Omensight: come Agatha Christie ma coi furry
Il grande fascino che sortiscono titoli con meccaniche di riavvolgimento temporale, su tutti Majora’s Mask, sta nel fatto che riescono a fare leva su un desiderio umano quasi primordiale, ovvero quello di poter tornare indietro nel tempo per alterare il corso della propria storia in momenti critici della vita. «Cosa sarebbe successo se quella volta... », «Forse avrei dovuto… » sono solo alcuni dei classici pensieri ricorrenti che mi tormentano regolarmente la sera quando non riesco a prender sonno. Non deve quindi stupire che, quando meccaniche del genere diventano realtà, fosse anche solo in un videogioco, risultino sempre piuttosto interessanti e affascinanti.
Omensight va in questa direzione, proponendo un giallo deduttivo in cui è possibile rivivere più e più volte l’ultimo giorno dell’immaginario mondo di Urralia, prima che venga distrutto da un’apocalisse cosmica causata dal risveglio di una malvagia entità. La causa di questo sconquasso sembra essere l’uccisione della sacerdotessa-senza-dio (sic.), che veglia da eoni sulle terre martoriate da una guerra civile fra le due classicissime fazioni di imperiali e ribelli. Nelle vesti dell’Araldo, una potente entità semi-divina fatta di luce blu e codino à la Fiorello ai tempi del karaoke, che si palesa sulla terra solo quando le cose si mettono molto male, il giocatore è destinato a ripetere ancora e ancora gli avvenimenti che hanno portato alla distruzione del mondo, scegliendo, di volta in volta, con quale dei quattro personaggi coinvolti nella trama iniziare la giornata. In questo modo è possibile esplorare i vari ambienti di gioco seguendo alleati sempre diversi, sbloccando nuove aree e, talvolta, prendendo decisioni difficili che possono cambiare il corso degli avvenimenti. Inoltre, ogni qual volta si scopre un elemento importante della storia, l’Araldo viene in possesso di un “Omensight”, ovvero di una visione vivida di alcuni avvenimenti chiave che può trasmettere agli altri personaggi, in modo da influenzarli nelle loro decisioni. I personaggi da seguire appartengono a entrambe le fazioni in guerra nel mondo di Urralia ed è piuttosto comune che gli alleati della run precedente si trasformino in pericolosi nemici nel giro di giostra successivo.
In un mondo falcidiato dalla guerra, i combattimenti ovviamente non mancano e infatti costituiscono un elemento importante del gioco. Nel petto di Omensight batte un cuore hack’n’slash e i combattimenti fra l’Araldo e i vari nemici sono frenetici e nel complesso ben realizzati. La formula base ricorda un po’ quella degli Arkham di Rocksteady: bisogna menare le mani (anzi, in questo caso la spada) fino a che uno dei nemici non prova ad attaccarci, e in quel caso reagire con una schivata al momento giusto. È anche possibile inanellare attacchi lenti e veloci in devastanti combo e le schivate con tempismo perfetto rallentano il tempo per qualche secondo, come accade in Bayonetta. È inoltre possibile sbloccare attacchi speciali e potenziare le abilità utilizzando i cristalli che si trovano sparsi per il mondo di gioco e che vengono conservati ad ogni run. Pur non costituendo il nocciolo del gioco, la meccanica di combattimento risulta divertente e frenetica, pur proponendo una difficoltà non molto ben calibrata: la maggior parte dei combattimenti risulta relativamente semplice, salvo poi trovarsi di fronte a muri di difficoltà improvvisi. E lo stesso può essere detto dei vari boss e mini-boss, che a volte sono pesi piuma e a volte Mike Tyson.
Nonostante una parte action apprezzabile, Omensight rimane comunque radicalmente ancorato alla sua parte narrativa per quel che riguarda ritmi e meccaniche principali. Il mondo di gioco è ben rappresentato da una grafica cartoonesca e colorata, che colpisce subito col suo stile cel-shaded, in cui i colori desaturati del mondo di gioco fanno da contraltare alle tinte neon dell’Araldo e degli altri elementi divini del gioco. I personaggi sono interessanti e ben caratterizzati nei loro intenti e desideri, ma a volte cozzano con un design animalesco e troppo disneyano (avete presente la combriccola del Robin Hood della Disney?) e forse si sforzano un po’ troppo nel risultare moralmente ambigui a tutti i costi. La storia è molto interessante, specie nelle fasi iniziali, poi perde un po’ di mordente e non riesce a regalare un finale particolarmente memorabile. Inoltre, spesso le “investigazioni” consistono interamente nel seguire un particolare personaggio, trovarsi la via sbarrata da una porta o dalla mancanza di una particolare informazione, tornare indietro nel tempo e scegliere un altro personaggio che possa sbloccare questa impasse. Non c’è molta enfasi sull’esplorazione dei livelli di gioco o sulla deduzione vera e propria, tutto sta nell’acquisire le informazioni giuste dal personaggio giusto, facendosi un giretto fra i livelli con lui. Ciò pregiudica ovviamente la godibilità del gioco, che sembra molto più vuoto e lineare di quanto faccia inizialmente intuire. Non aiuta nemmeno la grande ripetitività dei livelli (che in totale sono cinque o sei), da ripetere decine di volte con personaggi diversi e minimi cambiamenti estetici e meccanici. Alla lunga mi sono sentito del tutto scoraggiato e annoiato al pensiero di dover affrontare per l’ennesima volta gli stessi corridoi e le stesse stanze, solo con percorsi leggermente differenti e gruppi di nemici con un aspetto diverso.
Omensight è un progetto decisamente ambizioso, per un piccolo team di sviluppatori come quello di Spearhead Games, e non si può negare che ce l’abbiano messa tutta. Fra le crepe nella narrazione, nel level design e nelle meccaniche, si riescono a intravedere le potenzialità della sua formula indubbiamente originale. Tuttavia, raramente Omensight riesce a raggiungere le vette che si prefigge.
Ho giocato a Omensight nella sua incarnazione Steam grazie a un codice fornito dagli sviluppatori. Ho completato il gioco in circa sei ore secondo il timer di Steam, ottenendo un finale che non mi ha del tutto soddisfatto. Avrei potuto ricominciare il gioco per cercare di ottenere un finale migliore ma in fondo una volta mi è bastata.