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Uncharted Golden Abyss: Nathan Drake in cinque pollici

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Con il lancio giapponese di PlayStation Vita, non si può dire che Sony abbia centrato al 100% i gusti dei giocatori giapponesi. Per quanto ci riguarda, e da un punto di vista più "occidentale", le cose sono andate un pochino meglio e, tra i titoli di lancio, quello che attendevamo di più è proprio il protagonista di questa recensione. Già visto in altre occasioni in fase non definitiva, Uncharted Golden Abyss prometteva di rappresentare il primo tentativo di titolo "tripla A" sulla nuova console portatile: una categorizzazione ormai abusata, ma che in questo caso ben si presta visti i valori produttivi in gioco, la promessa di utilizzare tutte le peculiari caratteristiche della nuova piattaforma e, non ultimo, lo sfruttamento di uno dei franchise più popolari di sempre su PlayStation 3. Nonostante quanto già visto in giro per le fiere, insomma, è stato con grande curiosità che abbiamo inserito la minuta memory card del gioco nella nostra PSVita nuova fiammante e, dopo un paio di tap e indossate le fondamentali cuffie, abbiamo cominciato a giocare.

Secondo uno schema abbastanza abusato, ma sempre funzionale alle esigenze narrative, Uncharted Golden Abyss prende le mosse da un livello di "prologo" posizionato temporalmente in un momento molto avanzato nell'avventura, per poi proporre un riavvolgimento per narrare come Nathan si sia trovato subire... qualcosa di più che una pacca sulla spalla! Proprio questo prologo ci consente di cominciare a impratichirci con alcune delle novità portate dai nuovi sistemi di controllo (li vedremo con più calma più avanti), e ad apprezzare un impatto tecnico di buon livello: il dubbio che Uncharted Golden Abyss non fosse all'altezza dei suoi cugini "grossi", complice lo sviluppo assegnato non a Naughty Dog ma a Bend Studio (Syphon Filter, Bubsy 3D), aleggiava nell'aria, ma per fortuna già dai primi momenti si può apprezzare una sostanziale coerenza tra quanto visto su PlayStation 3 e quanto proposto in questo capitolo dedicato a PlayStation Vita. Al di là di qualche cambiamento dovuto alla mancanza dei due grilletti L2 e R2, infatti, il sistema di controllo resta quello a cui siamo abituati su PlayStation 3, con tutti i tasti dedicati alle medesime azioni. Su queste, poi, come se si trattasse di un livello d'interazione soprastante, vanno a incastrarsi le "mosse" ottenibili utilizzando le nuove funzioni della console portatile.

Tecnicamente non ci troviamo forse davanti a un titolo capace di far restare completamente bocca aperta: il contesto portatile, ovviamente, non va dimenticato e l'impatto audiovisivo resta di grande portata, ma di quando in quando fanno capolino imperfezioni, lievi problemi di aliasing, compenetrazioni strane di poligoni che, probabilmente, risultano ancora più evidenti proprio perché siamo di fronte a un Uncharted, sulla scorta dell'abitudine alla pulizia maniacale vista negli episodi per PlayStation 3. Si tratta, intendiamoci, di piccole cose nell'economia di un titolo capace di regalare scorci di grande impatto, di illuminare in modo ispiratissimo sia le foreste più luminose che gli anfratti più nascosti: inoltre, l'audio accompagna l'azione in modo perfetto, con "crescendo" musicali e momenti di quiete, dialoghi semplicemente perfetti (anche se dobbiamo citare un occasione in cui manca completamente un brano di doppiaggio nella nostra versione giapponese) ed effetti sonori sempre convincenti. Ci lascia perplessi, soprattutto, allegare a questo articolo immagini che non rendono davvero giustizia al gioco in movimento: scattate con l'apposita funzione "interna" della console, risultano più sgranate, sporche e meno appaganti rispetto al gioco vero e proprio guardato sullo schermo di PS Vita, come si può notare dai video che alleghiamo a questa recensione. Insomma, pur essendo presente qualche difetto, vi invitiamo a non prendere le immagini come testimonianza inattaccabile della qualità del prodotto.

Una delle bestialità più insopportabili che un team di sviluppo potrebbe compiere in un caso come questo è quella di forzare l'introduzione delle funzionalità della console in un ambito di gameplay consolidato, andando a snaturarlo per la voglia - o la necessità "di marketing" - di dimostrare le potenzialità della macchina. Possiamo dire che i ragazzi di Bend Studio non sono caduti nel tranello, anche perché - come già detto nella pagina precedente - gran parte dei "nuovi controlli" è sostanzialmente sovrapposta a quelli classici, e quindi non va obbligatoriamente utilizzata. Ecco quindi che il nostro protagonista si può controllare esattamente come su PlayStation 3: stick analogico sinistro per i movimenti, stick analogico destro per controllare la telecamera, X per saltare/arrampicarsi, quadrato per combattere a mani nude, cerchio per "scendere" e triangolo per le interazioni con gli oggetti. Con L si mira, con R si spara. Insomma, siamo a casa. Poi, su questo schema, si appoggia un ulteriore livello di controlli basati sulle due interfacce touch della console e sul sensore di movimento, ed è interessante notare come alcune di queste introduzioni siano davvero azzeccate, mentre altre appaiano esattamente come detto all'inizio: forzate e sostanzialmente inutili.

