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White Night, noto anche come Lo Scorretto

Chi ci segue regolarmente (chi?) si starà magari chiedendo che senso abbia pubblicare ben due articoli su White Night a distanza di un paio di giorni. Vorrei darvi torto, fosse anche solo perché dar torto a chiunque è un po' la mia missione di vita, ma la verità è che io e il caro Shin X ci siamo incasinati, c'è stata una mancanza di comunicazione, il ginocchio ha fatto contatto col gomito ed è finita che lui ha scritto una Mensola dedicata al gioco di Osome Studio mentre io mi preparavo a recensirlo. E quindi che si fa? Niente, si pubblicano comunque entrambi gli articoli, perché alla fin fine magari esprimiamo opinioni un po' diverse, perché mi piace – quando possibile – l'idea di dar spazio a più voci sullo stesso gioco, perché sono talmente pirla che invece di preparare la valigia per il weekend lungo sto scrivendo di fretta gli ultimi articoli e per altri cinque o sei motivi che adesso non mi sembra il caso di stare qui a scrivere.

Fatto sta che oggi si parla di White Night, un gioco che seguo con attenzione dalla fine del 2013, quando me lo ritrovai davanti passeggiando fra i tavoli della Game Connection Europe a Parigi e rimasi folgorato dal suo stile visivo. Ebbene, una cosa possiamo dirla: su quel fronte, White Night è e rimane un gioiello, un mezzo capolavoro di ricerca estetica, che purtroppo paga a più riprese, con svariate incertezze tecniche, i mezzi limitati a disposizione dei suoi sviluppatori, ma nonostante questo spicca in maniera meravigliosa e brilla di luce propria. Ganzo, eh? Guardatevi il trailer, se non l'avete già fatto.

Il concetto di base non è poi tanto distante da quello di tanti altri giochi horror e ruota tutto attorno al pasticciare con luci e ombre. La scelta di puntare su uno stile visivo così particolare, però, trasforma ogni raggio di luce in una mano di vernice bianca e regala al gioco un'atmosfera incredibile, che nei suoi momenti migliori lo fa diventare una fra le cose più belle che mi sia capitato di far girare sul mio monitor negli ultimi anni. La sequenza sotto la pioggia, da sola, regala un tripudio di fascino fortissimo ed è probabilmente uno fra i momenti videoludici che mi porterò dietro di questo 2015. Hai detto niente.

Le soluzioni visive, poi, si intrecciano molto bene anche con il gameplay. White Night è un'avventura horror fortemente ispirata a un classico come Alone in the Dark (il primo, quello del 1992, la cui creazione vi ho raccontato a questo indirizzo) e propone come parte integrante dell'esperienza una serie di piccoli enigmi da risolvere, per lo più organizzati sulla necessità di scovare oggetti nascosti e utilizzarli nel luogo giusto. E per riuscirci, spesso, bisogna manipolare le fonti di luce, o spostare oggetti in modo da irradiarli con le emissioni di lampadine e altro, sfruttando la particolare estetica del gioco per svelare questo o quel dettaglio. Alla fin fine, capiamoci, si tratta di effetti di illuminazione, ma la natura tutta bizzarra dello stile visivo finisce per dare a questo genere di meccaniche un fascino diverso dal solito.

Che faccio, entro?

L'aspetto enigmistico della faccenda, comunque, include anche alcuni puzzle un po' diversi, basati magari sull'interpretazione di simboli arcani e altri suggerimenti, che ricordano ancora di più l'approccio del modello di riferimento classico . Tutto questo, poi, è inserito nel contesto di un gioco che ovviamente vuole far paura e ci prova sfruttando, di nuovo, la luce e il tipo d'interazione – non particolarmente originale – che essa ha con i fantasmi che infestano la magione in cui si svolge il tutto. E qui casca l'asino, soprattutto perché gli si è spento il fiammifero e non vede più nulla.

I fantasmi sono letali. E quando dico letali, intendo dire che se ti acchiappano muori sul colpo, non si scappa. Proseguendo nel gioco si fanno sempre più numerosi. Possono essere sconfitti dalla luce elettrica, ma di fronte a quella prodotta dai fiammiferi non fanno una piega. Anzi, accendere un fiammifero nelle loro vicinanze ci rende visibili a loro. In compenso, se la luce è spenta, dopo qualche secondo veniamo comunque fatti fuori e, soprattutto, non vediamo letteralmente una sega, quindi diventa un po' complicato muoversi. Tutto questo va a incastonarsi col fatto che le fonti di luce elettriche sono poche, spesso rotte, da riparare o prossime allo sfasciarsi, mentre i fiammiferi, utili per spostarsi e accendere pratiche candele, sono presenti in numero limitato, con scorte da rimpinguare raccogliendo pacchetti in giro. Ah, un ultima cosa: i punti di salvataggio sono dei comodi divani su cui il nostro eroe si siede a dormire, cosa che è ovviamente possibile fare solo se protetti dalla luce.

