Se già sapete leggere, Storm Boy: The Game non ha granché da offrirvi
Mi piacerebbe avere modo di generare un mio clone, tipo con il Kage bunshin no jutsu di Naruto, per metterlo a giocare a Storm Boy: The Game da zero nell’esatto istante in cui mi accingo a scrivere questa recensione. Probabilmente finirebbe prima lui, divertendosi comunque di meno.
Premesso che non credo proprio di essere anagraficamente in target col racconto interattivo che i ragazzi di Blowfish Studios hanno ricavato dall’omonimo libro per bambini di Colin Thiele, non sono tipo da fissarmi con le produzioni lunghe e la longevità. Semmai, mi preme che un’opera - di qualsiasi genere - riesca a esprimersi a dovere nel tempo che le occorre, che siano dieci minuti o dieci ore. Oh, alla brutta mi organizzo.
Eppure, il problema di Storm Boy: The Game non è tanto la sua durata - circa un’oretta - ma piuttosto che non ha molto da offrire a livello di contenuti né di meccaniche. Anzi, ho trovato la componente interattiva completamente superflua. Non solo i vari minigiochi non partecipano coerentemente al racconto, sono anche imprecisi e sviluppati male, al punto da stonare con una realizzazione artistica in stile bande dessinée, che di per sé non fa neanche brutta figura.
Peccato, perché la trama di partenza è carina: sulla costa dell’Australia del sud, vicino alla foce del fiume Murray, si sviluppa l’amicizia tra il ragazzino eponimo (bello che adopero sempre il termine “eponimo”, e stavolta me lo sono trovato direttamente nei materiali stampa, in mezzo alla sinossi del gioco) e il pellicano Mr. Percival, rimasto orfano e abbandonato dai suoi fratelli pennuti. La vicenda procede attraverso una serie di brevi sequenze piacevoli a vedersi e accompagnate da una musica ben fatta, eppure narrativamente castrate proprio dai momenti di gioco, che anziché aggiungere ritmo, lo levano.
Se da una parte, infatti, l’idea di far scorrere il testo del racconto avanti e indietro in sincronia con i passi del giocatore non è male e, anzi, trovo che abbia un suo perché nel campo delle app educative, come ho detto, i minigiochi pensati (credo) per suggerire lo sviluppo del rapporto tra il ragazzino e la sua mascotte sono un totale disastro. Si va dalla noiosissima raccolta delle conchiglie al lancio di cibo, fino a una sorta di lavagna sulla sabbia che, quantomeno, ha attirato l’attenzione della mia gatta.
Nessuna di queste esperienze influenza direttamente il racconto, al punto che volendo si possono anche saltare a piè pari, ma nessuna ha la capacità di divertire o anche solo di intrattiene. Paiono messe lì a caso, tanto per fare; perlomeno, io non sono riuscito a trovarci un senso.
Le cose girano un filo (ma giusto un filo) meglio quelle due o tre volte che la componente ludica prova a intersecare il racconto, ma si tratta di brevissimi flash tutt’altro che cruciali. Alla fine, ciò che rimane tra le dita del giocatore è un’esperienza tanto breve quanto amorfa, che non solo non aggiunge nulla alla pagina scritta ma, anzi, la priva di ingaggio e fluidità. È pur vero che la versione Switch di Storm Boy: The Game, quella che ho provato, viene via con poco: giusto 5,99 €, lo stesso prezzo di quelle per PlayStation 4 e Xbox One.
Tuttavia, se ne avete modo e proprio ci tenete, le versioni per Android e iOS costano un pochino meno, e probabilmente un tablet è lo strumento più sensato per proporre questa applicazione ai vostri figli/nipotini/cuginetti, magari per insegnare loro a leggere o chessò io. Francamente, non riesco a vederci altra destinazione possibile; e anche in questo caso, fossi in voi, preferirei comunque un libro illustrato (sto iniziando a parlare come mio nonno).
Ho giocato – anche se “giocare” non è il termine più appropriato – a Storm Boy: The Game in versione Switch grazie a un codice per il download ricevuto dallo sviluppatore, e l’ho completato nel giro di un’ora, accanendomi poi con i vari minigiochi finché non mi sono venuti totalmente a noia. Storm Boy: The Game è disponibile su Android, su iOS, su PC, su PlayStation 4, su Switch e su Xbox One..