Feda non è un'offesa | Racconti dall'ospizio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Feda! Detta così potrebbe sembrare una qualche offesa in dialetto. In realtà è un gioco semi sconosciuto mai arrivato in Europa e neanche in America. Esatto, i giapponesi se lo sono tenuto tutto per loro, ma nonostante la somiglianza con un ‘taccitua! Feda in realtà è un prodotto interessante.
Uscito nel 1994 per Super Nintendo, Feda: The Emblem of Justice rimase esclusiva proprietà dei giapponesi. Ricordo anche abbastanza bene come lo scoprii: ero in piena sindrome d’astinenza da giochi strategici a turni dopo aver terminato da poco Tactics Ogre e Final Fantasy Tactics su PSP (o forse era PS Vita?) e mi misi a cercare. Feci un salto sui vari Super Robot Taisen (stupendi), ma poi mi trovai davanti a questo Feda, giocabile unicamente tramite una ROM tradotta amatorialmente. Mi dissi: «e che cavolo, proviamolo!».
E fu una delle decisioni ludicamente migliori che abbia mai preso. Feda: The Emblem of Justice non inventa nulla di nuovo, ha delle fasi di dialogo tra i vari personaggi, una trama che vede in contrapposizione creature parzialmente animali in guerra con umani purosangue, e tutta una vicenda di tradimenti, razzismo, violenza, speranza, morte per cui i giapponesi vanno in brodo di giuggiole. I combattimenti sono a turni con i vari eroi protagonisti che sferrano i loro attacchi in piccole scene dall’aspetto “cool”, che a qualcuno potrebbero ricordare le animazioni che si vedono in Fire Emblem durante gli attacchi degli eroi.
Non è lo strategico a turni giapponese più complesso a cui abbia mai giocato, e considerando che il mio standard di complessità lo indicherei come gli esagoni di Mission Force: Cyberstorm, dove il gioco calcolava anche le percentuali di corpo nemico visibile dall’esagono della tua unità contando ogni ostacolo di mezzo, si può ben capire che lo strategico tipico giapponese non è qualcosa che abbia mai preso troppo sul serio. Cosa mi piaceva di Feda? L’atmosfera, direi. Il mondo di gioco per quanto semplice non era banale e i personaggi erano piacevoli nelle loro liti e nella loro psicologia. Mi ricordo ancora uno dei villain, un centauro xenofobo che voleva sterminare villaggi umani ribelli che non vedevo l’ora di poter uccidere nel corso della campagna.
Piccolo dettaglio: non tocco Feda da più di dieci anni, e il fatto che mi ricordo ancora di quel maledetto mezzo cavallo penso sia una testimonianza di quanto la trama mi sia rimasta impressa. Per chi fosse curioso, i protagonisti principali sono due, un guerriero umano e un uomo lupo che nella mia partita divenne il personaggio più forte della squadra, e per parecchie lunghezze.
Il gioco aveva anche un interessante sistema legato all’allineamento. Le missioni spesso potevano essere completate in più modi, e decidere la condotta dei personaggi influiva sull’allineamento morale di tutta la squadra. Ad esempio, se l’obiettivo era fuggire si poteva effettivamente cercare di scappare, oppure di stravolgere la strategia e sterminare i nemici inseguitori (rendendo inutile la fuga). Il gioco prevedeva la possibilità e faceva cambiare un indicatore legato alla Legge e al Caos dopo ogni missione. L’allineamento influiva sulla trama, naturalmente, sui dialoghi, ma anche sui personaggi che si potevano sbloccare durante il gioco.
È un gioco imperdibile? No. Direi di no. Tactics Ogre sicuramente gli è superiore, e serie come quelle di Fire Emblem e Super Robot Wars offrono titoli in abbondanza da provare… Ma se si ha voglia di qualcosa di meno famoso, se si vuole provare qualcosa di diverso dal solito, Feda è una scommessa sicura, e forse se invece di tenerselo solo per loro, i Giapponesi avessero concesso al resto del mondo di giocarlo, oggi citeremmo anche questa offesa in dialetto tra i più grandi giochi di ruolo strategici mai nati dalla terra del Sol levante.
Questo articolo fa parte della Cover Story “Meglio tardi che mai”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.