Una questione di cuore e Transistor
Se fate parte di quella schiera di appassionati di videogiochi che sono convinti che le recensioni possano e debbano essere obiettive, vi avverto immediatamente: questo articolo non proverà nemmeno per un momento a essere obiettivo. Allora, dicevamo. Transistor è il nuovo gioco di Supergiant Games, lo studio salito alla ribalta quasi tre anni fa grazie a Bastion, un Action-RPG che ha conquistato critica e pubblico su XBLA prima e su una marea di altre piattaforme poi (PlayStation varie escluse). Stilisticamente ineccepibile, Bastion si distinse per una combinazione azzeccata di meccaniche di gioco sufficientemente originali e un’atmosfera a cui contribuì in maniera determinante la voce narrante, che raccontava in una credibile diretta fittizia le avventure del nostro eroe (quanto meno in inglese, non so se avesse lo stesso impatto nella versione italiana). Questo elemento forse contribuì al successo di Bastion oltre i suoi effettivi meriti, anche se rimane un gran bel gioco, intendiamoci.
Di certo, sono sinceramente rimasto sorpreso, forse anche ingenuamente, quando ho scoperto entro i primi dieci secondi di gioco che c’è un’altra voce narrante in Transistor. Il mio primo pensiero è stato “OK, Supergiant Games diventa ufficialmente ‘lo studio che fa i giochi con le voci narranti’”. Nel momento in cui inserisci in un gioco un elemento con una così forte caratterizzazione, il rischio di alienare parte del pubblico è tutt’altro che da sottovalutare. Una tabula rasa come Gordon Freeman in Half-Life potrebbe non piacere, ma è praticamente impossibile che stia antipatico, rischio che invece si corre con personaggi come Nathan Drake dei vari Uncharted. Scommetto che vi starete chiedendo dove voglia andare a parare con tutto questo sproloquio e arrivo subito al punto: a me la voce narrante di Transistor ha dato addosso dal primissimo istante in cui l’ho sentita. La reazione iniziale è stata probabilmente dovuta al “Dai, un’altra volta con la voce narrante?”, ma andando avanti nel gioco non ho trovato nessun motivo per farmi piacere il petulante compagno di Red, la protagonista del gioco. Mentre il narratore di Bastion mi accompagnava e sottolineava le mie azioni con un meccanismo che mi faceva credere che fosse interattivo e in tempo reale, l’entità senziente che vive dentro la spada di Red è un impiccione che sembra non riuscire ad accettare il fatto che siamo noi quelli che prendono le decisioni, e non lui. I rari momenti in cui dà suggerimenti effettivamente non inutili non controbilanciano tutti gli altri in cui ciarla su argomenti probabilmente importanti, ma che si perdono in mezzo a tutte le altre cose di poco interesse.
Sì, c’è anche un gioco oltre a tutto questo. Transistor è un gioco di ruolo che fonde elementi d’azione in tempo reale con la tattica a turni. La prima impressione è che si giochi come un qualsiasi RPG d’azione, ma ci si accorge al primo combattimento di come funzionino le cose in realtà. Red può fermare il tempo con la semplice pressione di un tasto e mettere in coda una sequenza di movimenti e attacchi fino a esaurire la barra della risorsa apposita. Completata la pianificazione, si preme il tasto apposito e Red eseguirà gli ordini in pochi istanti, dopo di che si dovrà aspettare che si ricarichi la risorsa, evitando nel frattempo gli attacchi nemici e usando le poche azioni disponibili durante il periodo di ricarica (aspetto di cui parlerò meglio tra poco). È possibile anche giocare completamente in tempo reale, senza usare la funzione di pianificazione, ma in questo caso bisogna abituarsi ai tempi di carica delle varie abilità. Dopo qualche combattimento ci si rende conto che per avere successo bisogna utilizzare con sapienza sia gli attacchi in tempo reale che la pianificazione, in un interessante mix strategico che valorizza il sistema di combattimento. Il gioco non spiega granché, va detto, e a parte un breve tutorial in occasione del primo combattimento e qualche suggerimento sparso qua e là nelle varie schermate, suggerimenti che è facile farsi sfuggire, imparare a giocare è lasciato interamente alla capacità e alla dedizione del giocatore. Considerato quanto guidate siano molte delle esperienze di gioco delle produzioni odierne, l’approccio di Supergiant Games è sicuramente encomiabile e gradito.
