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The Founder è il sogno americano per eccellenza

Lavora sodo, persevera, credici sempre, e raggiungerai il tuo obiettivo. Questi sono, in buona sostanza, i concetti su cui si basa il cosiddetto “sogno americano”, la speranza che tutto sia possibile e realizzabile nella “terra delle opportunità”, vale a dire la celebre nazione a stelle e strisce.

Il sogno americano è stato utilizzato più volte al cinema per raccontare storie di gente che ce l’ha fatta, come in La ricerca della felicità, Il Grande Gatsby e Jobs, senza tralasciarne i lati oscuri e distorti, come ad esempio in Lo Sciacallo – Nightcrawler, Wall Street e Scarface. Poi è arrivato il film che meglio di qualunque altro lo rappresenta: The Founder.

Ray Kroc è un modesto venditore di frullatori per ristoranti, una di quelle persone sempre alla ricerca dell’idea vincente che possa cambiare loro la vita. Quell’idea sembra non arrivare mai, e Ray, che ormai ha superato la cinquantina, sembra avviato a restare nel suo limbo di mediocrità, fatto di conti da pagare e un matrimonio ormai asettico con la moglie Ethel. Poi, un giorno, dal nulla, arriva quell’opportunità che Ray stava aspettando da una vita: visitando uno dei suoi clienti, conosce un ristorante diverso dal solito. I fratelli Dick e Mac, concentrandosi solo su ciò che si vende bene (hamburger, patatine e frappé), eliminando la maggior parte dei costi di gestione, fra cui camerieri e coperti, e mantenendo l’automatizzazione della cucina, hanno inventato di fatto il primissimo fast food, basato su velocità, efficienza e prezzi bassi senza sacrificare la qualità del prodotto finale.

Kroc fiuta il potenziale dell’affare e propone ai fratelli McDonald di espandere il modello di fast food al di fuori della natìa San Bernardino tramite un programma di affiliazione. I due fratelli, seppur titubanti, cedono all’insistenza di Kroc e si mettono in società con lui dopo avergli fatto firmare un rigoroso e vincolante contratto per mettersi al sicuro: qualunque cosa, a maggior ragione qualunque cambiamento, dovrà passare attraverso di loro. All’idea di Ray, però, sembra non credere nessuno: non ci crede la moglie, che ha visto già molte volte il marito fallire, non ci credono le banche, che si ricordano di lui e dei finanziamenti chiesti in passato per idee sgangherate, non ci credono gli investitori e probabilmente nemmeno i fratelli McDonald, che continuano, in fondo, ad essere convinti che sia meglio avere un solo ristorante di qualità piuttosto che tanti mediocri. Ma Kroc insiste, seguendo i dettami dell’imprenditore: crede così tanto nella sua idea da giocarsi tutto, ipotecando la casa e cercando affiliati nella classe media, gente come lui che ha la giusta fame (non di hamburger, ma di ottenere profitto) e ambizione di arrivare in alto. L’incontro con l’abile consulente finanziario Harry Sonneborn, che gli suggerisce di acquistare i terreni su cui sono costruiti i ristoranti e di effettuare i tagli di pesanti costi di gestione, consentirà a Ray Kroc di fondare un vero e proprio impero, applicando il suo modello di business su larga scala, esportando il concetto del fast food prima in tutti gli Stati Uniti e poi fuori dai confini americani, fino ad arrivare alla realtà che tutti conosciamo (e che tutti abbiamo provato).

Ma per quale motivo The Founder rappresenta perfettamente il concetto di sogno americano? Beh, fondamentalmente per tre motivi. Il primo è abbastanza semplice e ovvio: Ray crede fortemente ed ostinatamente nella sua idea. È talmente convinto della sua bontà che è pronto a sacrificare tutto quello che ha, purché funzioni, e una volta individuato il problema principale (il fatto che il suo business non è la ristorazione ma il mercato immobiliare e che l’ostruzionismo dei fratelli Mc Donald impedisce all’attività di generare introiti) non ha più nessun ostacolo che lo possa fermare. Il secondo è che Ray Kroc incarna praticamente tutto il peggio possibile dell’imprenditore moderno: esigente, testardo, pignolo, uno che corre senza fermarsi mai e senza alcuno scrupolo nel tagliar fuori i fratelli Mc Donald dall’affare quando si rende conto che sono solo una pesante zavorra alle sue ambizioni. Il terzo, probabilmente la più importante, fa da legante fra i primi due: Ray ha capito che il successo non è frutto del talento o del genio, ma dell’avere una buona idea e portarla avanti perseverando sempre e comunque. Si potrebbe ridurre il tutto a un semplice “Se vuoi una cosa, vai e prenditela”. E infatti così ha fatto, prendendosi il marchio McDonald da Dick e Mac (non pagandogli mai la percentuale dei profitti dei ristoranti, pattuita con loro con un furbo accordo verbale), a suo dire l’ingrediente speciale che ha reso i ristoranti un successo, cioè un nome che esprimesse lo spirito americano (inventando, di fatto, il concetto di branding. Un vero e proprio guru del marketing) e anche la moglie di uno dei suoi soci. In pratica, un Tony Montana senza pistola (o un Elon Musk meno folle, fate voi).

Insomma, The Founder è uno di quei film perfetti da far vedere agli studenti del primo anno delle facoltà di economia. Vuoi provare a fare soldi? Trova una buona idea che abbia mercato, crea un brand efficace che possa contribuire alla crescita del tuo business, persevera credendoci fino alla morte e dimenticati qualunque tipo di etica umana e morale. Tutto raccontato in maniera forse un po' troppo leggera ma assolutamente funzionale.

E poi, cosa assolutamente da non sottovalutare, The Founder è uno di quei film che hanno aiutato Michael Keaton a rilanciare la sua carriera, tant’è che lo rivedremo sia nei panni del marveliano Avvoltoio che in quelli del primo Batman cinematografico targato DC. Il multiverso è un concetto meraviglioso.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al cibo, che trovate riassunta a questo indirizzo.