The Night of the Rabbit spunta dal cilindro
A breve distanza da quel piacevole e sapido assaggio, mi immergo nuovamente nei meandri di Mousewood per scoprire, in compagnia del giovane Jeremiah Hazelnut, quanto profonda possa essere la tana del bianconiglio. Al contrario dell'illustre collega, il roditore in questione non è ossessionato dallo scorrere del tempo e non insegue inutilmente la lancetta dei secondi, cercando di ostacolarne il passo: serafico nella sua calma, l'antropomorfo animale si distingue per i modi garbati e la parlata forbita. Cicerone del fantastico, tale guida illustra come una fiaba di origine teutonica possa tranquillamente uscire dallo schema narrativo più consueto, che vede per protagonista un cavaliere senza macchia, pronto a gettarsi fra le fiamme di un gigantesco drago pur di salvare la vita della sua amata. Annotazioni queste nel pieno rispetto del dottor Schultz e le sue teorie, in fondo un amico dentista, sebbene non eserciti da tempo la professione, può sempre servire.
Pur di inseguire il suo sogno e diventare un formidabile prestigiatore, Jeremiah non esita a varcare un portale dimensionale, accendendo così a un mondo nascosto fra le radici degli alberi, al lontano dagli sguardi indiscreti. Unico cucciolo d'uomo fra buffi animali parlanti, viene accolto col sorriso dalla comunità, una cerchia che annovera fra i componenti una buffa cameriera sui pattini, forse amante dello stile anni '60, una talpa con la passione dell'alta fedeltà e persino un folletto irlandese, dispettoso e irritante come da tradizione. Ogni presenza ha un ruolo chiave al fine del racconto, non esistono comparse la cui apparizione non abbia un certo peso sull'economia complessiva di una storia delicata, ma non per questo infantile. A tratti cupa, perlopiù in prossimità dell'epilogo, la trama riesce fin dai primi istanti a carpire l'attenzione dell'utente, bilanciando con precisione serio e faceto, malinconia e sorriso.
Daedalic, forte dell'esperienza maturata attraverso la saga di Deponia, si carica sulle spalle il peso di un genere, quello delle avventure grafiche, dai più dato per disperso eppur vivo e vegeto. Come se la parete dello schermo non esistesse, si sprofonda nelle vicende di The Night of the Rabbit con dolcezza, grazie a un'interfaccia utente snella e precisa. Il puntatore del mouse è poliformico, cambia fattezza in base all'azione disponibile, non lasciando così mai adito a dubbi, perplessità sanate in ogni caso dell'esaustiva guida presente nel prologo. Con la medesima precisione, Jeremiah annota ogni tappa del percorso sull'agenda, un supporto utile a rinsaldare le fila del racconto nell'eventualità di un ritorno a Mousewood dopo una lunga pausa di riflessione. Nel caso qualcosa sfugga, la pressione della barra spaziatrice permette di far risplendere ogni elemento con il quale è possibile stabilire un contatto, soluzione perfetta nel caso ci si trovi a ripercorrere il cammino alla ricerca di nuovi indizi. Di norma attento a evitare la frustrazione, in un paio di occasioni il gioco cade nel peccato, piuttosto comune, del “pixel hunting”, fastidio mitigato dall'ausilio precedentemente citato.
Gli enigmi seguono perlopiù un pensiero logico, senza cercare per forza dinamiche astruse e ostili al raziocinio, risultando davvero impegnativi: l'inventario a tratti si riempie di oggetti che progressivamente trovano la precisa collocazione, in una sorta di gigantesco puzzle cerebrale che lentamente prende forma e consistenza. Per amor di precisione, si deve notare che in alcune occasioni la soluzione all'apparenza più semplice, persino lineare, viene scartata dal libero arbitrio di Jeremiah, pronto a sentenziare la sterilità della proposta ricevuta dal suo deus ex machina. A questo punto è necessario compiere una deviazione mentale, un passaggio più laborioso per giungere a una destinazione vicina, distante al massimo un paio di passi. Espedienti di questo tipo sono consueti nelle avventure grafiche, al punto che non si possono nemmeno considerare un difetto, e inoltre, statisticamente parlando, il giovane protagonista è più incline al dialogo che alla contestazione, figlia del turbamento adolescenziale.
La fiaba prende letteralmente vita grazie all'ottimo aspetto tecnico, che testimonia l'attenzione e la cura per il dettaglio da parte dello sviluppatore teutonico, encomiabile nell'offrire all'utenza un titolo globalmente eccellente. Le foto a corredo dell'articolo rendono giustizia solo in parte allo splendore bidimensionale, quadri contraddistinti da notevoli strati di paralasse in cui non si nota una pennellata fuori posto, un tocco di colore superfluo o del tutto inutile. Le animazioni di alcuni personaggi non brillano per fluidità, ma si tratta di una piccola incertezza sulla quale si può tranquillamente transigere. La colonna sonora sinfonica accompagna il viaggio del giovane illusionista, senza mai prendere il sopravvento o diventare invadente, e si affianca a un doppiaggio in lingua inglese competente.
Daedalic si conferma uno sviluppatore in stato di grazia anche fuori dai confini di Deponia, consegnando agli annali un'avventura grafica di qualità. Eccellente nei valori di produzione e stimolante per quanto riguarda il profilo ludico, The Night of the Rabbit è uno splendido lasciarsi cullare da atmosfere dimenticate nei meandri della fanciullesca memoria.
Ho giocato The Night of the Rabbit grazie a un codice fornito direttamente dallo sviluppatore, immergendomi nella fiaba per più di dieci ore.