La nostalgia di casa in Elite Dangerous
Riprendiamo un po’ le fila dallo scorso articolo. Elite Dangerous, dieci anni, due espansioni, volare, lo spazio, cosa significa: trovate tutto qua.
Ci siamo? Bene.
Io Elite l’ho scoperto tardi, come dicevo, qualche anno dopo il lancio, anche se avevo seguito con interesse la campagna Kickstarter e le news dopo il lancio.
E per questo racconto la prenderò larghissima, vi avviso.
Sono entrato per la prima volta su una Sidewinder Mk. I nel 2017, esule insieme a un amico da Destiny 2 e dalle sue navette che non servono a nulla. La domanda che ci batteva in testa era: ma perchè farci vedere queste navi bellissime se non ce le fate mai usare?
Scatta la ricerca, approdiamo su Elite in due, cominciamo a farci le ossa tra combattimenti e missioni cargo e dopo un mesetto siamo lì a confrontare i nostri progressi e le nostre ambizioni. E consigli, una marea di consigli.
Cominciare questo gioco senza aver letto né una guida né una introduzione per noob è stata la nostra scuola più importante, ci ha forgiato tanto che ad anni di distanza ci ricordiamo gli step da seguire per sbolccare questo vendor o quell’oggetto. E si parte con la narrazione emergente, lontani dalla storia della galassia di cui siamo spettatori solo tramite il GalNet News: lui cacciatore di taglie, io camionista galattico.
E giù a darsi consigli l’uno sulla carriera dell’altro e viceversa, sempre pronti a scambiarsi i mille siti su cui trovare la build giusta per la nave, i modi più veloci per ottenere questo o quel permesso, le rotte interessanti o video dove quelli davvero bravi abbattono Targoidi uno dietro l’altro.
In tanti anni di onorato servizio, non abbiamo mai incrociato le rispettive rotte, ma ci siamo sempre confrontati su tutto, incluso il momento del mio insano desiderio di visitare il sistema Sol. Un po’ per curiosità, un po’ per avere la tacca di aver visitato la culla dell’umanità, cercavo di capire per i fatti miei, senza leggere nulla, come entrare nel Sistema Solare, scontrandomi con il piccolo scoglio di non aver mai giurato fedeltà a nessuna SuperPotenza.
Citando il caro amico: “Ma che cazzo hai fatto finora, scusa?”.
Giravo e vagavo, ma con questo scambio capii quale doveva essere il mio obbiettivo. Con una ottantina di ore sul groppone, mi accinsi a conquistare la fiducia della Federazione, fazione con cui (casualmente) avevo la reputazione più alta e che (sempre casualmente) era quella che faceva al caso mio.
Ed eccomi, dopo non so quante ore di gioco tra missioni di consegna, combattimento e recupero, che ricevo il messaggio più bello: “Hai ricevuto il permesso per entrare nel sistema Sol.”
Non me lo faccio ripetere sue volte. Apro la mappa, imposto la rotta, controllo quanto mi ci vorrà e mi lancio in viaggio. Circa quaranta salti interstellari, a ciclo continuo: salto, scansione, rifornimento, salto e si ripete finchè non ci si arriva. Non so perché avessi questa sorta di urgenza, questo bisogno quasi viscerale di “Tornare a casa” e visitare il pianeta natio della razza umana, ma credo che tutto arrivi da una singola foto. Per essere precisi, da un pixel di una foto. Ma quel pixel racchiude tutto quello che ho sempre sognato, da amante dello spazio, da appassionato di fantascienza: la foto è Pale Blue Dot e quel piccolo puntino luminoso in mezzo a fasci di luce è un piccolo pianeta chiamato Terra. E io stavo per arrivare a vedere quel punto di vista, salvo per poi fare l’esatto opposto del Voyager 1 nel momento dello scatto.
Fu un pezzo un po’ strano della mia avventura in Elite, circa cinque minuti, ma sono cinque minuti che non scorderò mai. Breve, brevissimo: riattivare i motori, puntare verso il terzo pianeta del sistema e vedere la scritta “Earth” al centro del sistema di puntamento, il counter della distanza che diminuisce sempre di più e poi Disengage. Si esce dal’iperspazio ed eccola lì: immensa, ma minuscola rispetto al resto, azzurra come non mai, incredibilmente bella nel suo essere insieme realistica e virtuale.
So che è una piccolezza rispetto alle incredibile meraviglie che Elite mette in scena: buchi neri, quasar, pulsar, alieni, pianeti interi da esplorare, sui cui combattere o anche solo commerciare.
L’immensità della Via Lattea, di quella galassia che possiamo chiamare Casa, con tutti i suoi fenomeni incredibili, liberamente esplorabile in lungo e in largo, è a volte soverchiante e forse è il motivo per cui in dieci anni così poco è stato esplorato: forse perché tendiamo tutti a restare nella bolla, così affezionati ad un piccolo puntino blu sospeso nel buio dello spazio.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai "Momenti memorabili", che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.