CABRIT SANS COR! Gabriel Knight torna tra noi
Quando questa recensione sarà pubblicata su Outcast, avrò superato ufficialmente la soglia degli “anta” da poche ore. “Come ci si sente?”, mi domandano alcuni. Scherzando rispondo “Come due ventenni”. Un po’ come Gabriel Knight: Sins of the Fathers, che quest’anno ne fa 21 e la giovanissima me che a 19 anni lo avviava per la prima volta sul PC del salotto digitando il comando “Gk1.exe”. Non so quanti anni abbiate voi che leggete, ma mi rendo conto che non sia carino sentirsi dire “Io c’ero e voi no”, tanto quanto è scorretto far notare che “Noi anzyani invece c’eravamo, ma non avevamo l’Internet per dircelo, quindi ora ci vendichiamo”. Tuttavia, quando molti dei capisaldi della giovinezza cominciano a celebrare ufficialmente i vent’anni, scriverne in modo da non sembrare retorici e autocompiaciuti è difficile. Difficile soprattutto perché questa 20th Aniversary Edition del primo Gabriel Knight (in tutto ne sono usciti tre episodi) non tradisce il bel ricordo. Pinkerton Road Studio (la casa di produzione di videogiochi fondata da Jane Jensen anche grazie a Kickstarter) ha curato assieme a Phoenix Online Studios il remake in 3D di una delle avventure grafiche più belle che siano mai state realizzate.
Nel 1993, la forza del gioco stava in gran parte nella storia e nei dialoghi: la sua autrice, la stessa Jane Jensen, è una scrittrice che conosce i meccanismi del romanzo d’avventura e sa come tratteggiare i personaggi in modo semplice ma incisivo. E se ai tempi dei giochi in pixel art la scrittura di un’avventura e la sua atmosfera facevano davvero la differenza, anche dopo vent’anni e un restyle grafico sui generis, la storia "vudù" di Gabriel Knight rimane solida. Divertente, drammatica, a volte sopra le righe ma sempre efficace. Con dei dialoghi brillanti e mai – dico MAI - noiosi o affrettati.
Siamo a inizio anni ’90, nella New Orleans pre-uragano Katrina, una città dove, nei cimiteri, i morti non vengono interrati per colpa delle alluvioni (etthoddettotutto). Qui vive Gabriel Knight, uno scrittore di modesto successo che gestisce malamente una libreria in Bourbon Street. Facciamo conoscenza con lui e la sua assistente Grace Nakimura una mattina del giugno 1993: Gabriel ha dormito male e continua a fare degli incubi inquietanti. Non ci vorrà molto per collegare i brutti sogni di Gabriel con l’ondata di sanguinari omicidi a sfondo vudù che stanno spaventando la città. Vorrei dirvi che i dieci giorni successivi che compongono l’intera avventura scorrono con un ritmo sostenuto, ma la verità è che per scoprire i tanti misteri che avvolgono la città ci vuole parecchio tempo: il primo Gabriel Knight era una classica avventura Sierra molto difficile, di quelle “old school”, punitive e rigorose. Dovevi trovarti nel posto giusto al momento giusto, fare le domande ai personaggi chiave, prestare attenzione a ogni minimo dettaglio ed esser pronto a riflettere un po’ a bocce ferme sul da farsi. Lo dico a uso e consumo di chi non ha mai giocato l’avventura, perché questo elemento non cambia. Tuttavia, questa edizione rinnovata indora la pillola in modo garbato: cosciente che i tempi sono cambiati, Jane Jensen ha inserito dei tip all’interno dei dialoghi (evidenziando quelli cardine) e un piccolo walkthrough che si rivela su tre livelli e solo dietro iniziativa del giocatore. A ben vedere, questa apertura mi piace, perché non disturba i “duri e puri” ma al contempo aiuta gli avventurieri meno esperti a risolvere alcuni puzzle che vent’anni fa erano legittimi ma che nel panorama attuale sono decisamente troppo severi.
Ma parliamo della grafica di questa riedizione, visto che era un punto critico non indifferente che rischiava di rovinare tutto: i fondali in pixel erano strepitosi ed era quantomeno legittimo temere che il passaggio alla lavatrice 3D togliesse l’incanto. Invece, il compromesso tra il redesign degli ambienti e l’utilizzo di texture molto sature che richiamano la palette di colori dell’edizione del ’93 non delude. Non ho mai avuto l’impressione di trovarmi in un’ambientazione diversa da quella originale, non ho annusato nessun tradimento nell’aria, anche se purtroppo i modelli 3D dei personaggi sono a tratti ridicoli e legnosi nelle movenze. Forse quest’ultimo è l’aspetto che stride di più nell’impatto visivo di un’avventura che riesce a suggestionare e ad alimentare la fantasia del giocatore quanto allora.
Insomma, Gabriel Knight è bello, sempre bello, più figo che mai, ma solo nei sogni della piccola avventuriera diciannovenne di vent'anni fa (concedetemi ora, e poi la chiudiamo qui, questa folle affermazione più sbilanciata verso il personaggio che verso il suo aspetto estetico, visto che sul biondo motociclista fanfarone ho bruciato passione QUASI come su Han Solo prima e sul capitano Malcolm Reynolds poi). Se superate questo ostacolo, la strada è in discesa, anche perché Gabriel Knight è sostanzialmente identico all’originale, nonostante sia stato fatto qualche cambiamento (alcuni eventi sono stati riordinati in modo abbastanza casuale) e siano stati inseriti dei “puzzle a schermo intero per dare più profondità al gioco” (cito Jane Jansen che interviene direttamente nell’ottimo commentario integrato nell'interfaccia e che descrive tutte le location). Come è già stato fatto notare altrove da giopep (l’unica recensione che ho letto di questa 20th Anniversary Edition), sono dei puzzle abbastanza inutili e semplici, che non aggiungono profondità neanche a una pozzanghera.
I dialoghi sono doppiati? Sì, ma non come nell’originale da Mark Hamill e Tim Curry. Non ci sono nomi famosi ma sono doppiaggi di buona qualità. Io tra l’altro ho giocato nella versione italiana e, a parte qualche sbavatura, è di buon livello. Lo stesso dicasi per la colonna sonora riarrangiata da Robert Homes (nota di cronaca rosa: ora è marito di Jane Jensen, avevano iniziato a frequentarsi vent'anni fa proprio durante le prime fasi di sviluppo del gioco). Annunciata per Windows, MacOS, iOS e Android (in effetti nel commento audio si parla della necessità di ridisegnare la grafica e l’interfaccia per i sistemi touch), la 20th Anniversary Edition di Gabriel Knight: Sins of the Fathers non tradisce nessuno: io mi sento di consigliarla sia a chi ha giocato l’originale, sia a chi per problemi anagrafici non ha mai potuto attingere al sacro calice dell’avventura bella, difficile e intensa anzichenò: è una buona occasione per non perdere un titolo che, a ragione, ha segnato la storia del videogioco.
Ho giocato a Gabriel Knight: Sins of the Fathers su PC col codice inviato da Phoenix Online Studios. L’ho finito, ho sbloccato praticamente tutti gli achievement: alcuni li ho lasciati indietro a causa di alcuni crash della beta. Comunque sia, anche se la vostra è la versione definitiva, SALVATE SPESSO. A volte lasciavo il gioco in background per ascoltare le belle musiche della colonna sonora, quindi le ore di gioco finali (17) sono falsatissime dalle mie abitudini poco ortodosse. Non innamoratevi di Malia Gedde. Oppure sì, dai, che si vive una volta sola e si rivive ogni 20 anni.