Racconti dall'ospizio #165: I giochi Western strategici (ma non solo) di Paolo Paglianti
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Il mio primo contatto con il western formato digitale è stato con Six Gun Shootout: era il 1985 o qualcosa del genere e giocavo tutto orgoglioso sul mio Atari 800, ereditato dallo zio fotografo che era tornato dagli USA con il suo primo computer. Passò in fretta ad altre piattaforme, così mi impossessai baldanzoso dell’8 bit Atari: mentre tutti i miei amici nerd litigavano per affermare la supremazia del loro Commodore 64 o Spectrum, io ero il terzo polo. D’altra parte, l’Atari 800 in Italia l’avremo avuto in diciassette, contando anche San Marino, l’equivalente 8 bit videoludico dei votanti a LEU delle ultime elezioni.
Glissando su come arrivassero i videogiochi nel mio lettore 5 ¼”, perché l’Atari non aveva le cassette ma solo i dischi e le cartucce, mi imbattei in un pomeriggio uggioso in Six Gun Shootout. A pensarci bene, forse c’era pure il sole, ma chi se ne frega: fu amore a prima vista. Un wargame di quelli incazzatissimi di SSI, casa che al tempo produceva metà dei giochi che mi piacevano (le altre due erano Microprose e Origin, ma SSI tra fantasy, GdR e wargame, vinceva a mani basse).
La grafica, potete vederla anche voi, era ridicolmente retrò. Era retrò già nel 1985. Ricordava i primi Ultima (e questo è un grande pregio, per me: come dire a una signorina che ricorda Scarlett Johansson), con muri rossi con ben due mattoni per caselle e omini che capivi da che parte guardassero nonostante non avessero non dico gli occhi, ma manco la faccia. Eppure era geniale: wargame a turni che riproduceva i combattimenti nel Far West, con scenari che riprendevano i film Spaghetti Western più celebri. Io, in realtà, al tempo non lo sapevo nemmeno: avrò avuto sì e no quattordici anni e il western, in casa mia, non è girato mai moltissimo. Certo, c’erano i fumetti di Tex Willer e i film di Bud Spencer, ma in generale, per i film, in casa Paglianti si stava più sulla Seconda Guerra Mondiale. Quindi è successo il contrario: quando ho visto i film western belli (il mio amico Maderna direbbe “d’autore”), più di una volta, ho esclamato “Ah, ma questo è lo scenario 3 di Six Gun Shootout!”, con la gente intorno a me che scuoteva la testa e nascondeva gli oggetti perigliosi. Potevi usare armi diverse con raggio d’azione che cambiava – “Guando l’uomo con un fucile incontra l’uomo con una pistola, l’uomo con una pistola è morto”. Potevi mirare a una parte del corpo: un colpo allo stomaco era meno mortale di uno alla testa, ma era più probabile ottenere un “hit”. Tutto bellissimo.
A inizio anni Novanta è arrivato anche North & South: era un gioco semplicissimo, e definirlo “di strategia” vuol dire stiracchiare un po’ il termine, ma mi piacque un sacco. Era ispirato a un fumetto belga e c’erano le fazioni Nordista e Confederata che combattevano su una mappa degli USA. Quando due eserciti si incontravano, si svolgeva la battaglia, con le unità che si muovevano in formazione come soldatini di piombo – praticamente, un Total War ante litteram. C’era la possibilità di difendere una provincia con un forte, c’erano le linee ferroviarie da difendere, c’era addirittura il tempo atmosferico. E anche i messicani che attaccavano all’improvviso da oltre confine. Kudos. Oggi, lo potete provare per tre euro su iPhone.
Non ho ricordi di altri giochi Western fino al terzo Alone in The Dark. Essendo ambientato dalle parti del 1920, non credo sia, tecnicamente parlando, ancora periodo Western puro, ma siccome non mi era dispiaciuto, lo voglio inserire in questa lista. C’era sempre lo stesso protagonista, Edward Carnby, che dopo aver visitato ville uscite da un romanzo di Lovecraft, decideva di andare nel deserto Californiano per scoprire cosa fosse successo a Emily, personaggio che aveva già incontrato. C’è il sovrannaturale e ci sono fucili, quindi è Western fatto bene.
Con i due Desperados si torna alla strategia: basandosi sull’idea di Commandos (quello di Pyro Studios), propone l’idea di un RTS con poche “unità” (tre o quattro al massimo, se non ricordo male) da controllare in scenari disegnati ottimamente (per l’epoca, ma fanno la loro figura anche ora). L’ìdea era, proprio come in Commandos, di usare molto bene tre personaggi-unità, invece che una marea da perdere e ricostruire per poi mandare al macello come nei normali RTS. Ogni personaggio aveva le sue abilità specifiche e poteva utilizzare dei colpi speciali. Se moriva, era morto.
L’eredità di Commandos e Desperados si è un po’ persa, probabilmente – idea mia – per la difficoltà di riprodurre lo schema dei controlli con joypad. Però dobbiamo essere felici, perché non solo THQ Nordic ha promesso un seguito per PC e console varie che arriverà nel 2019, ma potete immediatamente comprare e scaricare Shadow Tactics: Blades of the Shogun, che è esattamente un clone fatto bene di Commandos/Desperados, ma “moderno” come stile. L’ambientazione è il medioevo giapponese, quindi ci sono katana, ninja e samurai – che volete di più. Occhio solo che non è semplicissimo.
Cito, a proposito di titoli Western, anche i vari Call of Juarez, che a me non sono dispiaciuti. Però, per chiudere questa disamina di “titoli strategici Western giocati da Paglianti” alla grande, segnalo SteamWorld Heist. È un gioco steampunk, come si può astutamente dedurre dal titolo, in cui dei robot vagano per lo spazio abbordando astronavi e attaccando basi planetarie. Il tutto condito da una salsa steampunk western che mi piace assai. È un platform 2D con visuale laterale – tipo Super Mario – ma il sistema di movimento e combattimento è esattamente quello degli XCOM più recenti. Ogni robot ha due azioni a disposizione per turno, quindi potete sparare e spostarvi o viceversa. Esiste praticamente per ogni piattaforma di gioco, dalla PlayStation 4 a Linux, passando per il 3DS, il PC “normale”, il Mac, iOS, Wii U e Switch. Su Switch e su iPhone, in mobilità, è una cannonata. Anzi, un mitragliatrice Gatling a sei canne.
Questo articolo fa parte della Cover Story più veloce del West, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.