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The Darkness, o di quando si compravano i giochi perché c'era Mike Patton che urlava | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Più ci penso, più non riesco a decidere se The Darkness fosse un prodotto troppo avanti con i tempi per il suo stesso bene o un gioco del cazzo.

Uscì nel 2007, primo progetto grosso per Starbreeze Studios dopo il successo inaspettatissimo del primo Chronicles of Riddick (il gioco, Butcher Bay, dico), pazzesco caso di tie-in cinematografico che non fa schifo alla minchia. Era basato su fumetti che ahimè non conosco

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e, almeno per una certa fetta di pubblico della quale ero fiero rappresentante, sulla premessa di avere Mike Patton nel cast, nel ruolo di “bestia demoniaca che sbava grufola grugnisce e dice cose brutte”. Fichissimo! Nell’anno di BioShock e di Halo 3 e di Crysis, ecco un altro sparacchino in prima persona che però è DIVERSO perché ha la STORIA e i POTERI DELL’OSCURITÀ! E c’è pure la MAFIA come nei film di SCORSESE!

Se il 2007 fosse stato il 2019, The Darkness sarebbe uscito in contemporanea quantomeno con una serie animata prodotta da Netflix, siccome però il 2007 era il 2007 The Darkness uscì con un fumettino allegato che spiegava un po’ di backstory e via, per il resto stiamo parlando di un universo già stabilito su carta ma relativamente poco conosciuto, rimodellato e dato in pasto a un altro media e lì lasciato a cavarsela da solo. Quindi sì, in questo senso, era un prodotto troppo avanti con i tempi: se persino Stranger Things può diventare un fenomeno di massa, con The Darkness c’era la possibilità di fare un botto ben superiore al milione circa di copie vendute dal gioco – diciamo che oggi sapremmo meglio come costruire il prodotto, ecco.

POTERI DELL’OSCURITÀ

Poi, appunto, ci sarebbe il prodotto. Cos’era, The Darkness? Era, in sostanza, un walking simulator con un botto di sparatorie in mezzo. Voglio dire che era una storia linearissima e che si muoveva di cutscene in cutscene, di colpo di scena in colpo di scena, e le transizioni tra un filmato e l’altro consistevano in corridoi pieni di gente a cui sparare o strappare la fazza con i tentacoli. Perché il bello di The Darkness è che era un gioco di mafia ma anche di Chtulhu, tipo i Soprano se Big Pussy avesse trovato R’Lyeh sul fondo del mare. La storia è che il simpatico Jackie Estacado, mafioso, viene ordinato di essere morto con il morbo della morte su di lui da parte dello “zio” Paulie; Jackie sopravvive, lo zio s’incazza e gli manda contro la polizia, poi rapisce la sua fidanzata e da lì va un po’ tutto a ramengo, perché è in realtà da subito che scopriamo che il nostro eroe è stato posseduto da un’entità demoniaca che accompagna la sua famiglia da generazioni e che gli dà superpoteri cattivissimi, tipo Venom ma più hentai. Questa possessione si manifesta sotto forma di serpenti con i dentoni che parlano con la voce di Mike Patton e costituisce poi l’unico elemento che distingue The Darkness da un generico Shooty McBang 3: Electric Boogaloo.

E quindi, The Darkness è la più classica delle storie di vendetta in una famiglia mafiosa, con tutti i dettagli e gli archetipi al posto giusto, una bella dose di “vecchia guardia che ce l’ha con i nuovi padroni del malaffare”, vendette, tradimenti, crudeltà e onore. Solo che ogni volta che all’interno di questo canovaccio già visto mille volte arriva il momento della sparatoria, il gioco vira sul body horror e regala al giocatore un goffissimo ma estremamente divertente supereroe, la cui mossa preferita è strappare arti. Capite che è una dichiarazione d’intenti che vale più del risultato, anche perché il risultato è mediocre, lo sparacchinaggio è monotono e i POTERI DELL’OSCURITÀ troppo goffi e glitchanti per essere davvero soddisfacenti.

Poi però c’è Mike Patton che sbraita! The Darkness ha talmente tante cose fighissime da proporre SU CARTA che si preoccupa relativamente del COME proporle. Non è tremendo, non è un disastro, è solo un normalissimo gioco di sparare in giro con una bella passata di meme e specchietti per le allodole. E in quanto tale, funziona, sicuramente più del secondo capitolo, del quale non parleremo qui anzi non parleremo mai. Perché comunque vedere i TENTACOLI DELLA MORTE invadere le rassicuranti strutture di una storia di crimini e mafia è una goduria, anche se la strada per arrivarci è grigia e tediosa.

Alla fine mi sa che era un gioco del cazzo.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a The Irishman e al crimine, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.