Tra le idee migliori, e lo diciamo non senza sorpresa, abbiamo rilevato la possibilità di toccare gli appigli su cui Drake dovrà arrampicarsi: non sarebbe nulla di che (e anzi risulterebbe parecchio scomodo) se l'interazione prevedesse di dover toccare ogni appiglio, ma invece è possibile trascinare il dito per tracciare un percorso più lungo e quindi attendere che Drake vada a compierlo, in un interazione forse più avventurosa che "action" in senso stretto. In alcuni casi è molto più comodo procedere così, anche per riposare un po' i pollici che, complici le posizioni a nostro parere infelici dei due stick analogici sulla console, tendono ad affaticarsi con una certa rapidità.

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Totalmente inutile, invece, è l'azione sul touchpad posteriore, che consente di arrampicarsi sulle corde: non si capisce perché sarebbe più comodo sfiorare il retro della console per "scendere" quando basta premere il tasto cerchio. Stesso discorso per ondeggiare sulle medesime corde (tramite inclinazione avanti-indietro della console) e - soprattutto - per i salti tra una sporgenza e l'altra, che prevedono l'inclinazione della console al fine di porre Drake nell'obbligatoria posizione "di proiezione".

Troviamo la stessa e identica filosofia di "sovrapposizione" nelle sezioni di combattimento: ovviamente, è sempre possibile eliminare un nemico silenziosamente premendo il tasto quadrato, o fare una scazzottata nel medesimo modo, però, per chi preferisse un approccio "touch", sono disponibili anche l'icona del pugno sul malcapitato avversario e una replica della stessa icona nell'apposita barra posta alla destra dello schermo.

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Proprio nelle scazzottate, fa poi capolino la dinamica tipo Quick Time Event - questa "obbligatoria" - che vedremo tra poco. Molto interessante a livello di pura interazione è invece la dinamica che governa, a meno di disabilitare il sensore di movimento all'interno delle opzioni, le sparatorie: inizialmente il sistema ci ha un po' spiazzati perché l'inerzia del movimento "classico" impostato attraverso lo stick analogico destro ci era parsa eccessiva, in realtà il problema derivava proprio dall'attivazione del sensore di movimento ogni qual volta si preme il grilletto L per mirare, cosa che rendeva poco efficace la nostra azione. Invece, una volta fatta l'abitudine con questo duplice sistema di controllo (e dopo aver opportunamente impostato al massimo la sensibilità del sensore di movimento), ogni scontro a fuoco si è rivelato molto appagante: si centra il nemico sullo schermo prima di premere il tasto L, poi si raffina la mira con il sensore di movimento e si spara. Se inizialmente facevamo un po' di fatica per ottenere buoni risultati, una volta memorizzato il nuovo sistema abbiamo cominciato a sbloccare i trofei dedicati agli headshot con una continuità addirittura imbarazzante. L'importante, appunto, è comprendere tempi e modi delle due diverse interazioni, e non fossilizzarsi sul sensore di movimento quando si ha il tasto L premuto, anche per evitare comiche torsioni del busto nel tentativo di andare a inquadrare un nemico distante: si apportano variazioni sensibili della mira con lo stick analogico (sempre attivo, anche con L premuto) e poi si "raffina" con il sensore di movimento.

Avevamo accennato ai Quick Time Event: questi sono completamente deputati al touch screen, e prevedono che il giocatore mimi il movimento proposto dal gioco, spesso con un limite di tempo piuttosto stringente. Può capitare, per esempio, che dopo un salto Drake si trovi appeso a una sporgenza in modo imperfetto, e allora il gioco ci chiederà di effettuare un movimento verso l'alto con il dito sullo schermo per impedire a Drake di cadere, oppure ci troveremo in condizione di dover interagire con uno dei coprotagonisti (per issarli verso una sporgenza irraggiungibile, per spostare il coperchio di una tomba, per abbattere un muro di pietre e così via), sempre attraverso questo genere di azioni "strisciate" sul touch screen. Queste interazioni le ritroviamo anche in altri ambiti, come per esempio durante le pagaiate a bordo di una canoa o nell'utilizzo del machete, che verrà chiamato in causa quando Drake dovrà farsi largo nei livelli o per aprire la strada verso qualche tesoro. Anche in questo caso, il gioco propone un movimento che andrà replicato, ovviamente senza il problema "pericolo" descritto in precedenza. Sebbene il sistema funzioni bene, in molti casi queste interazioni risultano un po' gratuite, ma tutto sommato sono poche e non danno molto fastidio. Dove il tempismo e la precisione sono invece fondamentali è durante le scazzottate, perché ogni cosa che non comporti un "instant kill" prevede una schivata, un calcio, un pugno (o tutte queste cose insieme) durante la sequenza di combattimento. La realizzazione è impeccabile, specialmente nel corso degli scontri contro i boss finali, perché la richiesta del movimento non interrompe mai l'azione, che al contrario viene proposta in una sorta di ralenti istantaneo. Drake, per esempio, deve colpire un nemico con un pugno? L'animazione parte, rallentata, e il movimento - sensibile al contesto, e quindi particolarmente intuitivo - viene mostrato a schermo. Completare l'azione sul touch screen comporta l'esecuzione della mossa giusta senza interruzioni di sorta.

