The One è un Highlander 2.0
In un episodio targato 1998 de I Simpson, per la precisione l’episodio 09x10, Dalle stelle alle stalle, Homer diventa il tuttofare di alcune celebrità di Hollywood, fra cui c’è anche il regista Ron Howard. Al termine dell’episodio, Ron Howard si trova nell’ufficio di un noto produttore cinematografico per cercare di farsi finanziare un nuovo film. Dopo aver proposto una sceneggiatura strappalacrime che viene rifiutata, il regista, non sapendo che pesci pigliare, propone una sceneggiatura demenziale scritta nientemeno che da Homer Simpson in persona. Il protagonista, un robot killer istruttore di guida, viaggia nel tempo per qualche motivo indefinito, e ha come migliore amico una torta di mele parlante. Naturalmente, il film viene approvato e riceve il finanziamento, e l’episodio termina con Ron Howard che stringe nelle sue mani ben due sacchi pieni di dollari, con sottofondo il tema di Happy Days, perché tanto del passato non te ne liberi mai.
Sarà forse un caso, ma non escluderei per nulla che questa scena abbia ispirato la scrittura di The One.
Distribuito qui in Italia nell’estate del 2002, a circa un anno dal suo esordio negli Stati Uniti, The One vorrebbe essere, di base, una moderna pellicola d’azione in salsa fantascientifica, ma è in realtà un enorme miscuglio di idee e concetti presi di peso da altri film.
Lo scheletro che sorregge il film, infatti, è lo stesso dei film d’azione di metà anni Novanta: esplosioni, sparatorie e combattimenti a base di arti marziali. L’ambientazione contemporanea viene sostituita da un futuro non meglio precisato in cui è possibile viaggiare nel tempo e in altre dimensioni (credo fosse uno dei primissimi film in cui è stato introdotto il concetto di multiverso, ormai fin troppo abusato), ammennicoli tecnologici (tipo una sorta di precursore dell’odierno smart watch) e armi fantascientifiche, e per finire si aggiunge una bella dose di bullet time, slow motion e combattimenti con gli attori sospesi a mezz’aria (Matrix, uscito un paio d’anni prima, aveva già fatto scuola) e il gioco è fatto.
The One vede come protagonista Gabriel Yulaw (interpretato da Jet Li, attore in quel periodo in forte ascesa), un assassino (ma non istruttore di guida, precisiamolo subito) che viaggia illegalmente lungo tutti gli universi esistenti per eliminare ogni variante di sé stesso. Ogni volta che una sua variante muore, la sua energia vitale viene distribuita equamente alle varianti degli altri universi ancora in vita, aumentandone forza, velocità e intelligenza. Dopo ben centoventitré vittime, a Yulaw manca solo un’ultima versione di sé stesso da eliminare prima di diventare un Dio. Secondo altre versioni, potrebbe invece alla fine esplodere o implodere, causando la fine di tutto. Ma sono dettagli.
A tentare di impedire il diabolico piano di Yulaw, ci penserà una coppia di agenti della polizia del multiverso (si, davvero), tra l’altro ex colleghi dello stesso Yulaw, anch’egli agente del multiverso prima di farsi inebriare dalla fame di potere, che inseguono il criminale nel suo ultimo viaggio interdimensionale con lo scopo di eliminare Gabe Law, ultimo ostacolo per raggiungere lo status di divinità tanto inseguito da Yulaw, perché, come in Highlander, ne resterà soltanto uno.
Lasciando da parte qualsiasi pretesa di serietà, coerenza, o profondità narrativa, The One (scritto e prodotto dalla coppia composta da Glen Morgan e James Wong, con quest’ultimo che lo ha anche diretto), è un onesto popcorn movie che non ha nessun altro scopo se non offrire dell’intrattenimento a cervello spento, cavalcando sì l’onda del successo di Matrix, cercando però solamente di copiarne lo stile e la coreografia delle scene di combattimento e puntando soprattutto su un contesto sci-fi caciarone e privo di qualsiasi fondamento logico o scientifico (perché in The One, ogni volta che una stella muore, si crea un nuovo universo. Le motivazioni per cui accade questo non vengono spiegate, così come non vengono spiegate tante altre cose). Il film, infatti, mostra i muscoli solo nella parte finale, in cui Jet Li combatte contro sé stesso (tra l’altro la sua versione badass, Gabriel Yulaw, è il personaggio nettamente più interessante del film, pur non potendo contare su nessun tipo di approfondimento psicologico o di come sia passato da poliziotto a criminale, salvo la motivazione che lo ha spinto a diventare un killer interdimensionale). Nel cast del film compare anche un giovane Jason Statham, ancora con i capelli, e nella scena finale, che valeva la visione dell’intero film, con Yulaw che combatte con una moltitudine di galeotti nella colonia penale Stigia dell’universo Hades.
The One appartiene ad una mia personale lista di film che ho nominato so bad it's so good, pellicole non certamente memorabili ma che ogni volta che le guardo comunque mi intrattengono e mi divertono come la prima volta. Certo, rivista oggi, la pellicola di James Wong (che nei primi anni duemila aveva attirato l’attenzione con Final Destination, salvo poi non realizzare granché nel prosieguo della sua carriera) ha un numero di buchi di sceneggiatura ed elementi nonsense che vanno dal trascurabile all’imbarazzante, ma poco importa: Abbiamo Jet Li che combatte contro sé stesso in una fabbrica che sta per esplodere, con un sottofondo a base di pezzi metal (Papa Roach e Linkin Park, fra gli altri). Di cos’altro abbiamo bisogno?
E comunque nel film non c’è la torta di mele parlante.
The One è disponibile su Prime Video e Netflix.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a viaggi nel tempo e paradossi temporali, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.