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I vent'anni di Arcanum: Of Steamworks and Magick Obscura | Racconti dall'ospizio

I vent'anni di Arcanum: Of Steamworks and Magick Obscura | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Ci sono alcuni giochi di ruolo che hanno dei meriti innegabili, caratteristiche insospettabili o che, semplicemente, a volte rimangono impressi grazie a un’improbabile alchimia che rende la somma delle loro parti migliore di quanto si penserebbe basandosi sulla semplice aritmetica. Arcanum: Of Steamworks and Magick Obscura rientra decisamente in questo elenco, e per quanto non venga forse citato e ricordato con lo stesso amore riservato ad altri giochi di ruolo rimane comunque un esponente meritevole di considerazione.

Dialoghi di un certo livello.

Ricordo di averci giocato poco dopo aver finito Fallout 2 per la prima volta, e il fatto mi rimase impresso per uno scambio verso l’inizio del gioco in cui il protagonista veniva definito in modo piuttosto ironico il “Chosen one”, lo stesso titolo che aveva l’eroe postapocalittico del gioco Black Isle. Le somiglianze però finivano lì, perché Arcanum offriva un’ambientazione unica, un mix di tecnologia e magia che si integrava alla perfezione e un mondo che era stato palesemente creato con amore e cura per i particolari.

L’idea di poter essere un pistolero magico era affascinante, ma non sempre davvero praticabile. Se eri un bravo mago la tecnologia iniziava a funzionare male attorno a te, le pistole potevano esploderti in mano o fallire in modo critico gli attacchi con una certa frequenza. Gli effetti della magia avevano anche conseguenze sui personaggi del mondo di gioco o sulla vita di tutti i giorni: se l’avatar era un potente mago (come l’elfo stregone, che mi piaceva utilizzare durante le mie prime partite) poteva avere difficoltà a ottenere un posto sul treno perché i macchinisti temevano che la sua semplice presenza potesse interferire con il funzionamento della locomotiva. In realtà, raggiunto un certo livello di potere, il viaggio via treno era completamente interdetto.

Meglio la nave… .

Arcanum ha comunque un pregio differente: è stato il primo gioco di ruolo per PC che, da un certo punto in avanti, ho smesso di giocare guardando i numeri per immedesimarmi totalmente nel personaggio che avevo creato. Ricordo anche piuttosto bene come successe, ed è legato a una quest che probabilmente molti giocatori veterani conoscono. Mi sento obbligato a fare uno “spoiler alert”, ma stiamo pur sempre parlando di un gioco vecchio di vent’anni, quindi mi verrà perdonato il descrivere una situazione che, a tutti gli effetti, ha cambiato il modo in cui giocavo agli RPG.

Durante tutto il gioco si incontrano varie razze più o meno fantasy tra cui gli gnomi, che hanno la caratteristica di essere quasi sempre ricchi nonché serviti da potenti mezzi ogre adoperati a mo’ di schiavi.

Indagando su questa stranezza, e seguendo quella che all’inizio sembrava una becera ipotesi di complotto, si veniva a scoprire che dietro il potere degli gnomi e dei loro schiavi c’era una realtà ben più tetra: donne umane tenute prigioniere e costrette a riprodursi con ogre veri e propri, i cui figli grandi, forti e stupidi venivano educati come servi controllabili.

Il mio elfo non era una persona molto simpatica, ma all’epoca l’unica reazione che considerai accettabile era, semplicemente, il genocidio. Degli gnomi, ovviamente. E la cosa interessante è che per progettazione o per puro caso il gioco permetteva effettivamente di attaccare qualsiasi personaggio, pur con il rischio di precludersi la possibilità di completare la storia principale.

Prima di imbattermi in quella particolare missione ero solito approcciare i giochi di ruolo cercando di massimizzare i vari numeretti e di prendere sempre la scelta “buona” per fare contenti tutti. Arcanum mi ha insegnato a immedesimarmi nel mio personaggio e nel mondo di gioco, e a tenere conseguentemente conto di sensazioni e desideri a prescindere da numeri o regolamento.

Onestamente mi viene difficile pensare a un complimento più grande di questo, e nel celebrare degnamente i vent’anni del gioco penso sia giusto ricordare l’insegnamento che mi ha elargito.

Che bella la vita: caviale e Space Invaders.

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Agosto 2001: I bei giochi di ruolo di una volta | Old!

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