Le abilità a disposizione di Red sono molte e si sbloccano trovandole per il mondo di gioco, soprattutto all’inizio della nostra avventura, e salendo di livello, come nella migliore tradizione del genere. Sono molte, mentre Red ha solo quattro slot per quelle attive, più due slot di potenziamento per ognuna di esse e quattro slot passivi (inizialmente bloccati e il cui accesso sarà disponibile salendo di livello). È un sistema che ricorda vagamente quello di Diablo III, anche se nel gioco di Blizzard c’è differenza tra abilità attive e rune passive, mentre in Transistor le abilità possono essere usate in tutte e tre le categorie di slot: attivi, potenziamenti o passivi. Ogni abilità consuma una certa quantità di memoria, da uno a quattro punti, ed è necessario scegliere la combinazione migliore senza superare il limite massimo (si parte con sedici, ma salendo di livello aumenterà). L’idea è solida è offre una grande possibilità di personalizzazione del personaggio, con una notevole quantità di combo e sinergie possibili. Purtroppo, l’interfaccia di gioco non è all’altezza della complessità del sistema e mi sono ritrovato fin troppo spesso alla ricerca di una schermata che mi desse una visione d’insieme delle mie abilità, con le descrizioni complete di tutte le abilità e relativi slot passivi. Non so se faccia parte della scelta di lasciare il giocatore a se stesso o sia solo pessimo design dell’interfaccia, ma il risultato è stato comunque di infastidirmi più del necessario ogni volta che volevo fare qualche modifica alle mie impostazioni di combattimento.
Come probabilmente avrete capito leggendo fino a qui, Transistor non mi ha convinto molto. Il nostro rapporto è partito col piede sbagliato a causa di quella fastidiosa voce narrante ed è proseguito tra piccole e grandi incomprensioni. Lo stile grafico è ottimo, così come lo è la colonna sonora (come del resto lo era quella di Bastion) e si intuisce che c'è un gran lavoro di scrittura su mondo e personaggi, sprecato però da una narrazione che non riesce a decollare del tutto e a catturare completamente l’attenzione del giocatore. Forse è proprio questo il problema di fondo di Transistor: c'è una serie di buone idee che però non raggiungono completamente il loro potenziale a causa di implementazioni discutibili. Mi sono accorto mentre giocavo che le mie sessioni erano di solito piuttosto brevi, a causa di una generale mancanza di ritmo: così come c’è poco da fare tra un turno e l’altro di Red durante i combattimenti, c’è altrettanto poco da fare tra un combattimento e l’altro. Per quanto il mondo di Transistor sia realizzato in maniera ineccepibile e abbia un fascino indiscutibile, non basta la voce narrante a riempire i vuoti e l’esplorazione è ridotta ai minimi termini, con pochissimi elementi interattivi e ben poco altro da fare a parte camminare trascinandosi dietro (letteralmente) la spada dalla bocca larga. Se Bastion mi aveva sorpreso in positivo, Transistor lo ha fatto invece in negativo. Ed è un peccato, perché riconosco la quantità e qualità del lavoro che c’è dietro, ma il risultato non mi ha soddisfatto e mi ha, in più di un’occasione, annoiato. Tuttavia, anche se potrà sembrare assurdo, non sconsiglio senza possibilità di appello il nuovo gioco di Supergiant Games, perché anche se a me non è piaciuto, non posso non riconoscere il gran lavoro che c'è dietro. E chissà se sarebbe andata diversamente con una voce narrante diversa.
Ho giocato a Transistor in versione PC grazie a un codice che ci è arrivato direttamente dagli sviluppatori del gioco. Steam dice che ci ho giocato per circa quattro ore, ma non l’ho finito perché mi sono annoiato prima di arrivare alla sua conclusione. La realizzazione tecnica è di buon livello, ma nota molto negativa per la risoluzione fissata a 16:9 anche sui monitor 16:10 (come il mio). Ci ho giocato con un pad Xbox 360 e il gioco riconosce immediatamente il sistema di controllo utilizzato, cambiando al volo le icone in caso si passi da tastiera a pad e viceversa.