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Waterworld ha un ego smisurato quanto il suo protagonista

Nonostante siano passati trent’anni dalla sua uscita nelle sale, Waterworld si porta addosso, ancora oggi, l’etichetta di peggior flop della storia del cinema. La pellicola diretta da Kevin Reynolds con protagonista Kevin Costner arrivò a costare la bellezza di centosettantacinque milioni di dollari, guadagnandosi la palma, all’epoca, di film più costoso di tutti i tempi. Sbertucciato dalla maggior parte delle recensioni della stampa di settore, Waterworld incassò al botteghino poco più della metà della cifra investita per produrlo, portandosi a casa quattro Razzie Awards, fra cui quello per il peggior film dell’anno.

In realtà, il flop commerciale di Waterworld fu solo all’interno della “casa madre” statunitense, mentre andò decisamente meglio fuori dai confini a stelle e strisce: gli incassi del mercato estero e quelli successivi delle edizioni home video permisero alla Universal Pictures di ripagare in pieno i costi di produzione.

Ma cos’è andato storto con Waterworld? Beh, partiamo dall’inizio.

In Waterworld, il mondo civilizzato che conosciamo non esiste più. Lo scioglimento delle calotte polari ha portato alla scomparsa della terraferma e un mondo sommerso dalle acque. Uno scenario post-apocalittico alla Mad Max, un futuro distopico in cui i pochi sopravvissuti sono raccolti in atolli sparsi un po' ovunque, mentre altri vagano per mare mercanteggiando fra loro i pochi beni sopravvissuti al cataclisma climatico, facendo attenzione ai trafficanti di schiavi e soprattutto agli smoker, veri e propri pirati che fanno razzia dovunque vadano, derubando e uccidendo chiunque. Un mutante solitario senza nome (anche se nei titoli di coda viene indicato come Mariner), metà uomo e metà anfibio, vaga per i mari facendosi i fatti suoi, quando, suo malgrado, la sua strada si incrocia con quelle di Helen e della piccola Enola, che lo salvano da morte certa in cambio della garanzia di condurle con la sua barca verso Dryland, unico punto di terraferma esistente, una sorta di “terra promessa” che attira l’attenzione degli smoker, capitanati da un macchiettistico leader noto come il Diacono (interpretato da un Dennis Hopper sempre sopra le righe), che promette alla sua ciurma di moderni pirati di condurli verso nuovi lidi. Il mutante dovrà giocoforza scontrarsi con gli smokers, che hanno bisogno della mappa tatuata sulla schiena di Enola per raggiungere Dryland. Ovviamente il buon vecchio Kevin non potrà che uscirne vincitore, fino allo scontato lieto fine.

Waterworld nacque, nelle intenzioni di Kevin Kostner, come punta di diamante della sua carriera, che lo vedeva già come star di primissimo livello in quella seconda metà degli anni Novanta. Un kolossal fantastico fin troppo ambizioso, che voleva probabilmente essere l’inizio di una saga con protagonista il burbero mutante senza nome e senza passato, scaltro e apparentemente invincibile, interpretato dallo stesso Costner. Un film che però, pur vantando una cornice tecnica notevole, tra fotografia, colonna sonora ed effetti speciali, non aveva nulla di nuovo da raccontare rispetto a quel Mad Max dal quale aveva saccheggiato già diverse idee. I personaggi erano poco sviluppati e a livello di trama appariva zoppicante qua e là, con soprattutto lo sviluppo del rapporto affettivo tra Mariner e le due figure femminili troppo affrettato e forzato, fino a una conclusione eccessivamente telefonata. Lo stesso Costner, che nel progetto Waterworld appare anche nelle vesti di produttore, aveva litigato pesantemente con Kevin Reynolds, con il quale aveva già lavorato su diverse altre pellicole e che lui stesso aveva voluto al timone come regista, costringendolo ad abbandonare il set prima che il film fosse terminato. Waterworld venne quindi montato tenendo conto delle indicazioni dello stesso Costner e tagliato pesantemente, cosa che sembra spiegare alcuni punti del film un po' confusi. L’effetto opposto sulla carriera del buon vecchio Kevin fu l’opposto di quello sperato: dopo il flop, non riuscì più a tornare ai suoi vecchi fasti.

In realtà Waterworld, rivisto oggi, non aveva nulla di veramente negativo: era un film valido dal punto di vista tecnico ma poco da quello, diciamo così, “emozionale”, raccontava una storia tutto sommato poco originale e già vista, e pur avendo la pellicola una cifra stilistica perfettamente in linea con quella degli anni Novanta, era forse troppo ancorata a un certo cinema fantastico e fantascientifico del decennio precedente, mentre il medium stava imboccando altre strade e altri generi. Aggiungiamo poi il fatto che, in virtù delle ambizioni che il film aveva, gli elementi mitologici, epici e addirittura bibilici sparsi qua e là erano forse infilati senza un filo logico che unisse il tutto.

Waterworld diventò successivamente un film di culto, tanto da meritarsi un sequel a fumetti e una nuova versione denominata The Ulysses Cut, con ben trentacinque minuti aggiuntivi per un totale di centosettantuno minuti di film, che, a detta di chi l’ha visto, rendono il tutto più coeso, coerente e approfondito. Zack Snyder, non sei solo.

Il film si è meritato anche un tie-in videoludico per le console dell’epoca – un modesto platform a scorrimento laterale con elementi shooter – anche se più del gioco ufficiale viene ricordata quella scena de I Simpson in cui Milhouse gioca in sala giochi a quel Kevin Costner’s Waterworld che richiedeva ben dieci dollari a partita (ironizzando probabilmente sui costi del film).

Pur non essendo un film per il quel vada pazzo, a Waterworld sono legato in quanto è stato uno dei primi film che ho recensito per il giornale scolastico durante il periodo in cui frequentavo le scuole medie. Avevo già in quel periodo l’interesse per la scrittura e mi cimentavo in queste recensioni amatoriali, comprando la rivista Ciak ogni mese per cercare di capire come si scrivesse una recensione professionale e, soprattutto, erano anni in cui film come questo, al di là dei difetti più o meno oggettivi, erano dei veri e propri eventi, e ogni volta uscivi dalla sala tutto sommato soddisfatto per aver vissuto una nuova storia. Altri tempi, decisamente altri tempi.

Comunque, qualche anno fa, precisamente nel 2021, è stata annunciata una serie televisiva sequel del film originale. Chissà che non si riveda anche Kevin Costner con le branchie, i piedi palmati e nuovamente armato di fiocina.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai pirati, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.