Batman: Arkham, la quintessenza dell'eroe in calzamaglia
Nel 2009, chiunque avesse nel cuore il sogno di sentirsi un supereroe ha potuto finalmente indossare il mantello. Era il 25 Agosto (per gli americani, noi europei il 28) e nei negozi faceva capolino Batman: Arkham Asylum. Prima di questo momento, di giochi sugli uomini mascherati ce n'erano, eh, ma nessuno aveva mai saputo farti sentire davvero uno di loro. Tolta parecchia immondizia degli anni post 2000, ci sono stati alcuni gioiellini precedenti (come lo Spider-Man di Neversoft per PlayStation, i vari giochi arcade targati Marvel o ancora i Batman dell'epoca Nintendo e Super Nintendo), che grossomodo avevano saputo catturare lo spirito del supereroe di turno ma si limitavano a creare una bella avventura per il tuo eroe preferito. Solo che, per prendere un personaggio a caso, giocavi nei panni dell'Uomo-Ragno ma non eri l'Uomo-Ragno, era come se vivessi un'esperienza al suo fianco.
Grazie a Warner Bros. e soprattutto a Rocksteady Studios, invece, per la prima volta nella storia del medium videoludico, l'impressione di essere davvero il supereroe che si stava controllando è stata palpabile. Batman:Arkham Asylum racconta del Joker, nemico numero uno dell'Uomo Pipistrello, che si libera dopo la sua ultima cattura, mettendo in moto una vera e propria rivolta all'interno del manicomio di Arkham. Tocca al giocatore mettere fine alla cosa, facendosi strada sull'isola dove è ubicata la struttura e rimettendo in gabbia uno a uno tutti i fuggitivi, fino al clown del crimine.
Una trama semplicissima, praticamente basilare per il genere supereroistico, ma funzionale al gameplay. Il gioco, un vero e proprio connubio fra stealth e azione, ci fa vestire i panni di Batman come appunto mai prima d'ora, trovandoci spesso ad ascoltarne i monologhi interiori, fino a sostituirci completamente a lui. “Qui dovrei usare il rampino”, pensiamo, e subito dopo “Bene, si è spostato quel nemico, un Batarang da qui dovrebbe stordirlo”. Siamo Batman.
Tolto questo diventare perfettamente il supereroe, anche cercando di mantenere un contegno e un distacco dalla personificazione (ma davvero siete persone così orrende?), esce fuori che Batman: Arkham Asylum è un gioco coi contro-pipistrelli, per la realizzazione grafica (il primo episodio di quella che poi è diventata la serie che conosciamo, ancora oggi, a quasi dieci anni di distanza, fa la sua figura) e per una giocabilità che ha riscritto il genere action, con un sistema di combo e contrattacchi che richiede precisione e permette di eseguire coreografie che appagano anche la vista premendo due tasti.
All'uscita del gioco cambia tutto: piovono votoni, altre saghe famose ne rubano a mani basse, pubblico e critica esplodono in brodo di giuggiole. Per il sottoscritto, successo meritatissimo, per due fattori fondamentali per un fan di Batman come me: il look che pesca dai fumetti e la storia scritta da Paul Dini. Niente collegamenti con i film, labili rimandi ai fumetti, ma l'idea vincente di Rocksteady l'ha vista pescare il meglio dal Batman di ogni era fumettistica, qualche spunto da altri media e un occhio di riguardo per la celebre serie animata anni Novanta. Serie che, guarda caso, vede i migliori episodi scritti dal già citato Dini, autore che ha rinverdito i fasti del Pipistrello anche sugli albi americani nella serie Detective Comics.
Una specie di minestrone riuscitissimo che, se esagero ditemelo voi, ci ha donato quello che è il Batman definitivo. E nonostante legga fumetti da più di vent'anni e segua le sue avventure anche altrove, ora, se penso a lui, la prima cosa che mi viene in mente è la serie di Arkham.
Serie, sì, perché Warner Bros. mica si lascia sfuggire il pipistrello dalle uova d'oro e, due anni dopo l'uscita del primo capitolo, è tempo di sequel. Arriva Batman: Arkham City, che alza drasticamente l'asticella, innanzitutto ingrandendo il campo da gioco. Se prima Batman si muoveva sull'isola di Arkham, tra struttura di detenzione e poco altro, ora ha un'intera porzione di Gotham City, chiusa da mura e trasformata in vero e proprio carcere a cielo aperto, che ospita chiunque sia rimasto orfano delle celle dell'Asylum. In seconda battuta, il gioco crea anche una sua continuity, dando vita a quello che è stato subito ribattezzato “Arkhamverse”, l'universo narrativo dei giochi Rocksteady. Batman: Arkham City è quindi più grosso, più bello, permette di impersonare anche Catwoman, Robin e Nightwing (anche se il 90% del gioco resta nelle mani di Batman) e Paul Dini torna alla storia: è capolavoro.
