Racconti dall'ospizio #140: Dino Crisi, o quasi
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Che poi l’idea di un Resident Evil con i velociraptor al posto degli zombi non era affatto male, dai.
Prima di arrivare al terzo capitolo di Resident Evil, il mitico Shinji Mikami si era infatti concesso una digressione nel mondo della fantascienza, sfruttando la scia lasciata dal successo internazionale di Jurassic Park, il film. Film tratto da quel libro di Crichton voracemente divorato in una sola notte dal sottoscritto. Ma questa digressione non è rilevante.
Il set del gioco di Capcom è un’isola tropicale, un'alquanto generica Ibis Island, sede di un laboratorio di ricerca dedicato a una nuova fonte di energia. Un’energia tanto potente da creare… varchi temporali! Ed è proprio attraverso uno di questi passaggi che, colpo di scena, i dinosauri cominciano a insediarsi sull’isola. Sconcertante ma è proprio così. Giurin giuretto.
E chi viene mandato a indagare sull’infelice atollo? Una rossa (tinta male) che risponde al nome (in codice) di Regina, per investigare sul misterioso avvistamento del ricercatore capo, tale dottor Kirk, creduto morto, evidentemente a torto. Anche raccontandolo bene, è difficile riuscire a renderlo interessante, me ne rendo conto, ma quelli erano altri tempi, quando ancora spaventava il millennium bug. Roba dello scorso millennio, per intenderci.
Uscito infatti nel 1999 su PlayStation, Dino Crisis prometteva di inaugurare quello che Capcom, lanciata nell’inventare nuovi generi di gioco, definirà “survival panic”. A onor del vero, lo inaugurerà e lascerà un po’ lì a morire in solitudine. Si tratta, in parole molto semplici, della struttura di gioco di Resident Evil trapiantata in uno scenario interamente tridimensionale (ripreso da telecamere fisse) che si traduce in ambientazioni per lo più grigie, vuote e scialbe.
Le meccaniche di gioco, però, subiscono delle piccole ma significative variazioni: per esempio è ora possibile effettuare una rotazione a 180°, che permette un repentino cambio di bersaglio, e si possono creare le munizioni mischiando diversi tipi di polvere, espedienti che poi verranno adottati anche in Resident Evil 3: Nemesis. Ma la differenza principale, rispetto alla serie horror di punta in casa Capcom, è data ovviamente dalla presenza dei dinosauri (a dire il vero, sempre lo stesso modello poligonale di dinosauro), molto più veloci, intelligenti e, soprattutto, letali dei poveri zombie generati dal virus-T.
Mentre una porta chiusa in Resident Evil può separarci da un destino di putrefazione eterna, le creature di Dino Crisis sono in grado di scavalcare le cancellate e saltare da una parte all’altra dello schermo per inseguirci con stoica caparbietà.
Con le bestie alle calcagna, non si è mai completamente al sicuro ma, come nella saga da cui Dino Crisis, prendeva ispirazione, l’elemento ansiogeno più importante viene anche in questo caso dalla difficoltà di controllo del personaggio e dall’inquadratura modello telecamera a circuito chiuso, che limita la pianificazione di azioni tattiche.
Al punto che viene da chiedersi se tale differenza fosse poi così evidente da giustificare la nascita di un nuovo genere. Sappiamo tutti la risposta che ci ha consegnato la storia. Però, il primo Dino Crisis vendette abbastanza copie (2,4 milioni), tanto da spingere Capcom a mettere in cantiere un seguito, Dino Crisis 2.
Questo secondo episodio, però, intraprende una nuova direzione ludica, eliminando (quasi) del tutto la componente esplorativa e trasformando la struttura di gioco in semplice caccia al dinosauro. Qui le munizioni abbonano, al termine di ogni area c’è la somma dei punti e ci sono anche sezioni di puro tiro al bersaglio, per esempio inseguiti da un triceratopo che ha perso la sua serenità.
Tutto finito? No, perché Capcom illude i fan di Xbox, in attesa di un’esclusiva per cui potersi vantare sorseggiando gazzosa di fronte ai cugini di casa PlayStation, con l’annuncio di un terzo capitolo.
Ambientato in un centro di ricerca fluttuante nello spazio, popolato da curiosi dinosauri mutanti che oggi potrebbero ricordare l’estetica de L’attacco dei giganti, il terzo episodio, prodotto nel 2003 in esclusiva per la console di Microsoft, vede un ritorno dell’elemento avventuroso, ma anche la possibilità di spostarsi in volo per brevi tragitti con un jetpack, il tutto tenuto insieme da una realizzazione tecnica a tratti approssimativa e, soprattutto, da poca voglia di divertirsi.
Al punto che 15 anni senza un Dino Crisis sono poi passati piuttosto serenamente, o quasi .
Visti con gli occhi del giocatore (collezionista) di oggi, anche il fattore nostalgia non tiene e forse solo il completismo potrebbe essere una scusa per avvicinarsi; ma l’idea di partenza, un Resident Evil con i velociraptor, non era male. Semplicemente, c’è chi è riuscito a fare meglio: i dinosauri venuti da un varco spaziotemporale sono stati reinterpretati con maggiore efficacia visiva da Guillermo del Toro in Pacific Rim. Forse, alla serie di Dino Crisis mancavano solo i robot giganti.
Questo articolo fa parte della Cover Story “Jurassic Outcast”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.