I fiammiferi sono presenti in abbondanza, ma servono davvero troppo e, soprattutto, a tratti si ha un po' la sensazione che il gioco esageri nel costringere a sprecarne per crear tensione.

Insomma, c'è una bella serie di dinamiche intriganti, a cui si aggiungono altri spunti sfiziosi, dal fatto che talvolta i fiammiferi fanno cilecca a quelle situazioni in cui, per manipolare oggetti o spostare elementi dei fondali, è necessario liberarsi le mani dai cerini e, quindi, scovare fonti di luce alternative. Il problema è che il rapporto incrociato fra tutte queste dinamiche non è sempre bilanciato a meraviglia e va anche un po' a cozzare con il sistema di inquadrature semi-fisse, anch'esso in linea col modello di Alone in the Dark. Perché, ehi, va bene la fedeltà alla linea, va bene il survival horror hardcore, però bisogna anche trovare un pizzico di coerenza. Non puoi creare un gioco in cui, fra inquadrature da sotto il posacenere e movimento del personaggio un po' impacciato, è sostanzialmente impossibile muoversi con agilità. Insomma, non puoi crearmi situazioni in cui non vedo un cazzo, perdonatemi il francesismo, e poi farmi tallonare da quattro fantasmi assieme, con morte immediata se mi prendono e punto di salvataggio incagliato due stanze in là. Non si fa.

Non si fa soprattutto perché si finisce per sfondare quel labile confine che separa il senso di timore, di impotenza, di totale negazione del delirio d'onnipotenza che i videogiochi “normali” regalano, dallo scoglionamento precoce figlio della dodicesima morte consecutiva che ti ammazza l'atmosfera. È un confine molto labile e personale, che talvolta ha pure a che vedere con la credibilità del contesto narrativo e che ognuno vive alla sua maniera. Ho adorato i due Forbidden Siren, ma per molta altra gente si tratta di giochi che hanno completamente sbagliato a piazzare quel confine. In molti hanno amato Outlast, ma per me è un gioco che quel confine non sa neanche dove stia di casa. E Resident Evil: Revelations fa cacare. Non c'entra molto ma mi andava di dirlo.

White Night, a parer mio, il confine lo percorre in maniera traballante ma piuttosto sicura, però in due o tre occasioni perde la via e lascia spazio al tedio. Di nuovo, son questioni personali, non è detto che valga così per tutti, ma di sicuro si potevano bilanciare meglio i vari elementi. Anche perché quando funziona, quando non ti assilla coi suoi obblighi e ti lascia immergere nella bella atmosfera, magari poi dandoti un'improvviso schiaffo a base di “buh”, il gioco di OSome Studio è davvero una bella avventura horror, capace di affascinare, sedurre, inquietare e spaventare. I fantasmi, al netto di quanto detto sopra, funzionano bene, integrano a dovere le meccaniche con le scelte stilistiche e contribuiscono al feeling totalmente bizzarro, che oscilla fra il noir classico e la ghost story più moderna. E le vicende, per quanto magari un po' prevedibili, sono molto ben raccontate, ricche oltretutto di spunti intriganti sparsi fra diari, giornali e (bellissime) fotografie.

Quindi, insomma, White Night ha i suoi difetti, e sono difetti che possono tranquillamente “romperlo” se la vivi male, ma sotto la scorza nasconde un gioco che fa tante cose interessanti e che un appassionato d'horror dovrebbe provare. Poi, figuriamoci, io son sempre convinto che se ti spacchi i maroni per queste cose ma l'esperienza in generale ti piace, beh, è il momento di attivare i cheat e godertelo per davvero. Ma questa volta non l'ho fatto, eh!

Ho giocato a White Night grazie a un codice Steam gentilmente fornito da Activision Italia e ho portato a termine l'avventura nel giro di circa cinque ore, lasciandomi però dietro un sacco di roba collezionabile, tra foto, documenti e altro. Ah, ho sbloccato 18 achievement su 33.

Voto: 7,5