[E3 2012] Intervista a Dave Woldman, senior producer di Dead Space 3
Un mesetto fa, come si ricorderanno quei quattro che seguono la mia videorubrica Videopep, sono andato a farmi un giro a San Mateo, dalle parti di San Francisco. All'epoca non potevo svelarlo, ma ero in zona per visitare la sede di Visceral Games, ex EA Redwood Shores, situata per l'appunto a Redwood Shores. E per dare una prima occhiata a Dead Space 3. Nel corso della visita ci sono stati mostrati gli studi, che sono i classici uffici in stile "divisione importante di Electronic Arts", quindi enormi, con un sacco di spazi per il relax (sale giochi, palestre, campi di pallacanestro... ) e con strutture e tecnologia all'ultima moda per la realizzazione di mille e più fantastici videogiochi. Oltre a vedere in azione il gioco, a partecipare alla chiacchierata di gruppo con l'art director, il responsabile della parte audio e il curatore della sceneggiatura, ho avuto modo di intervistare Steve Papoutsis, General Manager di Visceral Games. Proprio quest'ultimo ha, fra le altre cose, raccontato di come Visceral in questo momento sia concentrata su tre cose: portare avanti e far crescere le proprie creature, dare vita a nuovi marchi di spessore e – attenzione! - rielaborare per l'epoca moderna titoli storici di Electronic Arts. Una roba buttata lì, come se niente fosse, ma che ha prospettive a dir poco interessanti. Ho utilizzato l'intervista a Papoutsis per il coverage dell'evento su PSM, ma oltre a lui ho intervistato anche Dave Woldman, senior producer di Dead Space 3. E siccome, per un motivo o per l'altro, non è stato possibile utilizzare quest'intervista sulle pubblicazioni che mi pagano, me la gioco qua su Outcast, dove si lavora per la gloria. Se invece volete leggere le mie considerazioni sul gioco, ricordatevi che stanno qui.
Andrea Maderna: Durante la presentazione, avete mostrato parecchie novità. In effetti avete mostrato quasi solo novità, alcune delle quali abbastanza "strane" per la serie. Considerando come era impazzita internet quando vi eravate limitati a dire che Dead Space 2 sarebbe stato un po' più d'azione rispetto al primo, non avete paura di scatenare il panico?
Dave Woldman: Beh, di sicuro la risposta del pubblico, dei fan, è sempre in cima alle nostre preoccupazioni, soprattutto per un gioco su cui abbiamo lavorato tanto a lungo e che abbiamo tenuto nascosto tanto a lungo (Dead Space 2 l'avevamo annunciato con sei mesi d'anticipo rispetto a quanto fatto questa volta). Ma abbiamo piena fiducia nel team che si occupa di marketing e PR. Poi, certo, quando si svela un gioco... sai... stiamo parlando del terzo episodio, è chiaro che l'aspettativa è molto alta e non è facile soddisfarla. Quel che hai visto nella demo racchiude molte delle novità, ma rimane il fatto che questo è comunque un Dead Space, un gioco fortemente incentrato sulla tensione, sull'atmosfera. Un gioco horror fatto per gente a cui piace essere spaventata. È chiaro che, nel momento in cui mettiamo assieme una demo come questa, in cui vogliamo mostrare cosa stiamo facendo di nuovo e di diverso, poi dobbiamo anche dimostrare al nostro pubblico, ai nostri fan, che sappiamo perfettamente cosa vogliono e non abbiamo intenzione di tradirli. Noi di base creiamo giochi che vogliamo creare e che ci piacerebbe giocare, ma allo stesso tempo seguiamo con grande attenzione il feedback dell'utenza. Non vogliamo certo abbandonare la nostra identità per fare qualcosa di completamente diverso, vogliamo solo ampliare ciò che già abbiamo, aggiungervi elementi innovativi e creare qualcosa di unico.
Andrea Maderna: Dal punto di vista delle meccaniche, del sistema di combattimento con i mostri, che per inciso secondo me nei primi due Dead Space si basavano su idee notevolissime, avete aggiunto molto. Le nuove mosse, il sistema di copertura, i nemici umani... Non dev'essere facile mantenere il giusto bilanciamento e creare una struttura coerente...
