Yakuza 5 – Mens insana in corpore jappo
Una descrizione di approccio all’esperienza di gioco mascherata da racconto di finta vita vera inventata ma grossomodo accaduta
Un lampo squarcia il cielo di Fukuoka e il conseguente tuono mi fa spalancare gli occhi. Sono le quattro del mattino, fra tre ore dovrei già essere alla compagnia di Taxi dove lavoro e so già che non riprenderò mai sonno... troppi pensieri. Decido di fare un giro per il quartiere, mi rilassa passeggiare di notte e lasciarmi intrappolare dalle luci e dai rumori della città, che non dorme mai.
Esco e affronto la tenue pioggia novembrina, riscaldato solo da una sigaretta. Mi focalizzo sui suoni in lontananza: il vociare di una gruppo di ragazzi sbronzi, un treno che sfreccia di passaggio nella vicina stazione, la sirena di un'ambulanza che si perde nell'etere. Mi rilassa, già, ma soprattutto mi aiuta a non pensare. Penso troppo, ultimamente, soprattutto al passato. Non dovrei, ma per quanto cerchi d scacciarlo torna sempre a farsi vivo.
Il passato lo fa sempre.
Eccomi di fronte a LeMarche, una delle catene di negozi di lusso che sembra mi segua da quando ero ancora uno della Yakuza e le mie scarpe in pelle di pitone battevano sull'asfalto di Kamurocho, di sicuro più lercio di Fukuoka, non nella superificie quanto nell'anima. La Yakuza. Il passato, appunto. Quando le notti le passavo a picchiare teppisti per fare sì che i locali che il mio Clan proteggeva non rischiassero qualcosa.
Come dicevo, però, il passato è sempre bravo a ritornare e decide di farlo mentre finisco la sigaretta e mentre tolgo lo sguardo dalla vetrina di LeMarche. Mi si avvicina un ragazzo in tuta, col cappuccio che gli cela il volto, assieme a un paio di occhiali scuri. Estrae un coltello. Avrà si e no vent'anni e da come trema capisco che è la prima volta che tenta di rapinare qualcuno nel bel mezzo di una strada, solo perché questo qualcuno è di fonte a una vetrina per ricconi.
Quasi mi spiace per lui, perché casca proprio male. Non tanto per i soldi. Quelli, grazie allo stipendio e alle mance da tassista, mi permettono di vivere discretamente. Più perché non ho mai avuto pietà per chi punta un'arma su qualcuno di indifeso. O che creda essere indifeso, come in questo caso.
Scatto, sposto subito il braccio armato di coltello e sferro un pugno dritto sul naso al ragazzo, probabilmente rompendoglielo. Cade sulle ginocchia, lasciando cadere la lama, mentre altri due poco più grandi di lui mi si avvicinano, minacciosi. Hanno mandato avanti il più giovane, forse per testare se avesse le palle. Al primo rompo un braccio, con una presa che lo proietta contro delle biciclette parcheggiate lì vicino. L'altro tenta di fuggire, ma fermarlo è facile: basta raccogliere un cono spartitraffico che mi capita sottomano in quel momento e tirarglielo mirando alla nuca.
Lo centro. Barcolla. Lo raggiungo. Credo si ricorderà per molto del pugno che gli sferro alla mandibola, visto che quelli che volano via mentre rotea in aria prima di cadere al suolo sembrano due molari. Un altro grande lampo si fa strada fra le nubi, illuminando a giorno la strada e le mie mani sporche del sangue dei ragazzi, tutti e tre a terra svenuti. Le poche persone in zona che hanno visto l'accaduto scappano tutte, alcune urlando di chiamare la polizia. Tutte tranne una, un ragazzo grassottello che mi ringrazia. Fa due rapidi inchini e mi dice che la Yakuza permette che le strade della città siano pulite e che i piccoli crimini siano sempre meno. Dice anche che testimonierà a mio favore e mi consiglia di dileguarmi prima che arrivino le forze dell'ordine.
Sparisco nel temporale, tornando al mio piccolo appartamento, senza dire nulla al ragazzo ma semplicemente voltandomi e accelerando il passo. Non sono un membro della Yakuza. Sono un tassista. Avevo un impermeabile, non un vestito elegante tipico della malavita organizzata. Eppure.... eppure è quello che sono sembrato a quel ragazzetto. Un picchiatore professionista.
