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eXistenZ #36 – Atari: Game Over

eXistenZ #36 – Atari: Game Over

eXistenZ è la nostra rubrica in cui si chiacchiera del rapporto fra videogiochi e cinema, infilandoci in mezzo anche po' qualsiasi altra cosa ci passi per la testa e sia anche solo vagamente attinente. Si chiama eXistenZ perché quell'altro film di Cronenberg ce lo siamo bruciato e perché a dirla tutta è questo quello che parla proprio di videogiochi.

A due mesi di distanza dall'ultima volta, torno a chiacchierare di un documentario dedicato all'epica leggenda di Atari e alle sue mille manifestazioni. Se Once Upon Atari era un tentativo, da parte di Howard Scott Warshaw, di raccontare la sua versione dei fatti sulla folle storia di quell'azienda, Atari: Game Over è il sogno bagnato di un (bel po' di) geek alle prese con lo scoperchiamento della leggenda. In cabina di regia, infatti, c'è Zak Penn, regista e sceneggiatore hollywoodiano appassionato di videogiochi e in totale trip all'idea di raccontare gli eventi al centro del progetto. E quali sarebbero? Beh, l'operazione di scavo avvenuta lo scorso anno, grazie agli sforzi di Joe Lewandoski, per portare alla luce le copie di E.T. che Atari decise di seppellire in quel di Alamogordo, tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana.

Il documentario viaggia su due binari paralleli, raccontando per sommi capi la storia dell'Atari che fu e quella della riesumazione. Da un lato ci sono i ricordi, le interviste, le chiacchierate con gli uomini dell'epoca, con un ruolo di primo piano dato a quel simpatico fricchettone di Warshaw, dall'altro abbiamo il racconto dell'operazione fino al suo compimento. E in mezzo a tanti aneddoti che magari chi ha un po' letto (o visto) altro al riguardo conosce bene, emergono dati e spunti interessanti, qualche ricordo inedito, momenti anche piuttosto toccanti. Nel suo voler fornire un contesto, infatti, Zak Penn va a chiacchierare dell'Atari che fu, delle sue origini, del clima folle che si respirava in quegli uffici e degli eventi che portarono alla disfatta.

Howard Scott Warshaw gioca un ruolo importante nel racconto in quanto creatore di E.T., certo, ma anche perché ragazzo meraviglia di Atari, creatore di un gioiello come Yar's Revenge e unico designer dell'azienda capace di lavorare solo su titoli in grado di superare il milione di copie vendute. I suoi interventi sono passionali, toccanti, ricchi di sentimento, e vederlo commuoversi in maniera sincera, netta, sia quando torna dopo decenni nella ex sede di Atari, sia sul finale, di fronte allo scavo compiuto, è uno fra i motivi principali per gustarsi il documentario. Senza contare che c'è pure l'aneddoto su di lui che si presenta con la droga il primo giorno in Atari e lo scherniscono perché ha portato roba leggera.

Nel corso del documentario viene anche giustamente fatto notare che, certo, E.T. non era un bel gioco, ma il più brutto di sempre, dai, neanche per sbaglio. Quello nella foto è un dirigente Warner, comunque.

Nel corso del documentario viene anche giustamente fatto notare che, certo, E.T. non era un bel gioco, ma il più brutto di sempre, dai, neanche per sbaglio. Quello nella foto è un dirigente Warner, comunque.

Ma c'è anche altro, per esempio nella ricostruzione storica, nel nerdissimo intervento di Ernest Cline (autore di Ready Player One) e nel modo in cui viene presentata, raccontata e mostrata tutta l'operazione di recupero in quel di Alamogordo. In più, il tutto è messo assieme per mezzo di una confezione strepitosa, roba di primissimo livello per valori produttivi, cura e presentazione, che sul piano formale si mangia, inutile negarlo, la maggior parte dei pur bei documentari di cui parlo spesso in questa rubrica. Quindi, insomma, centro perfetto? Non proprio.

Per quanto interessante e sicuramente meritevole di una visione da parte di chiunque sia interessato alla faccenda trattata, Atari: Game Over ha il problema di non riuscire a dare il giusto respiro agli argomenti di cui parla. Prova a comprimere un po' troppe cose in una durata abbastanza ridotta e finisce per risultare abbastanza frettoloso su quasi ogni fronte. È un peccato, perché ci sarebbe sicuramente stato altro da dire, ma tant'è, è andata così. E poi, certo, ci sarebbe anche da discutere del fatto che gli americani tendono sempre a chiacchierare di quest'argomento dal loro punto di vista, dimenticandosi che mentre affossavano completamente il proprio mercato, beh, nel resto del mondo i videogiochi viaggiavano belli tranquilli. Ma d'altra parte vagli a spiegare che in Europa non tutti sono cresciuti appiccicati al NES.

Atari: Game Over si è manifestato tempo fa tramite il network Xbox Live ed è infatti disponibile anche con i sottotitoli in italiano su Netflix, dove l'ho visto io e dove, abbiate pazienza, non è che i sottotitoli in italiano siano proprio all'ordine del giorno. Almeno per il momento. Sarebbe dovuto essere il primo di una serie di documentari dedicati al mondo dei videogiochi, dal titolo Signal to Noise, ma poi Microsoft ha chiuso la sua divisione entertainment e tanti saluti. Sopravvivremo? Sopravvivremo.

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L'evocatore della domenica #05