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Il tempo di Streets of Rage

Quello che più mi affascina della memoria è la capacità che essa ha di preservare ricordi dei quali a volte non si è nemmeno consapevoli, al punto che finché non capita di sentire un profumo, di rivedere un luogo o di ascoltare una melodia questi giacciono come in un limbo, in attesa di qualcosa che li ridesti. Quando ho scaricato Sega Vintage Collection: Streets of Rage dal Marketplace di Xbox 360, non pensavo ad altro che a giocare senza tante pretese tre glorie del passato, alle quali avevo dedicato tante ore della prima adolescenza. Tutto contento ho selezionato il primo capitolo della trilogia, Bare Knuckle, versione giapponese, riconoscendo la sua vecchia schermata di avvio e, con sorpresa, le note di una musica dimenticata, ma familiare, che mi ha trascinato indietro nel tempo. Avevo tredici anni. E c’era una compagna di classe che mi piaceva: Maria. Il primo bacio serio lo avevo già dato qualche mese prima, mi sentivo un esperto, ma con Maria non c’era verso: non riuscivo a dichiararmi. Una sorta di blocco intestinale mi impediva di parlarle, di mettere insieme un paio di frasi di senso compiuto. Ma quel giorno, tre parole riuscii a pronunciarle: La chitarra elettrica! Mi aveva appena rivelato che le piacevano i chitarristi, tipo Slash dei Guns n’ Roses. Io neanche sapevo chi erano i “Gans quella cosa lì”, e per quanto riguarda la chitarra elettrica: mai avuta. E tu, Vincenzo, suoni uno strumento?La bugia era troppo assurda per essere credibile… e io non ero bravo a raccontarle. Infatti, lei non mi credette. Ma avevo l’arma segreta: Streets of Rage. Appena comprato. Ti chiamo nel pomeriggio, le dissi. E ti faccio sentire! Corsi a casa. Avviai il Mega Drive con la cartuccia del gioco, selezionai la traccia del livello numero cinque, e alzato il volume del televisore al massimo, avvicinai allo schermo un “moderno” mangiacassette con registratore incorporato: su una cassetta vergine infilai tutto Yuzo Koshiro. E lo feci ascoltare a Maria, via telefono, spacciando quella musica per un brano rock da me composto. Rise. E ovviamente, non mi credette.

Sega Vintage Collection: Streets of Rage contiene i tre capitoli della saga usciti per Mega Drive. Oltre a questo, poco altro: nessun bonus da sbloccare, nessuna galleria di immagini, nessun menu che illustri il parco mosse o i finali segreti, nessuna intervista agli sviluppatori con biografie o documenti d’epoca. Insomma, il contorno non è luculliano come ci si poteva aspettare da un0ipotetica collezione definitiva, ma almeno chi ha curato questo progetto ha ben pensato di dare ai giocatori tutto ciò che di Streets of Rage può essere gustato: le versioni giapponese, americana ed europea di ogni titolo, riproposte nei minimi particolari, con una serie di opzioni grafiche che permettono di ricreare il feeling degli originali, la possibilità di ascoltare i leggendari brani del maestro Koshiro, una serie di prove a tempo specifiche per ogni Bare Knuckle, con relative classifiche, e una modalità a due giocatori da provare in locale e, tramite il servizio Xbox Live Gold, in rete.

Sulla qualità e sulla quantità dei contenuti si può quindi essere moderatamente positivi: ottimo il cuore del pacchetto, con i tre Bare Knuckle per Mega Drive proposti in ogni versione possibile e immaginabile, omaggiati da filtri grafici adeguati e anche da qualche agevolazione di troppo, che consentirà a chiunque di sopravvivere (è possibile salvare la partita in corso e ricaricarla a piacere! Scelta sindacabile che farà felice chi vorrà esaurire l’intera raccolta in non più di cinque ore); solo sufficiente il resto, con prove a tempo e obiettivi di qualità inferiore, sia in termini di creatività che di sfida proposta, rispetto a quelli inseriti in Sega Vintage Collection: Monster World. Raccolta quest’ultima che, al netto delle preferenze personali verso l’uno o l’altro genere di giochi, risulta lievemente più appetibile grazie anche a quel Monster World IV mai uscito in Occidente, che la rende esclusiva e in parte inedita.

Chiariti gli aspetti più marginali che caratterizzano la raccolta, viene spontaneo chiedersi se i tre Streets of Rage possano meritare ancora oggi un posto nell’affollata agenda dei giocatori contemporanei, che, titillati da offerte ludiche di ogni tipo, faticano a volte a ritagliarsi il tempo necessario a finire quanto appena cominciato. Dopo aver riassaporato l’esperienza di gioco da essi proposta, mi viene da rispondere di sì (con riserva). E la ragione è semplice: questa saga è a tal punto imbevuta di quello che rendeva Sega ciò che era negli anni Novanta da trasmettere ancora adesso un piacere immediato, duraturo e completo. Ma che cos’era Sega? Tra le tante cose, un centro di sviluppo che si cimentava volentieri con qualsivoglia genere di gioco allora esistente: Sega era originale e trasversale. Riusciva ad essere innovativa e sorprendente. Aveva un tocco magico. Aveva coraggio. E benché i suoi giochi fossero raramente perfetti, perfetti come lo potevano essere le migliori produzioni Nintendo, tu la sceglievi comunque, le davi fiducia a prescindere, attratto da un carisma unico, e da quel qualcosa di graffiante, granuloso, azzardato e irridente che ne caratterizzava lo stile. Scrutavi ammaliato la tua collezione e contavi i giochi: il bollino della grande S regnava incontrastato.

