Novembre 2001: Videogiochi per tutti i gusti | Old!
Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".
Novembre del 2001 si apre con l’uscita di Civilization III, il primo episodio della serie pubblicato da Infogrames dopo il casino sulla gestione dei diritti fra Hasbro, Microprose e Activision. Ma soprattutto, è l’episodio che vede Civilization affidato a Firaxis Games, lo studio fondato da Sid Meier dopo essersene andato da Microprose. Insomma, anche se Meier continua a non lavorare direttamente sul gioco (di fatto, il “suo” Civilization rimane il primo), in un certo senso qui la serie torna a casa e lo fa in un trionfo di critica e pubblico che lo rende un caposaldo solidissimo del gaming PC per il nuovo millennio.
Una settimana dopo arriva in Europa Castlevania Chronicles, simpatica operazione di modernariato con cui Konami porta su PlayStation il Castlevania uscito nel 1993 su Sharp X68000, a sua volta remake del Castlevania per NES. Chiaramente la riedizione prevede una serie di aggiunte e rimaneggiamenti ma anche un “Original Mode” che prova a replicare il gioco d’epoca nel miglior modo possibile, al netto di qualche concessione tecnica inevitabile.
Il 16 novembre 2001 arriva in Europa Mario Party 3, ultimo episodio della serie a manifestarsi su Nintendo 64 e, se lo chiedete a me, ultimo episodio della serie davvero meritevole (e comunque inferiore al secondo). Accolto modestamente dalla critica, come da tradizione per la serie, Mario Party 3 riscuote comunque successo a sufficienza da meritarsi una lunga serie di seguiti. Verrà ricordato anche per essere non solo l’ultimo Mario Party su Nintendo 64, ma proprio l’ultimo gioco pubblicato da Nintendo sulla console.
Lo stesso giorno è segnato anche dall’uscita di Headunter, gioco d’azione e avventura sviluppato dallo studio svedese Amuze per conto di Sega. Pubblicato inizialmente solo su Dreamcast e poi, qualche mese dopo, anche su PlayStation 2, Headhunter prova ad omaggiare il cinema d’azione e fantascienza degli anni Ottanta con risultati modesti ma una certa personalità. Tre anni dopo godrà di un seguito su PlayStation 2 e Xbox, che sarà anche l’ultimo gioco sviluppato da Amuze prima della chiusura.
Si rivelerà decisamente più fortunato, soprattutto sulla distanza, Burnout, che arriva anch’esso il 16 novembre 2001 dalle nostre parti. Sviluppato da Criterion Games per conto di Acclaim, è un gioco di guida arcade che, pur ispirandosi in maniera abbastanza palese (vai a sapere se consapevole) al coin-op Thrill Drive di Konami, trova un’identità tutta sua a base di incidenti, guida spericolata e frenesia totale. Il gioco riscuote un buon successo e si merita un seguito ma la serie esploderà davvero solo col terzo episodio, pubblicato però da Electronic Arts a seguito del fallimento di Acclaim e dell’acquisizione di Criterion.
Il 23 novembre 2001 arriva in Europa Shenmue II, secondo capitolo dell’epopea (commercialmente) fallimentare targata Yu Suzuki che qui alza l’asticella dell’ambizione, viene lodato per i notevoli passi avanti rispetto al primo episodio e verrà da molti celebrato come fantastico canto del cigno per il Dreamcast. Circa un anno dopo, il gioco arriverà anche su Xbox e lì rimarrà per quasi vent’anni, in attesa di Kickstarter. Tempo fa l’abbiamo celebrato con un Racconto dall’ospizio di Mario Morandi.
Lo stesso giorno arriva sulle nostre PlayStation 2 anche Silent Hill 2, seguito del popolare survival horror pubblicato da Konami sulla PlayStation originale. Considerato uno fra i migliori seguiti videoludici di sempre, un capolavoro totale, il miglior Silent Hill della storia, in grado di curare il cancro e risolvere la fame nel mondo, Silent Hill 2 segna definitivamente la nascita di una serie che ci terrà compagnia per un paio di generazioni di console. Lo abbiamo celebrato più volte qua su Outcast.
Il mese si chiude su un seguito che la storia ricorderà in maniera molto meno clemente. Return to Castle Wolfenstein è in realtà un remake/reboot del classico anni Novanta, curato da Gray Matter Interactive per conto di Activision, con id Software, sviluppatore del Wolfenstein 3D originale, a collaborare solo in un ruolo di supervisione. Il gioco viene accolto positivamente e si meriterà un mezzo seguito otto anni dopo, ma non genera particolari entusiasmi. Col senno di poi bisogna però riconoscergli l’intuizione di aver posto una certa enfasi sull’approccio stealth, che rimarrà componente importante nel reboot targato Machinegames di oltre dieci anni dopo. L’unica parte memorabile del gioco rimane il multiplayer, soprattutto per come un anno dopo verrà sviluppato da Splash Damage nell’eccellente Wolfenstein: Enemy Territory.