Garden Story è una dolcissima macedonia
L’isola è in pericolo. La corruzione circola per le strade sotto forma di melma che aggredisce chiunque capiti a tiro. Le comunità sono tra loro isolate, separate, con diverse strutture che necessitano di essere ricostruite. Spetta ai Guardiani metterci una pezza, ascoltando le richieste di aiuto degli abitanti dell’isola, rispedendo al mittente la fetida melma e riportando con sudore e impegno il Grove - questo il nome dell’isola - a una stabilità. E tocca a Concorde, nuovo Guardiano, metterci più impegno di tutti.
Concorde è un’adorabile prugna antropomorfa.
E così tutti gli abitanti del Grove, tra ranocchie un po’ lavative, ortaggi vari con braccia e gambe da fare invidia a Rayman e in generale una pixel art che fa apparire anche il più tosto dei boss un simpatico pupazzo tutto da stringere. Tratti semplici, familiari e distintivi assieme, verso i quali è impossibile non provare un po’ di innata simpatia.
Pad - o joycon! - alla mano, Garden Story è un po’ un mix di tante robe. La prima che viene in mente è certamente The Legend of Zelda: Concorde si trova ben presto con una spada di fortuna e uno scudo a prendere a legnate sui denti la melma di cui sopra, raccogliendo monete e investendole in negozi specifici per potenziare il proprio arsenale o altri oggetti del suo inventario; tra questi c’è persino una bottiglia in grado di trasportare diverse dosi di “rugiada”, la cui diversa composizione procura diversi effetti sia alla salute del piccolo Guardiano prugnoso, che su elementi di gioco. Parlando con gli abitanti è possibile inoltre ricevere missione secondarie, proseguire con quella principale e persino incorrere in incarichi giornalieri spesso semplici e ripetitivi ma in grado di portare giovamento alla comunità che, a sua volta, risponde diventando sempre più viva con un maggior numero di NPC, ricompense e persino merce nei negozi. Insomma: più si aiuta la comunità, più questa si popola.
Ho nominato la parola “giornalieri” perché Garden Story - un po’ come appunto Ocarina of Time o Majora’s Mask - presenta un alternanza giorno/notte e persino condizioni meteo variabili nel Grove. Di notte è necessario però andarci cauti se non addirittura riposare: la melma di notte da il peggio di sé, con mostri più numerosi, resistenti e potenti.
A scriverne, Garden Story sembra estremamente ripetitivo: si entra in una zona, si risolvono missioni giornaliere per aiutare quella regione del Grove e si prosegue al contempo con l’avventura principale, che talvolta ci porta a scontri con dungeon infestati di mostriciattoli e relativi boss di fine livello; compiendo le missioni secondarie è possibile avere nuovi oggetti o utilizzare risorse per potenziare il proprio arsenale e avere maggiori chance di vittoria, sebbene è possibilissimo abbattere gli avversari anche con molta pazienza (ma potenziarsi è fondamentale per raggiungere alcune zone segrete in grado di nascondere belle chicche). Interessante poi lo sviluppo delle statistiche del piccolo Concorde: queste, oltre a potenziamenti “droppati” dai boss di fine livello, possono crescere in base ad altri frammenti in giro per il mondo (spesso non semplici da raggiungere) o da “Memorie” dei precedenti guardiani.
Il Grove infatti è un luogo di pixel, sì, ma vivissimo, con una sua storia popolata da abitanti e guardiani leggendari ai quali sono state persino dedicate delle statue. Ebbene, ritrovando queste statue è possibile sbloccare delle perk (le “Memorie”, appunto), compiendo determinate azioni legate all’arma preferita di quel Guardiano leggendario. Un esempio? Usando la vanga venti volte o correndo per un determinato numero di passi. Un po’ come la crescita delle abilità nei recenti The Elder Scrolls, solo reso “segreto” (non è possibile sapere in anticipo le azioni e le quantità specifiche di queste da compiere) e quindi molto meno incline al powerplay o quelle scene ridicole alla Oblivion dove si cammina accucciati fuori dai villaggi solo per potenziare la furtività. Insomma un sistema molto più organico di quanto ne abbia appena scritto e certamente poco invasivo, ma in grado di influenzare in maniera sensibile le statistiche di Concorde e, di conseguenze, le scelte del giocatore.
Così come assolutamente gradevoli sono la colonna sonora e i dialoghi con i numerosi NPC del gioco, tanto che più di una volta ho dedicato del tempo a compiere missioni giornaliere invero ripetitive per poter poi sorridere come uno scemo di fronte alla simpatia di un nuovo personaggio. Perché alla fine Garden Story è tutto qui: nella sua capacità - e nella predisposizione del giocatore - di farsi rapire dalla sua simpatia e non viverlo “spezzettandolo” in tutte le sue componenti ludiche. Senza cercare il pelo nell’uovo - o l’ammaccatura nella prugna! - per un sistema di controllo che a volte sembra voler fare troppo con pochi pulsanti, nella già citata ripetitività della struttura (fortunatamente mitigata dall’ottima gestione della progressione) e nell’essere più un mix derivativo di diversi titoli (il già citato Zelda, ma anche Animal Crossing per l’animo naïf e Dark Souls lato stamina) che un sistema totalmente originale.
Eppure me lo sono stra-goduto su Switch. Forse perché avevo voglia di lasciarmi stupire dalle tante - belle - piccole cose che il gioco sa fornire a chi vuole aiutare a ricostruire un mondo già bellissimo. Anche solo per il sorriso che scaturisce da un nuovo dialogo.