Mediterranea Inferno e la fine dell'estate italiana
Certo, la Puglia di Mediterranea Inferno sarà anni luce distante dalla Siberia de L’alcol e la nostalgia, libricino di Mathias Enard, ma il triangolo amoroso autodistruttivo segnato dall’alcol, dal sesso, dalla droga, dalla follia me lo ha riportato alla mente in maniera istantanea. La colorata e assolata Puglia di Mediterranea Inferno, piena di fichi d’india, spiagge, e ulivi stride con la desolata tundra, le distese di ghiaccio e le betulle de L’alcol e la nostalgia; eppure le vicende che si consumano in entrambi i luoghi così distanti sia culturalmente che fisicamente, sono più o meno le stesse.
Nel nuovo lavoro di Lorenzo Redaelli, dopo il brillante esordio con Milky Way Prince - The Vampire Star, tutto ruota intorno a tre giovani che si fanno chiamare i Ragazzi del sole.
Cantava così Giuni Russo nel 1986 e se la citazione fosse voluta (chi lo sa?!) non c’è modo migliore per descrivere l’essenza del terzetto di ragazzi. I loro corpi efebici, fluidi, asessuati sono indefiniti, quasi inquietanti. Spesso sono nudi o quando vestiti lo sono in modo succinto mescolando tanga, reggiseni e camicette trasparenti. Nella grigia Milano pre covid vivono di notte, animano i club meneghini e solo quando arrivano loro può iniziare la vera festa. Claudio, Mida e Andrea hanno sì personalità diverse ma alla fine sono un’unica cosa. Quando sono insieme si sentono completi, formano un unico corpo, respirano all’unisono, vanno nella stessa direzione. Ma di lì a poco tutto si fermerà. Il lockdown li costringerà a separarsi, ad isolarsi e, come altri milioni di giovani, a chiudersi nelle loro camerette.
Mediterranea Inferno, in primo luogo, è un gioco sull’estate, sul significato stesso di vacanza, di spazio liminale, di transizione, di passaggio tra un periodo e l’altro prima di tornare a fare quello di sempre. O forse cambiare per sempre. L’estate come miraggio, come un frutto succoso da sbucciare e mangiare, ma comunque fugace, puro escapismo. Una “corsa all’oro finché non torna tutto grigio”. Dario Brunori (ormai assunto a Santo protettore degli amori che nascono e muoiono in estate) in Guardia ‘82 decretava la fine della stagione estiva il 31 agosto, quando le vacanze duravano almeno un mese. In Mediterranea Inferno, specchio fedele dei nostri tempi, le vacanze durano appena tre giorni e la fine dell’estate arriva il 15 agosto, il giorno dell’Assunzione di Maria in cielo. Piccola digressione: tutto il gioco è letteralmente disseminato di riferimenti alla religione cattolica. Troviamo statue di Padre Pio, madonnine di plastica contenenti l’acqua di Lourdes, crocifissi, corone del rosario, edicole votive, ostensori. Questi simboli, svuotati del loro significato religioso, vengono brillantemente usati per segnare la distanza da un mondo che non appartiene più alla generazione Z, ma dalla quale non sono riusciti a staccarsi del tutto. Il loro retaggio simbolico e culturale pesa invece come macigni. In questo bell’articolo sulla fine di un’estate strana (quella del 2021), Simone Stefanini scrive: “insomma, non è stata l'estate del disimpegno, perché già i ragazzini devono destreggiarsi tra nuove politiche scolastiche in presenza o meno, tra vaccini e genitori no vax, tra la paura e la voglia di fare l'amore e il coprifuoco. Devono confrontarsi con la fine dell'innocenza e con le responsabilità. Questi ragazzini a cui hanno impedito di ballare, lasciando chiuse le discoteche tutta l'estate e che si sono sfogati dandosi appuntamenti in giro per menarsi, a cui tutti hanno imposto regole e divieti senza pensare alla loro salute mentale, di adolescenti e giovani adulti desiderosi di innamorarsi e vivere liberamente, come tutti quelli che li hanno preceduti.” Ecco, Mediterranea Inferno più che un videogioco è una denuncia. E lo fa in maniera forte e netta. È una presa di posizione, un grido disperato di chi ha perso un pezzo importante di vita e sa che non tornerà più.
