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Racconti dall'ospizio #111 - Le nanomacchine di Revengeance non mi salveranno dal rincoglionimento

Racconti dall'ospizio #111 - Le nanomacchine di Revengeance non mi salveranno dal rincoglionimento

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Come detto in più di un’occasione, la mia memoria avrebbe nettamente bisogno di un bel boost biomeccanico, di quelli che solo la fantascienza di Kojima saprebbe concedermi (in cambio di un inconveniente Soros™ prolisso e incomprensibile, ovvio). Roba che, spesso e volentieri, mi ritrovo a leggere i miei stessi articoli e a pensare “Oh, ma questo l’ho scritto io? Davvero?”. Oddio, il più delle volte, se non si tratta di robe molto belle (o molto brutte), mi dimentico anche di aver giocato al gioco in questione, ma insomma, a Metal Gear Rising: Revengeance ricordo di averci giocato, anche solo per fedeltà a PlatinumGames. Il problema, semmai, è che non ricordo granché del gioco di per sé.

Quando giopep mi ha chiesto se volevo scrivere un Racconto dall'ospizio sul gioco, ché avevo scritto la recensione qui su Outcast, ho risposto “Volendo sì, non che me lo ricordi, ma qualcosa mi invento”. Poi sono andato a rileggermi la recensione. Inutile dire che mi sembrava scritta da qualcun altro, e Revengeance si è rivelato a me lentamente, come fanno i vecchi ricordi davanti a foto sbiadite. Appena ho realizzato che sarebbe stato un meta-Ospizio, in cui il vecchio di cui si parla è quello che scrive e non il gioco in oggetto (d’altronde, questo mese facciamo anche l’Ospizio di un gioco di questa gen!), ho capito che ormai vale tutto, e quindi perché non parlare di un gioco che ricordo vagamente rileggendo un articolo che ricordo ancor più vagamente? So meta!

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[...] Mai fare incazzare un giapponese.

Cinque anni fa, avevo appena cominciato a scrivere, e vivevo malissimo questa cosa dei paragrafi d’apertura. Qui, oltre a un riassunto su vita e apparizioni di Raiden che vi risparmio, mi lancio in una presunta storia sulla genesi del gioco, che non serve a granché e non ha neanche molti sbocchi comici, se non fosse per la frase qui sopra, che chiude tutto in modo da farvi credere che avessi un’idea da seguire. Sono un paraculo, vendo paralumi.

[...] Il gotha dell’industria videoludica nipponica si incontra e crea un titolo su misura per Raiden: è fatta, c’è già odore di santità.

La prima informazione importante sul gioco arriva al secondo paragrafo: Metal Gear Rising: Revengeance è effettivamente la collaborazione tra Kojima e PlatinumGames, due dei fighi più fighi della città. Certo, ci sarebbe anche da dire al me di cinque anni fa che, di solito, i supergruppi non ripagano mai l’hype generato e i loro dischi sono mediamente pastura per chi pensa di saperne di musica... ma, ehi!

Peccato che Raiden sia evidentemente un personaggio al limite del fantozziano, a cui, come detto quasi duemila caratteri fa, non riesce bene esprimersi in pubblico. [...]

Un terzo paragrafo inutile in cui sottolinei che non hai detto un cazzo di interessante per un sacco di caratteri: Darsi la zappa sui piedi, capitolo 1.

Revengeance è infatti perfettamente inserito nel contesto della saga di Kojima in tutti i suoi aspetti: dalla profondità della storia, presente nonostante il genere sia poco avvezzo a simili elementi, passando per le innumerevoli cutscene attraverso le quali viene raccontata, la scrittura certosina, anche delle parti marginali come le conversazioni codec, tanto superflue quanto gustose, e alcuni personaggi assolutamente Kojimiani.

Col senno di poi, forse non inserirei "Kojima" e "scrittura certosina" nella stessa frase. Col senno di poi, cercherei anche di esprimere il concetto in maniera più leggibile. Ad ogni modo, è vero: Revengeance era l'ennesimo tripudio di personaggi assurdi, trame fantapolitiche arrotolate su loro stesse e conversazioni via codec al limite dell'inutile.