E io non ho avuto nemmeno la forza di negarlo. Decido che forse due ore di sonno posso provare a permettermele, prendendo un paio di sonniferi e sprofondando in un sonno senza sogni.
Vedo qualcosa davanti a me, sto sognando? Una rivista. Ho in mano una rivista. YAKUZA è una saga di videogame? Siamo nel 2005? Toshihiro Nagoshi è il creatore? Sono io il protagonista: Kazuma Kiryu. Sono io, ricreato in un videogame, dieci anni fa? Non capisco. È tutto confuso, non riesco a staccarmi dalla rivista. Parlano di me, della mia storia. “Immersione totale nell'atmosfera giapponese”, “La criminalità, i drammi, luci e ombre del Giappone di oggi”, “L'erede spiriturale di Shenmue?” Minigiochi. Perchè andare a giocare a Baseball, uno dei miei hobby preferiti, qui viene definito “minigioco”? La rivista, muta sotto le mie mani, cambia. “Controversie, censurato in occidente il minigioco degli Host Club in Yakuza 3”. Tre? Perchè la mia vita è stata divisa in capitoli? Censure? Come sanno che mi capita di frequentare gli Host Club? Cosa sto sognando? Sudo. Tremo. Strappo con forza la rivista.
Taxi! Il momento di assopimento finisce quando un elegante uomo d'affari mi urla da fuori del finestrino. Sono l'ultimo della coda, tocca a me prendere il cliente. Mi ero assopito cinque minuti, dopo l'incubo di ieri notte, sono più assonnato di prima. Ascolto distrattamente il passeggero, partecipando controvoglia alla conversazione: il capo dice che dobbiamo sempre rispondere ed essere cordiali coi clienti. Faccio lo stretto necessario, annuendo e sorridendo ogni tanto, non sento davvero cosa mi sta dicendo, l'importante è che io abbia capito dove vuole essere portato. Dopo mezz'ora di semafori e pedoni che attraversano all'ultimo, eccoci a destinazione. Corsa perfetta, mancia, riporto il taxi in sede, perché devo lucidarlo e andare a pranzo, oggi avevo solo turno la mattina, pomeriggio libero.
Non ricordo assolutamente il sogno -o era un incubo?- di ieri notte, per nulla. Eppure è come se fosse ancora dentro di me, pronto a ripresentarsi la prossima notte. Evito di pensarci, così come evito di pensare al fatto di ieri sera, decidendo di concentrarmi su dove mangiare. Tamasa Ramen a sud della Nagasugawa: sì, è perfetto. Piccolo, appartato, vista sul canale e non c'è nemmeno troppo caos se ci si va presto. Inoltre fa il miglior Udon del circondario, morbidissimi o durissimi a seconda della richiesta, col miglior brodo di carne che si possa desiderare. Come previsto, non c'era quasi nessuno, in dieci minuti sono sazio e ho pranzato nel completo silenzio. Mi alzo, ringrazio e decido di passare il pomeriggio nel modo più distratto possibile, passeggiando nella strada principale.
Trovo la soluzione: davanti a me un'insegna luminosa cattura la mia attenzione, è il CLUB SEGA di Fukuoka. Spendo forse troppi yen e ci perdo l'intero pomeriggio, quasi non mi sembra vero. L'interno è piccolo ma c'è di tutto: cabinati di Virtua Fighter 2, i primi su cui mi fiondo ma, ahimè, sono arrugginito, ci ho giocato l'ultima volta che ero un ragazzo, non arrivo mai a superare il 4° stage. Ma ciò in cui mi accorgo invece di eccellere è Taiko Drum Master: scopro a suon di monetine che ho un talento naturale nel battere le mani a tempo su dei tamburi, seguendo ciò che mi dice lo schermo. Mi piazzo primo in almeno tre stage.
Decido di premiarmi con il catch game vicino all'entrata e, dopo un po' di pratica nel muovere quel dannato artiglio metallico, mi porto a casa entrambe le action figures dei Bonanza Bros. Direi che è abbastanza. Si sta facendo sera, prendo qualcosa di corsa all'M Store all'angolo, che decido di cuocermi una volta arrivato a casa. Passo davanti all'Host Club LaSeine e non guardo nemmeno dentro, perché potrei vedere lei. Di lei non voglio parlare.
