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Tanti ma belli

Come tutti i giovani di buon senso, ho un file word in cui mi segno i giochi in uscita che mi interessano. Capisco quanto dovrò spendere, come regolarmi su cosa giocare prima e mi avverte se sono diventato un vecchio lamentoso a cui non piace più niente. O a cui piacciono solo i giochi From Software, che è peggio.

Da Sea of Stars (29 agosto) a Peach: Showtime (22 marzo) ho in lista la bellezza di 25 giochi, alcuni super attesi, alcuni per cui potrei anche saltare il day one. È tanta roba, io ho ancora l’animo del fanciullino e sono super curioso, ma resta il fatto che viviamo in un periodo abbastanza sorprendente, se teniamo conto di cosa è uscito nel 2023 tutto. Ma è un bene?

Cioè, è ovvio che sia un bene, ma un mercato sano è quello che ha sì tanta concorrenza (c’è) e tanta varietà (non manca) ma che permette anche di monetizzarla, questa qualità. Pass o meno (discorso a parte che sicuramente non potrà che peggiorare il problema), molti giocatori dovranno fare delle scelte e quelle scelte ricadranno non sui titoli peggiori ma, per forza di cose, su quelli che sapranno (o dovranno) vendersi peggio. Perché non si tratta di selezione naturale, non sono i più deboli quelli che prendono gli schiaffi, o almeno non è detto.

Dopo questo periodo, insomma, in tanti usciranno con le ossa rotte e chissà se altrettanti saranno disposti a correre il rischio in futuro. Dubbi sul modello dei tripla A li hanno in tanti e da tanto tempo, ma pare possibile che si sia arrivati alla punta dell’imbuto, strozzati da un rischio d’impresa che non è solo azzardato, è inaccettabile.

Usciranno ancora giochi? Sì, non è di armageddon che stiamo parlando, ma cambieranno, a volte scegliendo il ridimensionamento, a volte cercando i soldi in modelli di business più aggressivi e predatori. Questi modelli, se funzionano, mangiano spazio e soldi alla tradizione e bhò, chissà a cosa giocheremo tra qualche anno.