Quando ho tolto le rotelle alla bici c'era Super Mario Bros. 3
Il primo ricordo che ho della mia esistenza è suppergiù un piccolo Peppe in età da scuola elementare, pancia prona sul lettone e culo nudo all’insù. Di fianco mio padre, con una siringa di dimensioni ignote ma pronto a far gruviera delle mie natiche. Liscissime, ovviamente, o almeno quello dice la memoria.
Ma è un ricordo felice, perché tra le mani avevo un pad del NES. Che poi, come lo chiamavamo all’epoca? Pad? controller?Joypad? Certamente non joystick, visto che di stick non ne aveva. Sullo schermo della stanza dei miei, l’unica televisione che conoscevo all’epoca, c’era lì zompettante Mario nell’iconico primo livello di Super Mario Bros..
Non so se fosse la prima volta che passavo all’azione, sinceramente. Uno dei miei altri ricordi d’infanzia era infatti vedere mio padre giocare e finalmente arrivare all’ottavo “mondo” di Super Mario Bros. 3, con me e mia sorella esultanti per il risultato. Un Twitch d’altri tempi, insomma, con tanto di commenti in diretta e videogiocatore che risponde al pubblico; risposte che ovviamente mica ricordo davvero, non esageriamo.
Dovete sapere, infatti, che ho enormi vuoti di memoria e un altrettanto grande difficoltà a collocare in ordine cronologico gli avvenimenti della mia vita. Con la mia compagna, nonostante i numerosi (tredici..? ecco) anni ormai insieme, ancora oggi sono forti le discussioni su quale gatto sia arrivato prima dell’altro a casa dei miei genitori o di quando siamo andati in un tale luogo invece che l’altro. Non ho mai particolarmente indagato su questa mia mancanza quasi totale di memoria fino agli anni del liceo e una generale fumosità di ciò che mi è accaduto fino a cinque o sei anni fa. Magari c’è un nome scientifico per tutto ciò. La mia compagna dice che sono, semplicemente, na capemmerd.
E quando le persone dicono espressioni del tipo “I giochi di Mario fanno parte della mia infanzia”... beh, per me è alquanto letterale la cosa. O meglio: i giochi di Mario definiscono la mia infanzia. Gran parte dei ricordi che ho è legata ai diversi videogame del baffuto eroe Nintendo o a momenti delle sue avventure particolarmente impressi nella mia memoria; la salvifica Wikipedia fa il resto, dandomi date di uscita che riescono a collocare più o meno su una linea temporale immaginaria la mia vita prima del 2016. Comodo, vero?
La nuova casa dei miei genitori dove stare tutti più larghi? Super Mario 64 e i cuginetti che venivano a rotazione per vedere quanto era follemente bella la scalata al monte per combattere King Bob-omb. Gli anni delle medie e i nuovi amici di scuola? Ovviamente le mazzate in Super Smash Bros., con “wahoo” dei vari Mario, Lugi e Yoshi. I primi lavoretti estivi? Le mazzette di banconote di scarso taglio per poi provare a comprare Paper Mario 64. La prima delusione derivante dal lavoro? Il padre che ti da del cretino e ti dice che no, non esiste, quei soldi te li devi tenere da parte per cose che “servono davvero”.
Difficile fargli comprendere il mio bisogno fisico di Paper Mario 64. Gli anni delle medie furono segnati anche dai primi esperimenti con internet, per vedere ovviamente il sito web in inglese dedicato a Mario Tennis 64, visto che tira più un pelo di baffo di idraulico videoludico che quello che pensate voi, maliziosi che non siete altro. Ma anche i pomeriggi semiclandestini per tirare giù i miei primi megabyte in chissà quale sito losco per provare i miei primi emulatori. Prima rom assolutamente Super Mario World (a proposito, qui c’è il Retroutcast acconcio) per quel Super Nintendo che, ricordo benissimo questo, essere stata l’unica console di Mamma N ad essersi rotta nella mia vita.
Per non raccontare invece della tracotanza nel mostrare le scoperte dell’emulazione all’amico / vicino, che voleva tanto provare anche lui quel Super Mario RPG di cui decantavo le glorie. Super Mario RPG, mitico palliativo al Paper Mario negato e mai più ritrovato sugli scaffali dei negozi.
I primi anni del liceo furono invece dedicati a Melee, ma mi sembra di avervelo già raccontato. Forse. Vai a sapere. Ricordo molto meglio invece le triangolazioni cosmiche per approfittare della vicina che va a fare shopping in città e strapparle un passaggio per comprare il tanto agognato Super Mario Sunshine, quel platform di Mario che avrei tanto voluto al lancio di GameCube e che stando a NRU - ciao Ugo - era veramente una figata cosmica; con conseguente ritorno del padre in versione severa l’esatto giorno dopo a sequestrarmi Gamecube e gioco perché non mi ero comportato benissimo. “Io ti ho introdotto a questo Mario e io te lo tolgo”. Più o meno.
Insomma avete capito l’antifona, anche perché poi i ricordi diventano più nitidi, anche se confusi nella tempolinea di cui sopra, mescolati così come sono con altre serie che porto nel cuore, quasi tutte Nintendo come ovviamente potrete immaginare. E credo che dei Mario miei ve ne freghi tendenzialmente zero.
Forse è l’aria malinconica di questo ponte pasquale o i Korn insospettabilmente nelle casse dopo non so quanti anni. O forse sono i troppi Retroutcast dove gli altri avventori più anziani di me raccontano la loro infanzia. O magari l’età che avanza inesorabile per tutti, soprattutto per chi ha pochi e frammentati ricordi di un passato che a volte non so di aver vissuto davvero o se invece costruito sui racconti altrui.
Ma ogni volta che mi fermo a pensare a “Mario”, oltre i singoli giochi intendo, non posso che constatare quanto sia davvero troppo parte del mio vissuto. Il mio primo vero supereroe, tanto che con i miei amici replicavamo le avventure nel Regno dei Funghi con la nostra fantasia molto più spesso e volentieri di quanto ci interessasse vestire i panni di Batman, Uomo Ragno e altri personaggi di cartoon e fumetti; e i quadretti dei nostri quaderni di matematica erano perfetti per disegnare livelli immaginari ben prima di Mario Maker, un blocco alla volta. E le giornate di pioggia erano perfette per rigiocare allo sfinimento i livelli di Mario Land per Game Boy, sfidandoci a chi era più rapido nell’arrivare ai titoli di coda, precursori degli speedrunner moderni.
La presenza di Mario nella mia vita (in casa dei miei c’era da ben prima del sottoscritto) ha avuto un segno tanto quanto la scoperta degli Iron Maiden nel mio approccio alla musica o di Slam Dunk nel provare a giocare prima e seguire ora quel meraviglioso gioco che è il basket. Potrà sembrare un’esagerazione, ma non riesco proprio a immaginare come sarei oggi se mio padre non mi avesse messo tra le mani quel pad per farmi stare tranquillo mentre mi riempiva di siringhe. E la mia immaginazione è abbastanza potente, al contrario della mia memoria.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Mario, che trovate riassunta a questo indirizzo.