Eccomi seduto davanti alla finestra a guardare l'orizzonte mentre il fornelletto accanto a me fa sfrigolare il ramen precotto, che proverò a buttare giù per non andare a dormire a stomaco vuoto. Le tenebre mi vengono a trovare prima del solito e sprofondo nel sonno.
Di nuovo. Vedo il nulla di fronte a me. Scorrono parole. Pagine di Internet. “La next generation”, “L'HD cambia il modo di vedere i giochi” “Dopo Yakuza 3 e 4, Dead Souls porta gli Zombi a Kamurocho, ma è uno spin-off” Zombi? Ci sono io che combatto degli zombi con una mitragliatrice. C'è Majima, nemico/amico di sempre con un braccio bionico che si trasforma in un mitragliatore. Ma cosa diavolo sto vedendo? “In arrivo Yakuza 5, nuovo motore grafico, la serie non è ancora pronta a sbarcare totalmente su PS4 col futuro Yakuza 0, in arrivo anche su PS3”
Perché vedo tutto questo? Perché quando mi risveglio mi dimentico di questi strani sogni e quando ci ritorno mi ricordo tutto? E non posso muovermi, è come se fossi legato a una sedia con il volto bloccato e gli occhi che non si possono chiudere. Yakuza 5? La mia vita continua in questa serie? “Kazuma Kiriyu si è ritirato dalla vita malavitosa per l'ennesima volta, ma questa volta è davvero restio a ritornare.” Sanno tutto di me, del mio nuovo lavoro come tassista, del passato che mi tormenta, di lei.
Vedo cose che non capisco, sembrano stralci di futuro. “Natale 2015, dopo tre anni, finalmente Yakuza 5 sbarca in Occidente, l'anno prossimo previsto in Giappone Yakuza 6” Vivo una realtà fittizia? Il mio destino è già scritto? La mia vita è destinata a vedere sempre la Yakuza tornare prepotente come protagonista di quello che mi succede? Vedo la mia tranquilla vita da tassista di periferia sgretolarsi, vedo sangue, lacrime, mi vedo al volante di un auto a tavoletta e mi vedo combattere a pugni con in palio la mia stessa vita. Grido forte e mi sembra di cadere nel vuoto, finché non perdo i sensi.
Sento un forte colpo alla spalla. Apro gli occhi di scatto. L'aria gelida della mattina mi fa pizzicare il naso. C'è aria di neve. Sarà un inverno freddo. Sbatto più volte le palpebre. Stavo barcollando al lavoro e quasi mi addormentavo in piedi. Vedo che mi ha sbattuto contro un grassone in giacca e cravatta. Elegante, tre anelli sulle mani, forte odore di profumo costoso, messo con esagerazione, come se di soldi ne avesse un sacco ma di gusto per spenderli davvero poco.
Si toglie degli sgargianti occhiali da sole dorati, rivelando dei piccoli occhi che mal si sposano col suo grosso naso suino. È lui che mi è venuto addosso, ma vedendo la mia aria intontita è palese che voglia accusarmi del contrario. Sento l'odore di yakuza che fa scomparire tutto il resto. Mi ringhia di non guardare dove vado e vuole che gli risarcisca i soldi perché, a detta sua, sbattendogli contro gli ho sporcato la giacca col mio impermeabile lercio. L'ho già detto, che il passato è qualcosa che non fa altro che infestare il presente quando meno te l'aspetti?
Decido di fare una cosa rapida, non gli do nemmeno il tempo di finire la frase e, prendendolo per un braccio, lo sbatto forte contro il muro del parcheggio della compagnia di Taxi. Sento il rumore sordo del suo grugno che si schianta contro di esso e lo vedo cadere a terra col volto sanguinante, mentre si porta le mani sul viso, rantolando come fosse una grossa cimice. Rovesciata sul dorso. Lo raggiunge un tizio più magro, testa completamente rapata, vestito di nero. Fa per estrarre chiaramente una pistola ma non gliene do il tempo e lo colpisco in pieno petto con il palmo della mano destra, facendolo sollevare da terra e cadere rovinosamente. Intorno a me c'è un piccolo gruppo di persone che sembra adorare quello che sto facendo. Il classico esempio di yakuza che fa più danni dei teppisti stessi, evidentemente, e serviva qualcuno che desse loro una lezione. Ovviamente il destino ha voluto che fossi io.
