Jim & Andy: The Great Beyond - O del prendere in giro come raison d'être
Andy Kaufman è uno di quei personaggi resi possibili soltanto dagli anni Settanta americani. Intrattenitore trasversale, all’inizio della carriera, Kaufman si è fatto conoscere calcando i palchi dove si esibivano gli stand-up comedian, presentandosi come uno Straniero impacciato e completamente incapace di far ridere che, senza cambiare minimamente il tono di voce dimesso e stridulo, “imitava” senza arte né parte personaggi famosi dell’America del tempo. Le risate del pubblico erano poche e amare, del tipo “Ci tocca davvero assistere a questa umiliazione pubblica?”. Non fosse che, dopo qualche cartuccia a vuoto, lo straniero partiva con un’imitazione di Elvis perfetta, con tanto di completo strassato, che lo stesso Re indicò come “la sua preferita”.
Grazie allo Straniero e a mille pressioni da parte del suo agente, Kaufman arrivò persino ad avere una sit-com tutta sua, a cui comunque partecipò solo a condizione che il suo personaggio fosse afflitto da personalità multiple, al fine di esprimersi appieno. D’altronde, una mente del genere non poteva conoscere limitazioni. Per darvi un’idea, parlo di uno che, assieme al suo entourage, ha interpretato per anni il ruolo di Tony Clifton, un cantante lounge beone e arrogante che aveva spettacoli tutti suoi e che ha aperto molti show di Kaufman insultando e aggredendo gli spettatori paganti. Uno che è andato al Saturday Night Live a leggere Il grande Gatsby perché non voleva che il pubblico lo ricordasse solo per lo Straniero. Uno che, dopo aver inscenato la morte di un’anziana sul palco di un suo spettacolo teatrale, invitava il pubblico a prendere latte e biscotti tutti assieme. Uno talmente affascinato dal wrestling che si è autodichiarato primo campione mondiale inter-genere, insultando e combattendo le cazzutissime donne qualunque appena uscite dal ‘68, per poi chiudere la “carriera” in un feud contro un vero wrestler dell’epoca.
Kaufman era un genio, un pazzo, un uomo guidato dalla sua capacità di non essere mai banale e dalla voglia di stupire costantemente il pubblico. Tanto che, anche quando morì, stroncato a cinquant’anni da un tumore ai polmoni, tutti si dissero che un non-fumatore non poteva davvero morire così, così giovane. Doveva far parte di uno sketch elaborato, doveva essere la prima pietra di uno scherzo nato quando minacciò di voler morire, solo per tornare vent’anni più tardi.
È il 1999, cinque anni prima della resurrezione programmata, e nelle sale esce Man on the Moon, film diretto da Miloš Forman che ripercorre gran parte della carriera di Kaufman, interpretato da un Jim Carrey alla seconda vera prova drammatica dopo The Truman Show, uscito l’anno prima. Il film raccoglie consensi di critica e pubblico, vince un Orso d’argento al festival di Berlino e consegna a Carrey il secondo Golden Globe consecutivo, grazie a una ricostruzione delicata e capace di restituire tutte le sfumature di una scheggia impazzita. E, soprattutto, grazie a un’interpretazione straordinaria da parte di Carrey, che nonostante le somiglianze, la prossemica acquisita in anni di imitazione ammirata e le folli coincidenze (i due sono nati lo stesso giorno, cosa che negli anni ha alimentato teorie del complotto che McCartney scansati), non era neanche la prima scelta per la parte. Carrey volle talmente il ruolo che, nonostante la produzione avesse già diversi nomi sul tavolo, mandò ai produttori un provino, e il resto è storia.
Una storia folle, affascinante e, ancora una volta, misteriosa al punto da farti domandare se sotto non ci sia qualcosa. Jim & Andy: The Great Beyond, sbarcato da qualche giorno su Netflix, è un viaggio a ritroso nei retroscena di Man on the Moon, una piccola miniera d’oro contenente dei dietro le quinte tenuti in un cassetto per quasi vent’anni, perché la Universal “non voleva far vedere al mondo che Jim Carrey era uno stronzo sul set”, in cui lo stesso Carrey racconta i giorni tra la notizia dell’aver ottenuto la parte e l’uscita del film.
Una ricostruzione credibile nella sua incredibilità, in cui l’attore canadese guarda dritto in camera, con i suoi occhi sbarrati e un po’ increduli, e spiega come quell’interpretazione fosse, più che altro, una vera e propria possessione da parte di Kaufman, al punto che De Vito e gli altri compagni di ventura si ritrovavano a chiedersi cosa se ne facesse Carrey di una roulotte tutta per sé, visto che non era mai sul set. Al suo posto c’era Kaufman, con tutte le sue sfumature e la sua tracotanza. Con lo scorrere delle immagini, è splendido vedere quanto, senza conoscere qualche retroscena in più, Carrey potesse risultare davvero uno stronzo su quel set, dal momento che se ne andava in giro a rompere le scatole a tutti, sbraitando a destra e a manca nei panni di Tony Clifton e mandando ai pazzi il povero Forman, che da bravo padre gentile, non poteva fare altro che accudire la bestia indemoniata a cui voleva dar vita su pellicola. Così come scalda il cuore scoprire come, oltre agli amici attori, il set fosse popolato di tutti i cari di Kaufman, come fossero consci di questo miracolo sui generis e fossero tutti lì, a godersi di nuovo qualcuno che era stato strappato loro troppo presto.
Come tutte le cose legate a Kaufman, Jim & Andy: The Great Beyond potrebbe essere una grossa burla, questa volta architettata dal suo più grande “imitatore”. Carrey, del resto, dimostra ancora una volta quanto sia capace di canalizzare tutte le sue forze in un’interpretazione vera e sentita, ben più difficile da ottenere di una risata e, soprattutto, ben lontana da quell’immagine del “ragazzo libero da preoccupazioni” che voleva dare a inizio carriera, quando Kaufman rappresentava soprattutto un punto di arrivo.
Alla fine non so dirvi se Kaufman sia effettivamente resuscitato, né se Carrey sia stato davvero posseduto durante le riprese del film. L’unica cosa che so è che in entrambi i casi sono stato molto contento di essere stato preso in giro.
Jim & Andy: The Great Beyond è disponibile su Netflix dal 17 novembre 2017. L'ho visto lì, in lingua originale e coi sottotitoli in inglese.