L'atmosfera è unica, in una Gotham City sporca, bagnata dalla pioggia o accarezzata dalla neve nelle sue battute finali, la trama è all'apparenza semplice ma si rivela poi più intrigata del previsto, andando a collegarsi con un ribaltamento del primo capitolo e, soprattutto, piazzando quel finale shock, che nessuno si aspettava. Perché nei fumetti tutto deve restare sempre uguale e invece no, qui, nell'Arkhamverse, niente resta sempre com'è. C'è una morte, alla fine di Batman: Arkham City, c'è LA morte. E non dico altro per non rovinarne il gusto a chi non dovesse essersela ancora gustata.
Certo, sicuramente qualcuno non avrà amato la svolta più open world, con l'aggiunta di molti collezionabili (già presenti nel primo capitolo) e di misisoni secondarie, ma al sottoscritto piacque da matti, perché la sensazione di sentirti davvero il protettore di Gotham City era ancora più forte, nonostante la vena meno intimista rispetto al primo capitolo.
Arriviamo al 2013: ci si aspetterebbe l'uscita di un terzo capitolo, ma Rocksteady vuole fare le cose per bene e, visto il periodo transitorio, è chiaro che vuole farle sulle nuove console, prossime all'uscita. Insomma, serve tempo. Ma Warner Bros ha bisogno di tenere buono il pubblico e, di fatto, chiede a Rocksteady il motore grafico e tutti i mezzi necessari per provare a costruire un gioco di Batman che possa comunque essere più grosso del precedente. Ci riesce, anche se con qualche scivolone. Batman: Arkham Origins, sviluppato direttamente da Warner Bros., è visivamente quasi identico al predecessore ma raddoppia la porzione di città visitabile e cambia l'anno di ambientazione, andando a posizionarsi una decina di anni prima di Arkham Asylum. Vengono quindi scritte (nomen omen) le origini dell'Universo Arkham e ci ritroviamo a giocare nei panni di un Batman più giovane, che pattuglia le strade di Gotham da non più di un paio d'anni e ancora deve fare molte esperienze per diventare il vigilante che siamo abituati a conoscere, imparando soprattutto a gestire la rabbia e la violenza delle sue azioni.
Paul Dini abbandona la serie, dando il testimone a Geoff Johns, deus ex machina dei fumetti DC, famoso per i suoi cicli di Flash e Lanterna Verde, di sicuro uno scrittore più adatto al sensazionalismo che ai racconti intimi. E infatti un po' il giocattolo si rompe: senza il lavoro di Rocksteady, il gioco appare un po' meno curato, dal lato visivo (open world grosso il doppio, con texture per forza di cose meno pulite) e anche tecnico (bug più frequenti, caricamenti più difficili da sostenere, occasionali pop-up... niente di grave o enorme, ma l'idea generale di cura minore, o frettolosità, è evidente). Il gioco è comunque un successo. Personalmente, l'ho trovato comunque ottimo, nonostante qualche scelta di trama discutibile, tipo far ruotare ogni cosa intorno a un personaggio particolare. Una mossa che denota forse un po' di timore nel proporre qualcosa di azzardato, un po' per evitare di toccare l'universo creato dai giochi precedenti, un po' perché inserendosi come “intermezzo” nella saga, e soprattutto come prequel, la possibilità di muoversi era minore.
I fan, però, urlano. C'è chi il gioco non l'ha nemmeno voluto comprare perché non sviluppato da Rocksteady. C'è chi vuole sapere come proseguirà la saga dopo il finale folle del secondo capitolo. Finalmente, Rocksteady esce dal torpore, annunciando il quarto e ultimo episodio della saga, uscito poi (dopo uno slittamento di qualche mese) nella primavera del 2015: Batman: Arkham Knight. Un gioco gigantesco, sempre scritto da Geoff Johns, che unisce il passato di Origins col presente della serie, permettendo di esplorare una porzione di Gotham City gigantesca (che di fatto taglia fuori solo le vecchie parti esplorate nei capitoli precedenti) e facendo entrare in scena la compagna di sempre dell'Uomo Pipistrello: la Batmobile, chiesta a gran voce da sempre, sempre mostrata ma mai utilizzabile, perché integrarla in un gioco stealth/action non era facile.
