emergente, è un bordello ingiocabile. Tonnellate di statistiche nascoste al giocatore fanno in realtà sì che, a seconda della performance, anche su più partite, la casualità si concretizzi in situazioni e spawn molto differenti tra loro. Spelunky riesce o prova a capire cosa si aspetta chi sta giocando e riflette contestualmente su cosa sia più divertente: se accontentare le sue aspirazioni o disattenderle. La caratteristica più tangibile di questo bilanciamento è quella che fa sì che il rapporto rischio/ricompensa sia sempre tesissimo. Al cercatore di tesori verranno offerte ricchezze inestimabili, ma anche ostacoli maggiormente insidiosi. I negozi di cui sono disseminati i livelli cambieranno la merce esposta sulla base del vostro stile di gioco, boss letali al tocco potrebbero o meno fare la loro comparsa a seconda di quanto state osando, mentre andate a spasso per le spelonche. Siete incauti ma avete riflessi prontissimi? Siete ossessionati dalle ragazze da salvare? Avete il grilletto facile? Spelunky lo sa, e ne fa tesoro per non annoiarvi mai.

Dopo un po' di ore che giocate, oppure se lo leggete qui e ora, realizzerete anche che, al di là dell'apparente mancanza di un filo logico, in realtà esiste una quest segreta che richiede di giocare in maniera estremamente oculata (sì, mentre rischiate di essere costantemente oculati dall'ambiente ostile). E non è una sotto-quest facoltativa, eh, se volete davvero vedere la fine del gioco dovete per forza di cose partire dal primo livello, arrivare all'ultimo e non mancare nemmeno uno dei passaggi obbligati (per aiutarvi coi primi: la chiave nella miniera serve ad aprire un forziere che vi consente poi, nella seconda risma di livelli, di individuare l'entrata segreta al mercato nero, dove è in vendita un costosissimo oggetto che... ). Forse è proprio qui l'unica vera pecca di Spelunky: per quanto il gioco inserisca sempre, in ogni partita, tutti gli elementi in questione, è quasi impossibile riuscire nell'intento di recuperarli tutti a causa della morfologia del terreno, del percorso che si sceglie, della disponibilità economica in un dato momento e così via. Io, per esempio, non ce l'ho ancora fatta.

Cosa vi offre in più Spelunky su Xbox Live Arcade? Uh, tante cose, anche se in realtà quella che conta di più è la rinnovata gestione della generazione delle caverne, molto più raffinata. Per di più, Yu ha pure aggiunto delle aree completamente nuove, tra cui un simpatico verme gigante la cui entrata è la bocca e la cui uscita è indovinate-un-po'. Davvero niente male! L'aggiunta che invece conta di meno, anzi, che infastidisce, è invece la grafica rinnovata in HD, che toglie la pixellosità totale dell'originale PC. Un gioco dalle meccaniche così squisitamente retrò funziona meglio coi pixel, perché permette di capire molto meglio il rapporto di collisione tra personaggio e ambiente (avete presente quando si parla di "salti pixel perfect"?). Se si vuole impiegare una grafica stile cartone animato occorre impegnarsi molto più di quanto fatto qui, sennò il rischio è quello di far sembrare il proprio gioco l'ennesima produzione in Flash. Cosa che, su XBLA, Spelunky sembra.

Le altre aggiunte rispetto alla versione PC interessano principalmente il multiplayer locale, che abbiamo invero trovato esilarante se si gioca per raggiungere l'obiettivo di insultarsi con la propria dolce metà ("NOOOO non dovevi rubare la colla dal negozio, c***o!!!") ma abbastanza inutile allorché si cerchi di imbastire delle performance fruttuose. Allo stesso modo, esistono tutta una serie di arene survival per divertirsi contro dei bot o contro giocatori umani, ma non possiamo dire di averlo amato particolarmente: è come comprare Lotus II per Amiga e passare il tempo nel sottogioco "Dux", tanto per fare un esempio chiaro a tutti. Sarà la mia personalissima idea, ma Spelunky è e resta un gioco per un solo giocatore, di quelli che magari è divertente giocare in due per pomeriggi interi, una partita a testa, sì, come Pitfall II nelle infinite camerette di ragazzini da qui agli anni Ottanta, da qui alla California. La bella California procedurale di Derek Yu. Yu-hu.

Ho ricevuto dagli sviluppatori un codice per scaricare gratis Spelunky, che Dio li abbia in gloria. Nei giorni precedenti alla stesura di questa recensione ho fatto 228 partite, il che significa che sono morto 228 volte (in realtà 229, ma non vi svelerò l’arcano!). Sono tante. Eppure non sono riuscito a finire il gioco e raggiungere la misteriosa città dell'Oro. Ma ce la farò. Datemi due o trecento anni.

Voto: 9