Cosa abbia di speciale Streets of Rage lo si capisce rigiocando le tre avventure una di seguito all’altra. In breve tempo. Come ho fatto io. Ho ritrovato subito quel mix tra Double Dragon e Final Fight che disorienta e stupisce. Immaginate che io stia affrontando Bare Knuckle, con le sue mosse tutte uguali, il colpo speciale che arriva da una macchina della polizia, i salti volanti e le prese, indispensabili contro certi boss, che fatico come non mai a effettuare di nuovo: tutta colpa del pad di Xbox 360 che non aiuta per niente. E poi arrivo a Mr. X che mi rivolge in giapponese la sua domanda sciocca, ma nient’affatto scontata. Ma come facevo a ottenere il finale alternativo? Giusto, bisognava essere in due a giocare! I segreti. Che se un gioco non contiene dei segreti è come una crisalide senza farfalla. Vuoto, ecco. E allora dai, finisco Streets of Rage una, due, tre volte, anche a livello difficile. Mica male dopo tanti anni! Ma che fatica, però. E sì, anche un po’ di noia a volte. O forse è assuefazione? Meglio non pensarci e passare subito al seguito, il mio beat’em up a scorrimento preferito, il grande Bare Knuckle II. Che la prima volta che ci ho giocato ricordo di aver pensato: Mi hanno messo Street Fighter II dentro Streets of Rage… Figata! Due tocchi rapidi sulla croce direzionale, tasto di attacco, ed ecco la mossa speciale: "Graaaatttaaaaqua", sembra urlare Axel in una lingua tutta sua, mentre ara il suolo e i nemici con una fiammata fin troppo potente. E mentre scorro i livelli, riscoprendo il piacere della lotta e il fastidio provocato da certi avversari (quei maledetti che schizzano da un parte all’altra con il pugnale teso!), noto l’incredibile varietà di sgherri da abbattere, le pregevoli animazioni, la costanza del ritmo e due super mosse fine di mondo talmente belle da vedere, che continuo a riprodurle a oltranza, infischiandomene dell’energia che consumo. E mi capita anche di perdere e di dover continuare: la difficoltà è bella elevata. Devo darmi una mossa! Mr. X aspetta, insieme a quel gran pezzo di sprite che è Shiva: perché non lo posso usare? Al diavolo Sega!

Sega però ascolta i suoi fan, ed eccolo lì, Shiva, in Bare Knuckle III, pronto ad essere utilizzato insieme al canguro volante e allo strampalato Ash… purché, per quest’ultimo, si giochi in versione giapponese, purché si sappia come fare. Segreti… segreti… ancora segreti. Libidine. Ah, Bare Knuckle III, con tutte le sue contraddizioni! Con le ore perse a disarcionare i centauri, per poter utilizzare le moto come illustrato da alcune immagini che accompagnavano le anteprime di allora: una leggenda che non ha nulla da invidiare alla resurrezione di Aeris. Con quella grafica acida e la difficoltà azzerata, con i quattro finali e le super mosse che si possono ripetere a piacere, con le stanze nascoste e il boss conclusivo da battere entro un certo limite di tempo, con il Graaaatttaaaaqua da potenziare fino a grado tre, che quando ci riesci ti senti un dio, con una Blaze potente come non mai, e una conclusione positiva brutta come poche. Fine della storia. Ma dov’è Streets of Rage IV? Si è perso. Un po’ come Sega.

Per una degna conclusione, ci vorrebbe un pensiero intelligente, ma non mi viene da dire nulla su questa raccolta. Ho il blocco, un po’ come ai tempi di Maria. Tra l’altro non ho nemmeno completato il pensiero espresso poco sopra: cosa ha di speciale la trilogia di Streets of Rage? È spensierata, questo è quanto. Come l’epoca nella quale l’ho giocata. Due pugni, un sorriso, una partita a calcio, e una ragazza che ti dice di no. Senza Internet e la multimedialità. Non è retorica. Solo un giocare e uno “stare” diversi. Mettiamola così, tipo consiglio per gli acquisti: se a quel tempo già esistevi, vale la pena fare un tuffo nel passato; altrimenti lascia perdere, scarica un’applicazione qualsiasi sul cellulare e giocati il presente. Senza rimpianti. Che non si può scoprire a posteriori l’essenza ontologica di Sega. Bisognava esserci. E fortunato chi c’era.

Ho acquistato una copia digitale di Sega Vintage Collection: Streets of Rage sul marketplace di Xbox 360 il giorno stesso dell’uscita. Il minuto stesso dell’uscita! Ho giocato un numero di ore che non saprei calcolare. Come in apnea. Completando gli obiettivi, finendo i giochi, provando le sfide proposte. Un gran bel giocare.

Voto: 8