Batman: Arkham knight ci mostra una Gotham City meno marcia dei suoi predecessori. Anche più cupa e fredda, però, con un appeal minore, per quanto mi riguarda, e con un Batman deciso ad abbandonare il mantello, in qualche modo, dopo aver chiuso tutti i conti in sospeso, senza quasi più una luce-guida dopo i fatti di Arkham City. Il gioco è tecnicamente mostruoso, così tanto che la sua versione PC non gira praticamente su nessuna macchina, causa ottimizzazione praticamente assente (quella versione non viene curata da Rocksteady), finendo col venire ritirato e rimesso in commercio solo mesi dopo, con conseguente ondata di shitstorm internettiana e rimborsi.
Altri aspetti negativi? Beh, si possono usare (un po' nella trama principale, un po' in DLC dedicati) tutti i comprimari della Bat-Family, compresa Bat-Girl, o nemici/amici come Cappuccio Rosso, senza contare Harley Quinn, con il look classico e quello un po' più banale da gothic lolita; volendo quindi dedicarsi ad esplorare ogni anfratto del gioco, sia a livello di mappa esplorabile, letteralmente, sia a livello di contenuti (tonnellate di sfide extra coi vari personaggi, collezionabili all'inverosimile, ecc), forse, si può arrivare alla situazione del troppo che stroppia. La Batmobile si guida piuttosto bene, anche se a molti non va giù, perché bisogna comunque "impararla". Meno belle sono le sezioni di enigmi o vero e proprio stealth a bordo dell'auto, che a volte fanno quasi sorridere. Forse si è tentato in tutti i modi di sfruttarla il più possibile, ma il bilanciamento tra essa e le fasi più tradizionali non è riuscito benissimo.
Geoff Johns alla scrittura, come già detto, si lancia nel sensazionalismo puro, con veri e propri cataclismi e una situazione generale da fine del mondo che non vedo troppo affine con Batman, ma chiaramente deve premere l'acceleratore per esplodere ancora di più dopo i capitoli precedenti, scontentando un po' chi preferisce un Batman più urbano e di basso profilo. E chi è l'Arkham Knight del titolo? Non di certo Batman, ma un personaggio creato ex-novo, la cui identità viene rivelata solo verso la fine della storia e che sorprende solo chi non conosce l'universo del pipistrello (personalmente ho trovato il tutto un po' forzato, visto che riprende un personaggio praticamente mai nominato fino ad allora nell'Arkhamverse, se non di striscio).
Batman: Arkham Knight resta un gioco incredibile, che ha comunque detto la sua sul lato tecnico-ludico. Inoltre propone, al netto di alcune trovate di trama secondo me non buone come quelle di Dini, un finale comunque spettacolare, che conclude le vicende della saga (e anche di Batman in generale, se vogliamo) in modo perfetto, seppur lasciando quell'alone di mistero che fa impazzire chi ama fare teorie. Certo, si perde quasi del tutto la personificazione del giocatore nel supereroe e si cade un po' nell'intrattenimento da gigantesco blockbuster.
Rocksteady ha un po' rimediato, per forza di cose, nel gioco Batman: Arkham VR, che è quasi solo una tech demo (ambientata tra Arkham City e Arkham Knight) ma, grazie al visore, restituisce più che mai la sensazione di essere Batman.
La saga è conclusa, le voci di corridoio si sprecano, c'è chi parla di nuovo prequel ambientato tra Origins e Asylum, chi di capitolo ambientato nel futuro con il Batman della serie Beyond e adesso pare anche che Rocksteady sia al lavoro su un gioco dedicato a Superman. Io amo così tanto Batman che l'idea di tornare in qualsiasi modo a Gotham City schifo non mi fa, ma allo stesso tempo, con una formula simile, adoro la possibilità di vestire i panni di altri eroi (e altri studi di sviluppo, come Insomniac Games col suo Spider-Man su PlayStation 4, sembrano puntare nella giusta direzione, utilizzando un mix di cose pescate dagli Arkham e aggiungendoci del loro).
Comunque vada, ho l'armadio pieno di costumi già lavati, basta solo indossare quello giusto quando ce ne sarà bisogno.
Questo articolo fa parte della Cover Story "Justice League & Friends", che trovate riepilogata a questo indirizzo.