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Durante l'avventura, vengono proposti enigmi fondamentali e altri "di contorno" derivanti dall'ampissima porzione dedicata ai completisti compulsivi. Gli enigmi, ovviamente, sfruttano al massimo le caratteristiche della nuova console, e vanno dalla necessità di ricostruire mappe e documenti strappati alla ricerca di indizi su oggetti sporcati dal tempo. Nel primo caso, si agisce sul touch screen per ruotare i pezzi e disporli sulla griglia disegnata sullo schermo (curiosamente, la maggior parte di questi documenti sono orientati secondo il verso verticale della console), nel secondo, si agisce sullo schermo per grattare via la sporcizia da diversi manufatti, allo scopo di scoprire qualche iscrizione. Drake non manca mai di portare con sé il suo carboncino, attraverso il quale potremo eseguire i calchi di disegni, forme, bassorilievi (ancora, passando il dito sullo schermo), e c'è anche un caso in cui viene usata in modo molto divertente la fotocamera posteriore della console, situazione che non vi raccontiamo per non rovinarvi la sorpresa. Insomma, il lato "avventuroso" di Uncharted Golden Abyss è convincente nel suo sfruttare le potenzialità offerte dalla console, e sebbene non tutte queste caratteristiche possano dirsi del tutto innovative e ci si trovi inevitabilmente di fronte a qualche forzatura, l'esperienza generale resta gradevolissima.

In termini puramente videoludici, e quindi fatta la tara alle variazioni sul tema introdotte dalle caratteristiche della nuova console, Uncharted Golden Abyss è un titolo che potremmo definire come un "Uncharted classico". L'avventura è in generale costruita sul solito mix di scalate, sparatorie ed enigmi, con parti di esplorazione ridotte ai minimi termini, a meno che non siate interessati a trovare tutti i tesori, a scattare tutte le fotografie e, insomma, a rispondere "presente" a qualsiasi richiesta accessoria proposta dal gioco. In generale, si può dire che Uncharted Golden Abyss non brilli per originalità, dal punto di vista della struttura del gioco, e, pur non mancando del tutto, sono anche meno presenti i momenti à la Michael Bay che hanno caratterizzato gli ultimi due capitoli della saga su PlayStation 3. Se vogliamo, Uncharted Golden Abyss come dinamiche è più vicino al primo titolo della serie che non al secondo, più legato alle radici tombraideriane che a quelle da blockbuster hollywoodiano.

I 34 capitoli in cui è divisa l'avventura, comunque, scorrono abbastanza piacevolmente grazie a una scrittura non originalissima ma comunque di buon livello, specialmente per quanto riguarda i dialoghi, a una realizzazione tecnica più che valida e a un sapiente mix delle tre componenti che rappresentano il cuore del gioco. Qualche critica può e deve invece essere mossa a un livello di difficoltà davvero basso a livello normale, che non cambia poi di molto riaffrontando l'avventura a livello "hard". In generale, il gioco è piuttosto facile e soprattutto fa storcere il naso il "cono d'attenzione" dei nemici nelle fasi stealth: ci è capitato più di una volta di uccidere un nemico praticamente sotto al naso di un suo compagno senza che questo muovesse nemmeno un sopracciglio.

Inoltre, non si possono dimenticare - a dispetto di piccole zone da esplorare alla ricerca di tesori - una certa linearità nello sviluppo dei livelli e alcune incongruenze che saltano all'occhio quando si scopre che Drake, capace di saltare oltre crepacci assurdi e arrampicarsi ovunque, non riesce a salire su una semplice scarpata. Infine, volendo concludere la sezione "pelo nell'uovo" interna a questa recensione, va anche detto che Uncharted Golden Abyss è tutto tranne un gioco portatile. Sebbene sia possibile fermare l'azione in qualsiasi momento e riprendere successivamente, sconsiglieremmo di affrontare il gioco durante viaggi in metropolitana, in treno, o comunque in qualsiasi situazione in cui non si abbia controllo del tempo e della propria libertà di movimento.

Uncharted Golden Abyss è un titolo "da console grande" portato su una piattaforma portatile, da godere a casa, sul divano, con un paio di buone cuffie e nessuno a disturbare (noi l'abbiamo testato durante i giorni attorno a Natale, quindi tra parenti e amici in visita le condizioni non erano proprio ideali!). In questa configurazione, il lavoro di Bend Studio può dirsi ben riuscito, appagante e assolutamente da consigliare a qualsiasi appassionato di action adventure in generale. Chi ama la saga di Nathan Drake, invece, non dovrà farselo scappare per nessun motivo.

Voto: 8.5