Dave Woldman: Beh, a conti fatti, alcune fra le cose che hai menzionato sono state inserite proprio per assicurarci di ottenere il giusto bilanciamento. L'evoluzione della storia di Dead Space, anche attraverso elementi esterni ai videogiochi come i fumetti, ha reso l'universo narrativo sempre più ampio. L'effetto dei marchi ora si sente in giro per l'intera galassia, non è più confinato a una singola persona, una singola astronave o uno specifico evento. Si tratta di una minaccia dal raggio molto più ampio, e ciò che avviene nel nuovo videogioco deve evolversi in maniera coerente con tutto questo. Ora, in una nuova ambientazione "planetaria" come quella di Dead Space 3, e in un contesto narrativo in cui la minaccia di Unitology si è sviluppata sempre più, è evidente che questa organizzazione non possa che entrare in conflitto con Isaac. E come farlo? Inviando dei soldati armati pesantemente. Dal punto di vista delle meccaniche, nel momento in cui introduci nemici armati che ti sparano addosso, devi adattare il sistema di controllo per bilanciare lo scontro. Se loro possono nascondersi dietro una copertura e sparare da lì, devi poterlo fare anche tu giocatore, altrimenti viene a mancare il senso di equilibrio nello scontro.
Chiaramente la sfida sta nell'integrare tutto questo con le meccaniche della serie, quindi il combattimento corpo a corpo, la stasi, la telecinesi, riuscendo a conservare il feeling di Dead Space e ottenendo qualcosa che innovi la saga senza tradirla. Per questo, per esempio, non utilizziamo un sistema di coperture con il personaggio "incollato" al muro, e abbiamo implementato una meccanica che pensiamo abbia più senso nel nostro gioco. Un sistema che ti permette di continuare a combattere anche da vicino, usare la stasi, lanciare roba in giro con la telecinesi, ma anche sfruttare le armi che sarà possibile assemblare e che permetteranno di distruggere le coperture stesse. E a tutto questo applichiamo poi ancora più Dead Space, con il sistema che gestisce le infezioni: nel bel mezzo di uno scontro possono saltar fuori quei piccoli, pestiferi, necromorfi, che spargono l'infezione e stravolgono di nuovo gli equilibri della battaglia. Improvvisamente ti trovi costretto ad affrontare non solo umani, ma anche necromorfi... e lo stesso vale per i tuoi avversari umani. Una sfida interessante per noi, in questo senso, è il lavoro per creare un'intelligenza artificiale che si comporti in maniera sensata in queste situazioni. Se tu sei "il buono" e io sono "il cattivo", cosa fai quando ti ritrovi davanti a me, io sono il tuo bersaglio, ma alla tua sinistra salta fuori all'improvviso un mostro disgustoso? Chi attacchi per primo? Questo genere d'interazione è per noi una grossa sfida, ma anche un qualcosa di molto divertente da pianificare e creare come si deve.
Andrea Maderna: Quindi anche la CPU farà delle scelte e dovrà decidere chi attaccare di volta in volta?
Dave Woldman: Assolutamente! Devono farlo, per forza, altrimenti il sistema di gioco non è credibile, risulta troppo scriptato e si perde il coinvolgimento.
Andrea Maderna: Mi sembra anche abbastanza evidente il tentativo di variare i toni dell'esperienza, non solo nell'azione, ma anche nell'atmosfera, nell'aspetto visivo, nella colonna sonora... le musiche mi hanno ricordato le cose più disparate, dal primo Alien...
Dave Woldman: Beh, mi sembra una buona cosa!
Andrea Maderna: ... a, nei passaggi che puntavano più sui toni epici, anche i film di Riddick!
Dave Woldman: [Ride] Guarda, il discorso è che vogliamo ampliare sempre di più l'universo narrativo. È un'escalation naturale e inevitabile di quel che accade nella storia che abbiamo creato. Secondo me, una cosa che hai percepito è il nostro tentativo di comunicare la portata effettiva di quel che sta accadendo, che è molto più grande del singolo dramma umano di Isaac Clarke. La minaccia ora è planetaria, ma soprattutto è in pericolo l'intera razza umana! E chiaramente questo viene trasmesso attraverso la musica, il design delle ambientazioni, la costruzione delle scene e dei "set piece", che possono comunicarti senza dubbio sensazioni a tratti anche molto diverse da quelle dei primi due Dead Space.
