La mensola di Shin X #5 - Saw: il videogioco - Mensola o Scaffale? A voi la scelta
Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “forzato bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra, chi lo fa con i sottotitoli e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola. L’unico luogo nel quale possono diventare cigni.
Che la saga di Saw, dal terzo episodio in avanti, sia diventata una sorta di pantomima cinematografica, è cosa nota a chiunque. Tra situazioni improbabili, personaggi che resuscitano, sceneggiature aggrovigliate e colpi di scena tirati per le orecchie, abbiamo tutti gli stilemi della soap opera. E non è proprio il massimo per un horror che nasceva come figlio adottivo di Seven. Questa introduzione era necessaria, perché dal fortunato filone cinematografico non poteva mancare il tie-in, a chiudere il cerchio di una poderosa mungitura mediatica.
Ironicamente, la narrazione del gioco si incastra piuttosto bene con la sceneggiatura originale, sovrapponendosi alla trama dei film senza stravolgerne i punti essenziali. Il protagonista del primo Saw, chiaramente ferito nell'ultima scena e lasciato al suo destino, viene tratto in salvo e curato dall'enigmista, che lo sottoporrà a numerose prove per superare la sua ossessione investigativa. E il gioco Zombie Studios (guarda caso!) riesce immediatamente a raggiungere uno degli obbiettivi più importanti: l'atmosfera.
Il manicomio abbandonato, benché divenuto oramai un cliché dell'horror, riesce a trasmettere un senso di inquietudine e turbamento. Le scritte sui muri, le varie trappole allestite dall'enigmista, i cadaveri di chi non ha superato le prove: ogni elemento è inserito con grande cura. Anche le inquadrature isteriche da videoclip non mancano e il doppiaggio originale di Tobin Bell è la classica ciliegina sulla torta. O chiodo nella tempia, fate voi. Prima di tesserne troppo le lodi, è bene chiarire subito che il titolo non le merita appieno, colpevole di presentarsi estremamente legnoso e ripetitivo. Il protagonista si muove con la classica sindrome da "oggetto oblungo apposto nelle terga", il che non sarebbe neanche da escludere, visto il sadismo dell'enigmista.
I controlli sono poco reattivi, arrivando ad essere frustranti nei combattimenti con gli altri prigionieri. Non solo la risposta ai comandi è lenta, ma spesso l'input non arriva per niente. E il videogiocatore pigia come un forsennato sul tasto "attacco", solo per vedere il protagonista ondeggiare una mazza, con la stessa enfasi con la quale scaccerebbe una mosca. Incastrati agli angoli, è preferibile caricare l'ultimo checkpoint: non esiste alcun modo - infatti - per contrastare i nemici e liberarsi da zone strette.
Per fortuna l'intero gioco è basato sugli enigmi e la fuga. Non solo: è possibile allestire rudimentali trappole in modo da far saltare la testa al malcapitato di turno, o attivare la corrente in prossimità di pozze d'acqua e fili scoperti. In tal modo, si riduce la possibilità di scontri diretti, che - tuttavia - in zone vaste e con un po' di attenzione, si possono gestire con discreta scioltezza. Per onor di cronaca è bene chiarire che tutta la marmaglia di cui sopra non è affetta da manie omicide: semplicemente, la loro libertà dipende da una chiave che si trova nel nostro stomaco. E di certo non hanno il tempo che il protagonista la espella dopo un caffè ed una sigaretta, se ci siamo intesi.
A fronte di enigmi spesso ben congegnati ed intriganti, ci sono una serie di prove cicliche sempre uguali (ovviamente nella struttura, non nella soluzione). Col tempo, quindi, scardinare porte, aprire cassetti o disattivare trappole diventa fin troppo ozioso. A pungolare il videogiocatore - oltre ai pezzi di vetro sparsi per terra che feriscono il protagonista scalzo - c'è la suddetta atmosfera, sempre malatissima e perfettamente fedele a quella del film.
Saw: il videogioco, nel suo farraginoso peregrinare, è comunque foriero di idee vincenti e ammantato di genuino lerciume e fatiscente abbandono. Elementi che non possono lasciare indifferenti i fan della pellicola o degli horror in generale. Il prezzo favorevolissimo al quale è ormai reperibile potrebbe rappresentare la spinta definitiva.
Mensola o scaffale? A voi la scelta.