Il mio cuore è improvvisamente impazzito in quel piccolo scatto di forza bruta, adesso si sta calmando. La violenza sembra pronta ad esplodere dentro di me ogni volta che usarla sembra l'unica soluzione. O forse ci sono altri modi di risolvere certe questioni, ma sono io a conoscerne solo uno.
Mi lascio alle spalle i due uomini svenuti a terra e corro al lavoro, in tempo per non arrivare tardi. Prendo la mia divisa, pronto per iniziare una lunga giornata. Oggi full-time, ho un panino da consumare velocemente a pranzo, ma fino a sera tarda sarò di turno. La giornata sembra non passare mai, tanta è la stanchezza, e tutto il giorno penso a cosa diavolo sogno la notte per svegliarmi così stanco. Ho la convinzione che succeda qualcosa di strano, eppure non ho il minimo ricordo di nulla. È come se sapessi per certo di avere degli incubi ma una volta sveglio essi scomparissero subito senza lasciare traccia, lasciandosi dietro solo stanchezza e senso del disagio.
È l'una, consumo il tramezzino che ho portato con me direttamente in auto, in un parcheggio.
Dal finestrino vedo una ragazza che ha in mano un cartello, che spiega come sia importante tenere pulita la città. Ferma le persone ma non la ascolta quasi nessuno. Vorrei dirle che non basterebbero tutti i cartelli di questo mondo a pulire il marcio che sta sotto la città e che pulire la superficie a volte serve ben poco. Filosofia spicciola, ultimamente mi riesce bene. Scendo dall'auto per buttare le cartacce che ho accumulato, gettandole in un cassonetto li vicino. Lei mi vede, dal marciapiede fuori dal parcheggio, e sembra sorridere.
Torno in auto, forse voleva avvicinarmi per farmi i complimenti o per spingermi a perseguire una qualche campagna di sensibilizzazione ambientale, ma non è giornata. Negli ultimi tempi non è mai giornata. Devo tornare al lavoro, accendo il taxi per andare a posizionarmi al mio posto di partenza, in mezzo agli altri mie colleghi. Colleghi con cui non penso di aver mai scambiato mezza parola da quando lavoro qui. Parlo solo con Wada, il mio capo. Mantenere un rapporto cordiale con lui è il miglior modo di non farmi licenziare e tanto mi basta.
Vedo, mentre sono a un semaforo, un signore attempato che pesca a bordo del canale. Pesca cittadina. Mi domando se davvero ci sarà qualcosa da trovare, in queste acque verdastre. Un tempo ero bravo, forse domani potrei quasi provare, nel tempo libero. Ora voglio solo arrivare a stasera, quando staccherò per cena. Forse potrei premiarmi con un ristorante di lusso. Forse.
È quasi l'ora di staccare. Non sono nemmeno l'ultimo della fila, quindi l'eventualità di essere scelto da un cliente è improbabile.
Invece succede. E mi sembra di riconoscere la persona che si sta avvicinando al mio Taxi. Ho la mascherina bianca sollevata che copre quasi tutto il mio volto, e gli occhiali opachi della divisa fanno il resto, quindi dovrei essere difficile da riconoscere da fuori dell'auto, eppure l'individuo si appropinqua deciso alla vettura sicuro di sé, come se fosse proprio me che vuole. È ormai vicino alla macchina. Sale. Pensavo di essere riuscito a lasciarmi indietro tutto quello che è successo negli ultimi vent'anni, ma pare non sia così. Un'altra cosa che il passato sa fare bene, oltre a ritornare, è trovarti, per quanto bene tu possa saperti nascondere.
I piccoli episodi degli scorsi giorni scorsi erano solo granelli di sale in un mare gigantesco, se paragonati alla persona che è appena entrata nel mio taxi. Cercherò in tutti i modi di non farmi coinvolgere in nulla, di non ascoltarlo, di portarlo dove vuole essere portato senza immischiarmi in qualsiasi faccenda. Ma ho la sensazione che gli incubi degli ultimi giorni, che come ho detto non ricordo ma si agitano dentro di me, abbiano voluto avvisarmi che sarà un lungo Natale, quello che ho davanti.