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Il bagno di folla e di giochi della Milan Games Week 2016

Il bagno di folla e di giochi della Milan Games Week 2016

Come ogni anno, spunta la Milan Games Week e come ogni anno io chiedo un pass stampa (o blogger) per non pagare il biglietto ma, soprattutto, per saltare la fila. Non so quanti di voi abbiano partecipato a una delle ultime edizioni ma, in sostanza, dentro si sta tutti compressi come granelli di zucchero nelle bustine del bar, in attesa che uno spazio più vuoto funga da strappo per liberare la marmaglia umana deambulante.

E ogni anno i visitatori sembrano moltiplicarsi e rendere il tutto ancora più incasinato. La postazione dedicata alla PlayStation VR vantava file enormi, tanto che i gentili standisti erano stremati e probabilmente anche un po’ spaventati, mentre il sottoscritto e altri compari da quel gran bel sito che si chiama The Shelter cercavano - spesso invano - di elemosinare ai PR un provvidenziale salto delle code. 

I flyer nelle tasche per ricordarmi i giochi che ho provato: la senilità.

I flyer nelle tasche per ricordarmi i giochi che ho provato: la senilità.

Quest’anno in quel di Fiera Milano City c’era la qualunque. A cominciare dai soliti youtuber, capitanati da quel Favij palesatosi mentre mi consegnavano il badge e circondato da sei bodyguard che lo proteggevano come il prezioso vaso dell’Amaro Montenegro. O una demo giocata (non giocabile da noi comuni mortali) di The Last Guardian, osservata con discreta ammirazione dopo il primo ingresso nell’apposito spazio negato perché doveva entrare Sabaku. Che ci volete fare, il pass da blogger in mia dotazione era connotato da un coso dal color arancione leggermente tendente al marrone, simbolo probabilmente della mia posizione nella scala gerarchica delle priorità dei PR lì presenti. Il gioco più atteso da Calcaterra sembra in effetti molto fregno, pur se accompagnato da un aspetto tecnico da titolo di grido della PlayStation 3; un perfetto anello di congiunzione tra Ico e Shadow Of The Colossus che, probabilmente, piacerà a quei fan sopravvissuti all’estenuante attesa.

C’era un Titanfall 2 piuttosto in forma ma che tanto morirà malissimo perché la sua release date è tra quella di Battlefield 1 e il nuovo Call Of Duty, lo stand di Unieuro che ogni tot ore tirava fuori l’offerta del millennio di quelle che i millennial (sigh) corrono in massa, l’angolo stampa di Microsoft piccino picciò ma con i baci di dama da sgraffignare e una demo di Gears Of Wars 4 su PC così ben ottimizzata che partito un filmato si è bloccato tutto. Anche la macchinetta dei caffè. C’erano uno stand Nintendo che non ho capito a che serviva, il panino con la porchetta a cinque euro e una miriade di roba di editori “grossi” uscita però già da tempo. A parte qualche rara eccezione di cui mi sfugge al momento il ricordo, solo Sony con il già citato The Last Guardian, Horizon Zero Dawn, GT Sports e lo stand di una Playstation VR lanciata praticamente in quel weekend sembrava aver portato roba “di peso” alla GamesWeek di Milano. Cioè, i ragazzi di Microsoft strasimpatici e gentili, ma se il tuo gioco “nuovo” dopo Titanfall 2 è Killer Instinct Definitive Edition, ti saluto, ti abbraccio, però sbadiglio dentro.

Prodotti di punta.

Prodotti di punta.

Inaspettatamente ricca e visitata l’area indie presidiata da AESVI, zona che a molti ha fatto gridare al miracolo e che invece, a me, ha lasciato soddisfatto ma non estasiato. La scena indipendente italiana sembra infatti estremamente polarizzata: se da un lato ho potuto apprezzare progetti solidi, ben realizzati o comunque dotati di idee ben precise, non sono mancati progetti che sembravano lanciati così, tanto per, senza reali basi alle loro spalle, specialmente dal punto di vista del mercato. E sì, lo so bene che l’indie gaming è bello perché è la creatività libera dai publisher cattivi e oppressivi, però, anno dopo anno, la scena indipendente è sempre più competitiva e, insomma, sono un cuore di panna e mi farebbe male veder fallire il lavoro e la passione di ragazzi spesso anche molto più giovani di me.

Tra i titoli che ho provato, però, ci sono alcuni che mi sono entrati dritti nel cuore. Come l’italianissimo Milanoir, gioco tutto pixel, azione e Italia anni Settanta, con una sezione sparacchina ambientata nella zona dei navigli della capitale Lombarda. Nonostante un sistema di controllo che necessita di un po’ di snellimento, l’ambientazione è affascinante, il groove è potente tanto nella colonna sonora quanto nell’azione a schermo e il filmato introduttivo, con tanto di scelte da compiere al suo termine, fa presagire un prodotto finale di sicuro fascino e probabile qualità. Il signor Maderna è pregato di recapitarmi una review copy quando uscirà completo, insomma.