Bauman in Retrotopia scriveva: “Alcuni di noi traggono la forza di resistere dalla speranza di nuovi inizi più promettenti per tutti. Altri, disillusi ed esasperati dalle speranze frustrate, ripongono le proprie aspirazioni nel passato.” Claudio dei tre Ragazzi del Sole è quello che più sembra voler volgere lo sguardo indietro perché in avanti vede solo fallimenti, nessun futuro. Suo padre ha dilapidato tutti i beni di famiglia che suo nonno aveva invece costruito dal niente. È per questo che organizza una fuga dalla grigia Milano (tutte le scene ambientate nella città meneghina sono virate in freddi toni di grigio), verso quel sud “congelato nel tempo” alla ricerca delle sue radici, "libero dai veleni della contemporaneità, pronto per il conforto del passato”. Non è un caso che in un ideale cimitero si ritrovino una di fianco all’altra le tombe di Lina Wertmuller, Milva, Franco Battiato, Raffaella Carrà e Monica Vitti. Tutti fantasmi di un passato artisticamente glorioso (almeno per la cultura gay) che recentemente se ne sono andati e hanno lasciato il vuoto. La forza di Mediterranea Inferno sta tutta qua. Denunciare attraverso un videogame il fallimento di una generazione (quella dei padri) per cui i figli sono costretti a guardarsi indietro per trovare l’ispirazione e uno scopo nella vita. Guardano indietro anche artisticamente, in una sorta di rifiuto per il contemporaneo. Persino i loro vestiti sono vintage e amano tutto ciò che è usato, che ha una storia. Il capitolo ambientato nel mercatino dell’antiquariato è l’esempio esplicito di questa attrazione verso la retrotopia.
Mediterranea Inferno è anche la cosa più queer che vi capiterà di giocare quest’anno. Gay, transfemminismo, fluidità di genere: tutti i personaggi del gioco accolgono a braccia aperte il non binario e lo ostentano come un vessillo della loro libertà sessuale. Epilatore a luce pulsata per le gambe da influencer di Mida, trucco pesante e tanga per Andrea la dancing queen, gelati fallici per Claudio. “E certamente essere donna è assolutamente basilare per ogni uomo nella nostra società. E viceversa per le donne. L'essere umano è costruito per imitare e ogni maschio ha immagazzinato dentro di sé migliaia di gesti, frasi, atteggiamenti femminili che spasima dal desiderio di esprimere ma che vengono seppelliti in nome della virilità. È una tragica perdita.” Così scriveva nel 1971 Luke Rhinehart ne L’uomo dei dadi. Lui, o il suo alter ego nel romanzo, si faceva comandare da un innocuo cubetto di plastica e se gli ordinava di diventare donna lo faceva senza alcuna remora. I Ragazzi del Sole non hanno bisogno del dado, sono dentro la loro “microbolla omosessuale” per cui non riescono a vedere oltre. Li accompagna nei loro miraggi estivi Madama, un personaggio ambiguo che non fa nulla per nascondere la sua ispirazione a Renato Zero e ai trasgressivi anni Settanta.
La scrittura di Lorenzo Redaelli è matura e tocca sempre temi poco battuti dai videogiochi, spesso scomodi, autobiografici e autoctoni ma universali allo stesso tempo. Lo fa con uno stile molto contemporaneo, fatto di slang, parole prese dalla cultura giovanile, dal mondo queer, dai social e dalla strada. Se poi consideriamo che anche tutta la parte artistica e musicale sono farina del suo sacco, possiamo tranquillamente affermare che ciò che ha finora sfornato è frutto di puro talento. Insieme a The Wreck, è tranquillamente uno fra i miei titoli preferiti di questo 2023. Florent Maurin (lo sviluppatore di The Wreck), dopo il flop almeno dal punto di vista commerciale del suo gioco ad un mese di distanza dal lancio, si chiedeva in un lungo sfogo su Reddit “perché diavolo facciamo ancora giochi indie?”. Si dava anche marzullianamente una risposta. Anzi cinque. Perché i giochi indie lo hanno formato. Perché permettono di esplorare territori ancora non battuti. Perché sono potenti dal punto di vista emotivo. Perché sono un modo per aprirsi su argomenti importanti. Perché permettono di connettersi con altri esseri umani e sentirsi meno soli davanti alle proprie paure. Allora Lorenzo e Florent permettetemi di aggiungere anche la mia, di risposta: continuate a fare giochi così perchè invece di rincorrere il pubblico (e il mercato ormai saturo di cloni su cloni) sarà il pubblico a venire da voi e ad applaudirvi, almeno virtualmente.