The Red Strings Club: punta, clicca, trascina e decidi il futuro dell’umanità
La collaborazione fra Deconstructeam e Devolver Digital ci ha già regalato, tre anni fa, Gods Will Be Watching, un gioco che mascherava da avventura punta e clicca una struttura sostanzialmente da puzzle game piuttosto “contenuto” e la applicava a un racconto fantascientifico molto ambizioso per tematiche, taglio adulto e capacità di tirare dritto per la sua strada senza guardare in faccia a nessuno. Ne veniva fuori un gioco molto bello e affascinante, anche se ad alto rischio di frustrazione, talmente alto che gli sviluppatori decisero di aggiungere a posteriori la possibilità di smussare le asperità tramite un selettore della difficoltà. The Red Strings Club è il nuovo figlio di quella collaborazione e, per chi ha giocato a Gods Will Be Watching, può risultare abbastanza sorprendente.
Da un lato, il filo conduttore è ovvio: ambientazione da distopia fantascientifica, tematiche adulte, voglia di colpire a fondo con svolte narrative forti e decisioni toste messe nelle mani del giocatore, temi alti affrontati senza timori reverenziali, impostazione da avventura grafica che spinge molto su piccoli puzzle contestuali e sull’impianto narrativo, splendida grafica pixellosa. Dall’altro, il dietrofront sul piano delle meccaniche è notevole: la frustrazione videoludica intesa nella sua accezione più classica, in The Red Strings Club, non ha diritto di cittadinanza. Non è sostanzialmente possibile bloccarsi e la sfida sta più che altro nel provare a far andare avanti il racconto come vorremmo, con meccaniche incentrate per lo più sul dialogo e su semplici minigiochi. Solo nella parte finale si manifesta una situazione veramente da avventura punta e clicca, con un bel sistema di investigazione sull’identità di alcuni personaggi, ma anche in quel caso, la direzione viene dettata in maniera abbastanza chiara e si tratta più che altro di compiere scelte legate al racconto. Insomma, dal punto di vista delle meccaniche, è abbastanza evidente lo sforzo di Deconstructeam per offrire un’esperienza molto più accessibile.
Ovviamente, sono scelte che si legano a doppio filo anche al tipo di gioco e racconto che vuoi proporre. Nel caso di Gods Will Be Watching, quel tipo di approccio intransigente andava mano nella mano con la storia, l’ambientazione e i temi affrontati e infatti, per quanto la scelta di aggiornare il gioco rendendolo più accessibile fosse comprensibile, a mio parere bisognava fare lo sforzo di giocarci in versione originale, per goderselo davvero. Allo stesso tempo, le idee di gioco e il racconto proposti da The Red Strings Club si sposano bene con il suo approccio più moderato.
La storia si apre con una mossa magari non originalissima, ma sempre d’impatto: assistiamo a quella che sembra essere la dipartita del protagonista e poi si passa a un lungo flashback. In realtà il vero twist sta nel fatto che per la maggior parte del gioco non controlliamo lui ma un suo conoscente, gestore di un locale il cui nome dà il titolo al gioco e nel quale questi, oltre a fare il barista, si intrattiene come mercante d’informazioni. Dalla sua, il nostro amico barista ha anche la sorprendente abilità di preparare cocktail adatti a fare leva sullo stato d’animo del cliente, cosa che lo aiuta a spillare dettagli dai propri interlocutori e si rivelerà fondamentale nell’avventura che lo aspetta.
Il gioco è ambientato in un futuro fantascientifico, nel quale gran parte della popolazione è dotata di impianti cibernetici, tramite cui può intervenire sulle proprie emozioni, in una maniera che il gioco stesso dipinge sostanzialmente come una variante più precisa ed efficace di ciò che già oggi proviamo a fare con psicanalisi e psicofarmaci. Si manifesta però all’orizzonte un’invenzione che potrebbe compiere un passo moralmente (forse) eccessivo, andando a sedare qualsiasi genere di emozione considerata troppo forte in nome di pace, tranquillità e serenità. È un’esagerazione? Dove finisce il libero arbitrio? Possiamo permetterci di lasciare un potere simile nelle mani di una grossa corporazione? Vai a sapere.
Il vero punto forte di The Red Strings Club non sta necessariamente nel racconto in senso stretto, dato che i temi e gli sviluppi narrativi, per quanto ben gestiti e scritti, sono piuttosto classici. La sua forza, come è giusto che sia, sta nella natura interattiva dell’esperienza e nel modo in cui ti permette di pasticciare col racconto. I temi, forti, importanti, significativi, non vengono mai proposti in maniera pedante o elargendo giudizi, sono anzi sempre lasciati all’interpretazione e alle valutazioni del giocatore, che vengono anzi incoraggiate tramite meccaniche specifiche, come quella del test a cui il protagonista viene periodicamente sottoposto. Domande ficcanti, dialoghi azzeccati, situazioni non banali in cui dobbiamo decidere cosa fare si sovrappongo a ripetizione, creando un susseguirsi di scelte interessanti (con un saluto Sid Meier), le quali ci permettono di definire l’evoluzione della storia ma anche di esprimere più o meno implicitamente il nostro punto di vista sui temi affrontati.
E gli argomenti proposti da Deconstructeam vanno anche al di là di quelli “ampi” che sorreggono il racconto, proponendo molto di più in maniera tangente, attraverso le caratterizzazioni dei personaggi e la scrittura precisa delle loro storie personali. La struttura del racconto è lineare in maniera dichiarata, con un punto d’arrivo inevitabile mostrato in avvio, ma il percorso può variare in maniera significativa, come testimoniato dall’albero delle decisioni prese, consultabile in qualsiasi momento, e, volendo, anche dagli achievement, in cui si parla addirittura di personaggi che nemmeno ricordo di aver visto. Hai detto niente.
Ne viene fuori un’esperienza elettrizzante, affascinante per il modo in cui ti spinge a riflettere su ciò che racconta e, soprattutto, su come tu decidi di affrontarlo, convincente nelle meccaniche e nella scrittura, davvero notevole sul piano della realizzazione audiovisiva. In buona sostanza, è un gioco imperdibile per chi ama affondare mani e mouse nella narrazione impegnata e impegnativa, con il bonus non da poco che si lascia giocare molto più facilmente rispetto a Gods Will Be Watching.
Ho giocato a The Red Strings Club grazie a un codice Steam fornito dal distributore. Ho completato l’avventura in tre ore e spiccioli, sbloccando quattro achievement su diciannove. Ci si può mettere tranquillamente di più (il Peduzzi, che ne ha chiacchierato nell’ultimo Outcast Magazine, dice di averne impiegate cinque) e chi ama spulciarsi tutte le possibili diramazioni di un gioco narrativo ha sicuramente una buona dose di rigiocabilità a disposizione. Io preferisco tenermi le scelte fatte e la “mia” storia, ma insomma, ammetto di aver guardato un pezzetto diverso del finale su YouTube. La curiosità è una brutta bestia.