Me la sono un po’ presa invece con Dry Drowning per via del suo flyer strombazzante un gameplay superinnovativo che, però, a me ha ricordato tantissimo i giochi della serie di Phoenix Wright, che, insomma, sono in giro da parecchi anni. Poi mi sono ricordato che a me però la saga dell’avvocato Capcom piace un casino e che, tra bei artwork e un’ambientazione piuttosto cupa ma affascinante, c’è di che attendere anche qua. Rispetto al citato Milanoir e al legale dall’iconico indice puntato, il mood qui è decisamente più scuro, quasi opprimente, in un futuro dove corruzione, razzismo e distopie utilitaristiche sembrano farla da padrona e dove persino i protagonisti non sono i classici “ragazzi perfetti” a cui siamo abituati. La scrittura, un po’ prolissa, lascia però presagire una storia quantomeno interessante, per questo gioco investigativo per i giocatori fella PC master race.

Sfizioso ma ancor più “classico” di Dry Drowning è invece The Wardrobe, avventura punta e clicca con chiari riferimenti alla LucasArts che fu. Un protagonista scheletrico che fa battute a raffica e deve interagire e risolvere enigmi in una villetta è al centro di una demo che sembra anche un frullatone di tutti quegli adventure game a vena comica che ci hanno accompagnato nell’infanzia e nell’adolescenza. Sembra sfizioso, ma bisognerà attendere la versione definitiva, per scoprire se poi The Wardrobe avrà anche una personalità tutta sua. 

Sempre in zona Lucas c’è Detective Gallo, dallo stile grafico delizioso e già portatore di una trama fuori di zucca: il detective pennuto è infatti chiamato a risolvere l’omicidio di una pianta, in un’avventura in cui lo stile grafico non ha nulla a che invidiare ai migliori numeri di PK e pieno di battute sarcastiche da ghigno a denti stretti. 

Interessante l’idea di The Way Of Life. Il gioco si propone di mostrare delle micro-esperienze interattive, da circa dieci minuti l’una, utilizzando il diverso sguardo sul mondo di un bambino, un adulto e un anziano. A seconda del protagonista, non solo cambierà il nostro modo di giocare (l’anziano è molto lento e il bambino non possiede la stessa forza di un adulto), ma anche le modalità di percepire la realtà: il più piccolo osserva ogni cosa con colori vividi e sgargianti, il mondo dell’adulto è decisamente più grigio, mentre l’anziano, poverino, soffre un po’ di cataratta e a volte vede tutto sfocato. L’idea di un tris di esperienze, unite tra loro da una tematica comune, è decisamente intrigante, così come la possibilità di arrivare ad epiloghi differenti a seconda delle azioni che si compiono in game. C’è solo da capire come tutto ciò verrà tradotto nel gioco finito, di cui però potete già assaggiare una sezione nella demo su Steam.

Fenomenale invece SIHEYU4N, gioco da multiplayer locale di We Are Müesli, che dovrebbe entrare di diritto in tutti quegli ambienti lavorativi dove ci si riempie la bocca di parole come “team working” per poi rimandare la creazione di uno spirito di squadra a tristi aperitivi aziendali, o ancor più meste lezioni frontali. Nel gioco del talentuoso team italiano, quattro partecipanti sono chiamati a riempire con figure colorate gli spazi del medesimo colore nella propria zona. Come in Tetris, i pezzi sbucano e si muovono da soli; il giocatore può direzionare la loro caduta o - ed è qui la trovata - passarlo in una delle zone dei giocatori a lui adiacenti. Appare ben presto come l’unico modo per riuscire nell’impresa sia quello di collaborare attivamente, chiedendo a gran voce di ricevere un quadratino di un determinato colore o, invece, passando al proprio vicino quel blocco in grado di aiutarlo. Più difficile da spiegare che da giocare, SIHEY4N è riuscito a coinvolgere incredibilmente chiunque lo abbia provato, regalando enormi soddisfazioni anche in caso di sconfitta. Davvero una grande idea, realizzata con uno stile grafico minimalista ma ricchissimo.

E guarda come ti arreda bene il salotto!

E guarda come ti arreda bene il salotto!

Pollice verso invece per All-Star Fruit Racing e Boss Defiance. Il primo, un clone di Mario Kart con i power up che si ottengono miscelando diversi tipi di frutta, è probabilmente a uno stadio dei lavori troppo arretrato e non ha mostrato per nulla una demo convincente; il secondo, invece, mi è apparso come una versione molto “ridotta” e decisamente poco rifinita di Crawl, party game da divano fenomenale che qui però è stato declinato solo nelle sue sezioni in cui tre giocatori devono sconfiggere un quarto che veste i pixel di un grosso boss. Il tempo che lo separa dalla release non è poi molto ma, come amiamo dire da queste parti, vai a sapere. Non mi hanno pienamente convinto nemmeno Lost Paradise, Toygeddon, 5 Minutes Rage e Vodoo, le cui idee, spesso interessanti, sono purtroppo annebbiate da una realizzazione non sempre all’altezza e una generale mancanza di cura. E sì, lo so che le demo sono prodotti “non finiti” per definizione, ma non per questo a una fiera non devi mostrare comunque un qualcosa che abbia una sua rotondità.

E poi vabbé, la Games Week è anche e soprattutto un’occasione per incontrare amici e conoscenti, non ultimo il Nabacchio più amato da grandi e piccini in una forma precedente da quella larvale dell’ultimo giorno. Perché se c’è qualcosa che non cambia mai della Milan Games Week, è che alla fine ne esci sempre un po’ rotto, se non nello spirito almeno nel fisico. L’anno prossimo mi porto un po’ di paracetamolo in più.

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