È però nella componente action, ossia quella che sarebbe dovuta essere la colonna portante del gioco, che Revengeance mostra il fianco alle critiche. [...] l’impressione di non essere davanti al capolavoro annunciato che ci si aspettava da Platinum Games c’è.
Il Blade Mode, ossia il taglio libero di avversari/gekko/elicotteri/missili/quellochevolete, non è infatti l’idea alla base del gioco, ma è, di fatto, l’unica idea su cui è incentrato il gameplay. [...] è possibile effettuare alcune sezioni con fare stealth, [...] ma sono abbastanza convinto che non vogliate spendere quasi 70 euro in un gioco action per giocarlo come uno stealth, nonostante le inevitabili chicche autoreferenziali che Kojima non poteva non inserire.

Parlare di un gioco (ma pure di qualsiasi cosa) partendo dalle aspettative che ti eri fatto è sempre un po' un errore. Soprattutto visto che, come dicevo sopra, stiamo parlando dell'album di un supergruppo, quindi "capolavoro annunciato" stocazzo. Ma poi, la spocchia di pretendere di sapere come uno vuole spendere i suoi soldi, con tanto di orrenda doppia negazione finale. Ad ogni modo, il Blade Mode! Chi se lo ricordava.

Che poi, questa cosa dei supergruppi ogni tanto funziona anche.

Dicevo, il Blade Mode: i nemici da tagliare, in Revengeance, non mancano di certo, e tutti sono dannatamente gustosi da fare a fette, sia all’abbacinante (almeno per le console) ritmo dei 60 frame al secondo, sia con il rallenty del Zandatsu, in cui le piccole fette degli avversari vengono setacciate alla ricerca di celle energetiche che garantiscono alla barra del Blade Mode di rigenerarsi, in un circolo continuo. Tuttavia, il gusto dell’affettare tende a diminuire non appena si scopre che questo circolo continuo è davvero tale, tanto che le poche combo disponibili non sono che un mero divertissement da alternare ad un’idea di gameplay che rimane fine a se stessa, non innovandosi mai nel corso delle poche ore di gioco. Senza contare che questo continuo rallentare un gioco altrimenti forsennato risulta amplificato proprio dagli elementi made in Kojima menzionati prima: le cutscene non sono esattamente snelle (anche se siamo ovviamente lontani dai “fasti” di MGS4) e le conversazioni al codec legate alla trama rallentano l’andatura di Raiden per brevi tratti. Altro elemento che impatta sull’immediatezza del gameplay è sicuramente quello riguardante la scelta delle armi secondarie, legata come ormai è abitudine alla croce digitale, ma qui proposta con un menu a parte, che, pur strizzando l’occhio ai vari Metal Gear Solid, risulta piuttosto “pesante” per un gioco che dovrebbe fare della rapidità e dell’immediatezza gli elementi chiave.

Qua, tutto sommato, si capisce tutto. E in effetti, mi ricordo il Blade Mode, che col Zandatsu (che poi era il classico meccanismo della schivata dal tempismo perfetto dei giochi Platinum) e tutta quella menata di ricaricare l'energia per fare le sparute combo si tirava avanti per tutto il gioco. 

Altro elemento di gameplay che fa storcere il naso è sicuramente il sistema scelto per effettuare le parate, attraverso la combinazione del tasto di attacco leggero e dello spostamento della levetta analogica sinistra nella direzione da cui proviene l’attacco. Abbinato a una telecamera al limite dell’insopportabilità e ad un lock-on automatico non propriamente inappuntabile, questo sistema risulta spesso impreciso, non tanto nelle fasi di gioco standard, quanto durante gli esigenti boss fight, che alzano decisamente l’asticella della difficoltà rispetto alle altre fasi del gioco e richiedono un approccio ben più tattico.

Madonna le d eufoniche e le ripetizioni, quanto mi prenderei a schiaffi. Comunque, non ricordavo il sistema folle di parate. Da un lato, la genialata di raccontare un personaggio spavaldo facendogli attaccare anche quando dovrebbe difendere; dall'altro lo schifo di fare 'sta roba nel modo meno intuitivo possibile. Considerando anche che, come si diceva sopra, la parata a tempo è un elemento fondamentale in tutti i giochi Platinum, e anche qui non fa eccezione, è un peccato che 'sta roba funzionasse in maniera rivedibile.

