Racconti dall'ospizio #147 – Banjo è meglio 'e Mario
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Sono passati vent'anni. Oggi, proprio. È il ventennale dell'uscita europea di Banjo-Kazooie per Nintendo 64. E dopo vent'anni, onestamente, i ricordi si fanno nebulosi. Non ricordo nemmeno più se e quanto la mia fosse un'opinione impopolare. Non saprei nemmeno dire se oggi, col senno di poi, riguardandoli, giocandoci un'altra volta, la penserei allo stesso modo. Quindi, insomma, prendiamola con beneficio d'inventario, ma vent'anni fa o giù di lì, mi feci quest'idea. Banjo-Kazooie era più bello di Super Mario 64. Certo, non aveva lo stesso carisma, la stessa pulizia, la stessa forza iconica. Certo, arrivava per secondo, e quando arrivi per secondo, dopo chi ha (ri)definito un genere, parti da una base che copi di sana pianta per molti aspetti e la sfrutti per farci la tua cosa, è più facile (si fa per dire). Mettiamoci tutti i "certo" del caso. Però, ehi, la pensavo così. Fatemi causa.
E pensare che inizialmente Banjo-Kazooie era Project Dream, un progetto per Super Nintendo basato sulla tecnologia di Donkey Kong Country 2: Diddy's Kong Quest ed era, ovviamente, qualcosa di molto diverso. Doveva essere un GdR ad ambientazione piratesca, con un ragazzino come protagonista. Ma lo SNES era fuori tempo massimo: un conto era sviluppare il terzo Donkey Kong Country, seguito a botta sicura che comunque avrebbe incassato meno dei precedenti, altra faccenda sarebbe stato investire su una nuova IP. Quindi si spostarono su Nintendo 64, ma il progetto non ingranava, nonostante la nuova tecnologia sviluppata fosse convincente. Rare e, in particolare, il designer Gregg Mayles cambiarono genere, tornando in zona piattaforme, con l'idea per un gioco dall'approccio 2.5D. Ma le cose si trasformarono ancora quando misero le mani su un prototipo di Super Mario 64: colpo di fulmine e progetto rivoluzionato, perché bisognava fare quella cosa.
Rare ripartì appunto dalla base del capolavoro Nintendo e tirò fuori uno fra i giochi migliori della sua storia pluridecennale, una fra le tante bombe nate dal suo sodalizio con Nintendo e, se lo chiedete a me, il suo miglior platform game tridimensionale, superiore ai fin troppo sbrodolanti e logorroici che sarebbero giunti dopo. Certo, aggiungiamoci un altro "certo", ci sarebbe Conker's Bad Fur Day, ma quello lo inserisco in una categoria a parte.
All'epoca, avevo ancora il tempo e la voglia di spolparmi i giochi al centopercento. Raccattai tutto in The Legend of Zelda: Ocarina of Time, in Super Mario 64 e in Banjo-Kazooie. Ora che ci penso, forse, quella rimane la mia trilogia del centopercento. La voglia mi passò di lì a breve, mano nella mano con l'esaurimento del tempo a disposizione. Giochi di quelle dimensioni che abbia completato in quella maniera? Magari mi sfugge qualcosa, ma così, senza pensarci troppo, non me ne ricordo altri. Li passai talmente al pettine, e in maniera talmente sistematica, che quando chiedevano di raccogliere un determinato numero di oggetti per sbloccare i livelli avanzati, io, tipicamente, mi presentavo all'appuntamento così carico che, volendo, potevo saltare gli ultimi stage e mirare direttamente alla fine. Poi non lo facevo, ma insomma, eh. Stavo male.
Quindi, insomma, di sicuro quest'idea di superiorità me l'ero fatta sulla base di una conoscenza piuttosto profonda dei giochi in questione. Poi, intendiamoci, ero ben consapevole che si trattasse di un'opinione quantomeno controversa. Ma siamo matti? Un gioco di piattaforme superiore al Dio? In quegli anni poi, anni quando la concorrenza era abbondantissima e agguerritissima, ma proprio per questo avevi costantemente sotto gli occhi i mille modi in cui Nintendo faceva le cose meglio degli altri. Eppure. Eppure, per me, Banjo-Kazooie vinceva. Magari vinceva al fotofinish, magari non vinceva a tutto tondo, sconfitto su alcuni piani (tipo quelli dei "certo" di cui sopra), ma vinceva. E non è che fosse poi così facile, vincere, solo perché potevi permetterti di rielaborare la formula altrui, quando "altrui" era quello là.
Ma, ehi, che vi devo dire? Per me, Banjo-Kazooie era un gioco visivamente più avanzato, più profondo a livello strutturale e nelle idee di gioco, più ricco, carico di trovate fenomenali, con un senso dell'umorismo adorabile, curato nella disposizione dei segreti da trovare e con dalla sua quei due livelli conclusivi da leccarsi i baffi. Il penultimo, strutturato sulle quattro stagioni, una formula che abbiamo visto riciclata in mille forme e che probabilmente non veniva nemmeno sfruttata lì per la prima volta, ma era veramente clamorosa per concezioni e struttura. E l'ultimo, quella sorta di boardgame/show televisivo completamente fuori di cozza, clamoroso anch'esso per idee e sviluppo delle stesse. Insomma, la verità è che anche Mario si leccava i baffi, di fronte a 'sta roba. L'altra verità è che una stagione del genere, per i giochi di piattaforme tridimensionali, una stagione in cui l'offerta era così ampia, così variegata, così "multipiattaformica", con tantissimi giochi di qualità e perfino uno che – siate d'accordo o meno con me, questo mi sembra innegabile – poteva permettersi di essere inserito nella stessa conversazione con sua maestà, non la vedremo mai più. Che peccato.