Andrea Maderna: Quando provi a spaventare i giocatori con tanti "buh!", si rischiano assuefazione e prevedibilità. Io, per dire, soprattutto nel primo Dead Space, dopo un po' entravo in una stanza e mi sentivo come Jason Bourne: avevo inquadrato tutto, sapevo già tutto, quale buco avrebbe scaricato fuori un mostro eccetera. Che ne pensi? È qualcosa di cui siete consapevoli e che state provando a risolvere mettendoci più varietà?
Dave Woldman: Di sicuro non vogliamo risultare prevedibili. Questa è la terza versione del gioco, o anche la quarta o la quinta, se vogliamo contare i progetti alternativi usciti su Wii e smartphone, ed è chiaro che se ci fossilizziamo sempre sul ripetere le stesse cose la gente rischia di stufarsi. L'esperienza diventa stagnante, certo non qualcosa di cui possiamo ritenerci orgogliosi. Per questo ci sforziamo di pensare in maniera "diversa", di dare vita a cose sempre nuove e di non ripetere troppo trovate usate già mille volte, perché i giocatori se le aspettano. Meglio buttarle e creare qualcosa di nuovo. Nel nostro team abbiamo dei creative lead e designer di grandissimo talento: diamo loro gli strumenti, tracciamo una direzione a livello produttivo e poi li lasciamo liberi di creare. Solitamente, ne vengono fuori grandi trovate.
Andrea Maderna: Che mi dici di Lexine, l'unica sopravvissuta da Dead Space: Extraction e Severed? Torna?
Dave Woldman: Lexine è un personaggio molto amato dai fan, era appunto in Severed, il DLC di Dead Space 2, ma la sua storia in relazione a quanto avviene in Dead Space 3 non è ancora stata scritta.
Andrea Maderna: Possiamo aspettarci qualcosa di simile alla modalità Hard Core che c'era in Dead Space 2?
Dave Woldman: Mettiamola così: in termini di modalità, opzioni, co-op, Hard Core Mode, ecc... l'idea è di dare ai giocatori gli strumenti per godere dell'esperienza che desiderano. La modalità Hard Core era parecchio impegnativa, divertente, molti l'hanno apprezzata e di sicuro dava grandi soddisfazioni se riuscivi a padroneggiarla. E certamente queste sono sensazioni che vogliamo generare nel nostro pubblico. Purtroppo al momento non posso scendere molto nel dettaglio per quanto riguarda le opzioni e le modalità, ma diciamo che vogliamo assolutamente dare ai giocatori ciò che sappiamo essere apprezzato e desiderato.
Andrea Maderna: Ma avete delle statistiche su quanta gente abbia effettivamente giocato, e magari completato, la modalità Hard Core?
Dave Woldman: Ce le abbiamo, sì, anche se francamente non me lo ricordo. Di sicuro posso dirti che molte persone, soprattutto i fan della serie, giocano Dead Space a difficoltà massima, perché lo ritengono il modo migliore per godere davvero di un'esperienza da survival horror. Ed è chiaro che, se elimini quasi del tutto l'opzione di salvataggio come avveniva nella modalità Hard Core, la faccenda "survival" diventa non poco pressante. E insomma, ripeto, sono scelte dei giocatori, e a noi fa solo piacere garantire massima varietà di scelta su come affrontare il gioco. Se molte persone vogliono giocare in un dato modo, sì, senza dubbio, cercheremo di accontentarle.
Andrea Maderna: E Dead Space a livello Difficile è bello anche perché il sistema di combattimento è valido, quindi non hai l'impressione che la sfida maggiore sia "scorretta"...
Dave Woldman: Esatto! Secondo la nostra filosofia, la sfida deve venire direttamente da quel che accade nel gioco, non dev'essere qualcosa che percepisci "nel controller". Non vogliamo che il giocatore si ritrovi a combattere col pad per fare quel che vuole, vogliamo che il gioco diventi per lui quasi una seconda natura e che fare qualsiasi cosa venga concessa dal gioco risulti perfettamente naturale. E se riesci in questo, poi puoi lavorare serenamente sul gestire e aumentare la difficoltà tramite il mondo di gioco, con risultati molto più divertente rispetto a titoli in cui la difficoltà è figlia del fatto che non riesci a sparare o a mirare come si deve. Insomma, vogliamo creare giochi che siano divertenti, non frustranti.