Questa cosa che le immagini del gioco provengano in larga misura da Know your meme è fantastica.

[...] A voler ben vedere, però, tali critiche risultano aspre proprio perché da questa combinazione ci si poteva aspettare una pietra miliare, un punto di incontro tra due realtà diverse che, con il giusto equilibrio, avrebbe rivoluzionato ancora una volta un genere che tre anni fa ha vissuto l’avvento di Bayonetta. Al netto del blasone e del peso delle aspettative, infatti, Revengeance è un action godibile, divertentissimo nella sua frenesia a colpi di lama ad alta frequenza, galvanizzante durante i quick time event ed esigente negli spettacolari boss fight, costantemente coadiuvato dalla bella sensazione dei 60 frame al secondo e da una colonna sonora assolutamente perfetta.

Di nuovo con il discorso sulle aspettative... quanto ci credevo, in Revengeance? Non di meno, il discorso fila: tra scazzi produttivi e mancato controllo totale sul progetto, immagino che PlatinumGames abbia fatto di necessità virtù, inserendo elementi distintivi delle sue produzioni in un universo narrativo che, purtroppo o per fortuna, ha sempre progredito a un passo completamente diverso da quello delle streghe di Umbra.

Ovviamente, poi, c’è quel quid che solo un videogioco nipponico può restituire e che è sempre più raro nell’industria attuale: da solo vale l’acquisto per gli appassionati. La cura maniacale del dettaglio, i personaggi squisitamente sopra le righe, i dialoghi mai banali e un design che riesce a far convivere la palette cromatica da zona di guerra con spine dorsali blu elettrico e katane rosso fluo, assieme al Tarantiniano senso di Kojima per la citazione costante e per la regia di classe, sono elementi ovviamente presenti in Revengeance, che di certo non fa brutta figura per quanto riguarda lo stile dell’opera.

"Personaggi squisitamente sopra le righe, dialoghi mai banali" e dopo cinque anni, l'unica cosa che è sopravvissuta è questa. Poteva andare meglio. 

Insomma, nonostante i difetti, forse dovuti alla gestazione travagliata e alla voglia di stupire a tutti i costi, l’avventura solista di Raiden regala comunque bei momenti, presentando un’idea “nuova” che funziona (leggasi “meglio di Afro Ninja”) e la vagonata di stile che sicuramente ci si aspetta da un action nato nella terra del Sol Levante. A conti fatti, si può dire che l’unica colpa di Metal Gear Rising: Revengeance sia quella di non essere l’inappuntabile capolavoro che ci si aspettava, finalmente capace di dare lustro una volta per tutte alla figura di Raiden.

Davvero? "Meglio di Afro Ninja"? Ma porco cane. Una chiosa finale orrenda, comunque: alla fine, Metal Gear Rising: Revengeance è un gioco onesto, falcidiato da problemi produttivi e un cervello bipolare, ma che ha fatto anche cose buone ed è un simpatico extra nell'universo narrativo kojimiano. Un po' come questa recensione, tutto sommato non sbagliata tout court, ma falcidiata dalle aspettative senza un motivo valido.

Ho giocato a Metal Gear Rising: Revengeance su Xbox 360, perché forse la versione PS3 sarà stata anche meglio, ma usare quei grilletti è pura follia. [...]

Mamma mia, l'Xbox 360. Mamma mia, i grilletti del pad PlayStation 3. Comunque, mi sembra davvero strano non aver parlato un minimo della colonna sonora, che mi ricordo molto galvanizzante e meritevole dell'attenzione di tutti. Pessimo.

Voto: 7

Peggio di The Last of UsMi sembra eccessivo.

Mentre lavoravo questo articolo, ho trovato questa immagine completamente a random su Twitter e ho riso molto.

Questo articolo fa parte della Cover Story "Metal Gear e Hideo Kojima", che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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